"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 31 dicembre 2022

Eventi. 92 Pensieri per la fine di un anno.  


1 - “Pensieridifinedianno” di Gesualdo Bufalino tratti dal volume curato da Guido Almansi "Perché odio i politici” – 1991, Mondadori Editore – riportati in «Il profetico Bufalino odiava la politica “tirchia e feroce”» di Daniela Ranieri pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, 30 di dicembre 2022: (…). Odio? No. L’odio è una passione a suo modo eroica, non la sciuperei su bersagli di così povera specie. E se non odio, che altro sentimento?

giovedì 29 dicembre 2022

Memoriae. 31 Enzo Bianchi: «Non si può dimenticare, accanto al male che ci viene dalla natura, quello che è opera delle nostre mani».  

     "Adorazione del Bambino" di Gerrit Van Honthorst (1620, Firenze, Uffizi)

StoriedelNatale”. Ha scritto Tomaso Montanari – Storico dell’Arte, Rettore della “Università per gli Stranieri” di Siena - in “Le luci siamo noi” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 23 di dicembre 2022:

mercoledì 28 dicembre 2022

Piccolegrandistorie. 38 «Pregarono così il proprio Dio, che è sempre stato lo stesso Dio, per quanto gli uomini si ostinino ad attribuirgli nomi diversi».  

StoriedelNatale”. Racconta Enzo Bianchi nella intervista – “Il cristianesimo è un inno alla vita e non al dolore” - concessa ad Antonio Gnoli e riportata sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 24 di dicembre 2022:

martedì 27 dicembre 2022

Piccolegrandistorie. 37 «"È impossibile". Lui guardò il cielo. "L'impossibilità è solo una possibilità che ancora non capisci"».  

StoriedelNatale”. Ha scritto il religioso Antonio Mazzi in “Vorrei un Natale con meno lucine ma più carico di luci interiori” pubblicato sul settimanale “Famiglia Cristiana” del 25 di dicembre 2022: Potrebbe diventare monotono: regali, presepio, alberi, auguri dovunque in casa, fuori casa, in azienda, in televisione e via via fino alla fine dell’anno, perché dopo inizia un altro capitolo che ha lo stesso titolo ma contesti diversi. C’è notte e notte, augurio e augurio, più banalità e (forse) meno genuinità di quelli del primo capitolo. Ciò nonostante la vita, che è una cosa seria, tira diritto per la sua strada e non bada alle moine. Per cui passando dalle parole ai fatti, con umiltà e serietà dobbiamo sperare e magari essere protagonisti di azioni, gesti e scelte diverse. È stato un anno quello passato, particolare, carico di dolori, guerre, paure, politiche false, giovinezze deviate e cronache deliranti. Il nuovo che sta arrivando deve in qualche modo, aggiustare i tiri. Io mi fermo al mio mondo, per non perdermi nel nulla del tutto. Spero una scuola diversa, una democrazia ribattezzata, una adolescenza amata, accolta, ascoltata ed accettata dai padri. La mia lettura è pesante. Grossman ha ragione di dire che anche questa epoca di follia insensata “la bontà spicciola, granello radio attivo sbriciolato nella vita, non è scomparso”. È vero, ma io che faccio un po’ parte dei granelli sbriciolati sono stufo. Vorrei una bontà costante, larga, autentica, paziente oltre ogni pazienza e distribuita dal centro alla periferia, dall’esteriore all’interiore, dalla briciola al pasto intero, dalla misericordia alla eguaglianza, dalla giustizia, addomesticata su misura, all’educazione fatta legge e diritto. Siamo meno cittadini e sempre più individui. Sempre meno inseriti in reti di relazioni sociali e sempre più isolati nonostante le connessioni virtuali. È più facile per noi trovare nemici che amici e addirittura essere nemici degli altri e nemici di noi stessi. Il nostro malessere sociale che da sempre esiste è esploso con il covid. Ci siamo privati di un ideale più grande dell’interesse di ciascuno di noi, che sia riconosciuto da tutti e per questo risulti in grado di unire le singole libertà. Dice Toqueville: “Senza idee comuni non c’è azione comune e senza azione comune esistono sì gli uomini, ma non un corpo sociale. Urge che tutti riusciamo a mettere insieme alcune idee base”. Vorrei un Natale con meno luci sulle strade e sui monumenti, ma carico di luci interiori, di gioie popolari e di accoglienze fraterne. Di seguito “Nella foresta incantata”, testo dello scrittore inglese Matt Haig pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 24 di dicembre ultimo: Avevo camminato per tutto il giorno nella fitta foresta finlandese. Laura non era mai stata in Finlandia, visto che le foreste non le interessavano. Forse questo spiegava tutto. Non c'era niente, in Finlandia, che mi facesse pensare a lei. Ma soprattutto volevo andare via per Natale; era una strategia di elusione. L'anno scorso mi ero ritrovato in trappola. Intrappolato dal Natale, gravato dal peso del lutto, incapace di uscire di casa. Tutti quei bovindi, quegli alberi di Natale e quelle famiglie felici. Non stava funzionando. Anche qui, nella natura selvaggia della Finlandia, non riuscivo a sfuggire all'assenza di speranza. Mi rendevo conto che ci si poteva equipaggiare per tenere lontano il freddo, ma non il dolore. E poi lo vidi. Il vecchio seduto a terra, con la schiena contro un albero. L'albero era uguale a migliaia di altri che avevo già visto. Era un pino, non un abete. L'uomo teneva gli occhi chiusi e portava un cappotto marrone. Avrà avuto settant'anni, forse di più. La faccia, sopra la barba, era arrossata, segnata dalle intemperie. Per un momento pensai che fosse morto. Era immobile. Ma poi notai il leggero movimento della sua pancia rotonda.

lunedì 26 dicembre 2022

Piccolegrandestorie. 36 Recalcati: «Nella ripetizione uniforme della vita che ci consuma, la nascita è quel taglio che riapre la vita alla vita».  

A lato. "Sigillaria".

"StoriedelNatale". Ha scritto Massimo Recalcati – che è psicoterapeuta – in “Continuare a rinascere” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 24 di dicembre 2022: (…). È anche un grande tema biblico: la salvezza si trova sempre in ciò che resta, in un "resto che ritornerà", come dichiara Isaia. Nel "giusto" Noè o nel piccolo Mosè salvati dalle acque, in Gesù risorto dal buio del sepolcro. Sono delle profonde immagini della nascita che si ripete attraverso la morte. Non a caso nella lingua ebraica la parola sheerìt, che significa resto, è composta dalle stesse lettere (reshìt) che significano "inizio". Perché, come ricordava Hannah Arendt, gli esseri umani non sono fatti per morire ma per nascere innumerevoli volte. Gli urti traumatici della pandemia e della guerra hanno mostrato il carattere tetro del potere della morte. (…). Ma festeggiare oggi il miracolo della natività significa riconoscere che la vita non si arrende a quel potere. Siamo responsabili anche della nostra nascita, diceva paradossalmente Sartre. Ma come è possibile esserlo? È necessario un "Sì!" anche per nascere. È necessario dire di "Sì!" alla vita per vivere. Questo significa che ogni volta che la vita dice "Sì!" alla vita, la vita può fare esperienza della nascita. (…). È quello che Nietzsche vede apparire nel mistero dell'eterno ritorno dell'eguale: è necessario dire un grande "Sì!" alla vita perché questo ritorno - la ripetizione inesorabile del tempo che ci divora - non appaia come un peso oppressivo, ma come l'esito di una nostra decisione, di una nostra volontà: "Sì! Voglio ancora nascere! Voglio ancora la vita nel suo splendore e nella sua atrocità! Voglio che si ripeta ancora, ancora come oggi e come tutto il tempo che è già avvenuto!". Il miracolo della nascita è, dunque, il miracolo del nuovo che accade nello stesso. Nella ripetizione uniforme della vita che ci consuma, la nascita è quel taglio che riapre la vita alla vita. È il "Sì!" che vince sul "No!". È l'affermazione che vince sulla tentazione, sempre in agguato, della negazione nichilista: "tutto è vano, tutto è inutile", diceva rassegnato l'indovino-Schopenhauer allo Zarathustra di Nietzsche. Il "Sì!" della nascita che si rinnova insiste nel mostrare che non tutto è morte, che la morte non è l'ultima parola sulla vita, che non tutto è vano, che non tutto è inutile. Lo sanno bene coloro che hanno ridato respiro ai malati di Covid, lo sanno bene i protagonisti eroici della resistenza ucraina che difendono la dignità della loro vita e la libertà della loro terra di fronte all'invasore, lo sanno bene le donne e il popolo iraniano che rivendicano il diritto di nascere di nuovo, finalmente liberi dall'oppressione di una Legge folle che agisce non in nome della vita ma in quello tetro della morte.  Di seguito, “Il Natale prima del Natale” di Maurizio Bettini pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 23 di dicembre ultimo:

domenica 25 dicembre 2022

Piccolegrandistorie. 35 Enzo Bianchi: «Una società segnata da un accentuato individualismo con tratti di narcisismo».  

StoriedelNatale”. Ha scritto Enzo Bianchi - fondatore della Comunità Monastica di Bose - in “Il vero significato dei regali” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 27 di dicembre dell’anno 2021:

venerdì 23 dicembre 2022

Piccolegrandistorie. 34 «Buon Natale» le sussurrai baciandole la sommità della testa. «Buon Natale, Poe».  


StoriedelNatale”. Ha scritto Enzo Bianchi – fondatore e già priore della Comunità monastica di Bose – in “La speranza del Natale” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 19 di dicembre 2022: Nel sapiente e poetico testo di Antoine de Saint-Exupéry, la volpe dice al principe: “Ci vogliono i riti, ovvero ciò che rende un giorno diverso da altri giorni, un’ora diversa da altre ore”. Proprio per questo, ormai vicini al Natale, la festa più sentita e celebrata nel nostro occidente, nelle notti più lunghe dell’anno noi cerchiamo di rendere luminosi questi giorni con migliaia di luci che dovrebbero creare un’atmosfera “altra”, gioiosa, nelle nostre città e nelle nostre case. (…).

giovedì 22 dicembre 2022

Dell’essere. 64 Umberto Galimberti: «Se il mondo viene a noi senza che noi si debba uscire di casa noi non siamo più al mondo, ma solo consumatori del mondo in immagine».  

                                   Canova. "Amore e Psiche" (Louvre-Parigi) 

Vitesottratte”. Ha scritto la lettrice Z**** (lettera riportata sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di settembre 2022): Sono cresciuta in un ambiente agreste, dove sono tornata con la nascita di mia figlia che oggi ha 9 anni. Molte sue coetanee non sanno fare le capriole, non sanno saltare un fossato, c'è chi addirittura non sa andare in bicicletta. Però hanno tutte il tablet e con esso sanno trovare casa a una tigre bianca spostando il dito sulla superficie di questo oggetto.

martedì 20 dicembre 2022

Dell’essere. 63 Umberto Galimberti: «Oggi c'è difficoltà a esprimere le nostre emozioni. Perché viviamo nell'età della tecnica».  

Ha scritto Umberto Galimberti in “Conosciamo davvero le nostre emozioni?” pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 10 di dicembre 2022: Io temo che per molti appartengano ancora a una terra sconosciuta. Le emozioni sono una risposta affettiva intensa, con insorgenza immediata e di breve durata, determinate da uno stimolo ambientale, come può essere un pericolo, o mentale come ad esempio un ricordo, prima che intervenga un controllo mentale. Hanno origine nel "cervello antico" che abbiamo in comune con gli animali e i loro effetti nelle parti più nobili della nostra psiche come i sentimenti, i nostri vissuti, le nostre relazioni sociali. Furono di grande aiuto ai nostri antichi progenitori che avevano nelle emozioni il criterio per difendersi dai pericoli e accedere agli impulsi favorevoli alla procreazione. Nel nostro tempo sono valorizzate ed elogiate in ogni ambito, ma anche guardate con sospetto per i rischi che possono comportare.

sabato 17 dicembre 2022

Piccolegrandistorie. 33 Claudia de Lillo: «A un certo punto, puntuale come la tassa sui rifiuti, l'amore e l'influenza stagionale, il Natale arriva».  

               Sopra. "Homeless Jesus" (bronzo 2013) di Timothy Schmalz  

StoriedelNatale”. Yeshu'a chi? “Un homeless di nome Gesù” è il titolo dello scritto di Tomaso Montanari – storico dell’arte, Rettore della “Università per gli Stranieri” di Siena - appena pubblicato sull’ultimo numero del settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 9 di dicembre 2022:

venerdì 16 dicembre 2022

Eventi. 91 “Politica-Consapevolezza-Capacità”.  

“Politica-Consapevolezza-Capacità”. Ha scritto Maria Rita Gismondo - direttrice della facoltà di “Microbiologia clinica e virologia” dell’ospedale "Luigi Sacco" di Milano – in “Il neurone dell’incompetenza” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 14 di dicembre 2022:

giovedì 15 dicembre 2022

 Virusememorie. 100 Stefano Massini: «L'uomo regna, l'uomo dispone, l'uomo decide perfino se far piovere sul deserto. Ed è di questo dispotismo che raccogliamo i frutti».

           Sopra. Serrastretta (Calabria). 31-10-2022 "C'è vita nella faggeta".

“Unviruschiamatouomo”. Ha scritto Evelina Santangelo in “Respiro” pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 10 di dicembre 2022:

martedì 13 dicembre 2022

ItalianGothic. 21 Dario Vergassola: «Come in Mongolia, c'è il mistero del gregge che si muove da anni. Siamo noi elettori che ogni volta votiamo sperando che cambi qualcosa».  

Di questa politica “che non si capisce niente”. Della “nuova” politica nel bel paese, arrembante, ondivaga, “nerofumo”. Ha scritto Dario Vergassola - nella Sua rubrica “C’è vita sulla Terra?” – in “Le giravolte del gregge elettorale” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 9 di dicembre 2022: Sembra il peggiore dei mondi possibili. Per Biden, i russi hanno posto in essere ai danni degli ucraini una rapina e una spoliazione in piena regola. Tipo i coloni europei con i nativi americani. Per insultarli, praticamente, gli ha dato degli statunitensi. Si aggiunga che ogni giorno c'è il rischio dell'escalation nucleare. Proprio non si capisce perché Zelensky non perdoni Putin: la Morlacchi con Remigi l'ha fatto. Abbiamo visto partenze di riservisti russi strappalacrime, quasi come l'addio di Siffredi al porno, mentre lo zar Vlady diceva alle loro madri che è tutto a posto e che non devono credere alle fake news. Ma noi sappiamo che la verità in Russia è più rara di una birra in Qatar.

domenica 11 dicembre 2022

ItalianGothic. 20 «Ma a chi risale la presenza scenica meloniana?».  

Ha scritto Natalia Aspesi, con malcelata solidarietà femminile, in “Perché ci tocca proteggere la premier” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 2 di dicembre 2022: Penso (…) che questa (Giorgia Meloni n.d.r.) è e fin che c’è, pur stando molto all’erta, dobbiamo non solo accettarla, ma addirittura proteggerla. Perché per noi ma anche per lei, il pericolo viene da chi lei stessa si è scelta, personaggi che non si sa dove si erano nascosti finora, e che adesso, nella loro impreparazione, possono vendicarsi del mondo che non capiscono, talebani che sino ad adesso erano stati relegati nel nulla.

sabato 10 dicembre 2022

 Virusememorie. 99 Jeremy Rifkin: «I virus continuano ad arrivare, il clima si sta surriscaldando e la terra si sta rinaturalizzando».  

             

              Serrastretta (Calabria). 31-10-2022 Sottobosco della "faggeta".

“Il racconto”. “La rabdomante” di Melania Mazzucco pubblicato sul periodico “Green&Blue” del 10 di novembre 2022:

martedì 6 dicembre 2022

 Virusememorie. 98 Paolo Di Paolo: «Niente ha più rilievo del clima rispetto al semplice e miracoloso fatto di essere qui, di essere vivi».  

DirittiUniversaliNegati”. Ha scritto Massimo Cacciari in “L’ambiente pulito. Un diritto universale” pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 27 di novembre 2022: Esistono diritti “naturali”? Il diritto è sempre una costruzione artificiale. Tuttavia noi vorremmo che questa costruzione si dimostrasse conforme alla “natura” del nostro essere, e cioè fosse “umana”. I “diritti umani” presuppongono, dunque, il conoscere ciò che caratterizza innegabilmente l’“essere umani”. Possiamo definirlo? In senso lato sì: noi siamo quella specie animale che è dotata di logos, capace cioè di parlare, di ragionare, e di credere, almeno, libero il proprio agire. I “diritti umani” stabiliscono che i membri di questa specie non possono perciò essere trattati da animali senza logos, alogoi, costretti a obbedienza passiva, o da schiavi.

lunedì 5 dicembre 2022

domenica 4 dicembre 2022

Dell’essere. 62 Eraldo Affinati: «Don Lorenzo Milani ci ha insegnato: maestri autorevoli e amici affettuosi anche con i più fragili».

Ha scritto Maurizio Maggiani in “Umiltà. Così necessaria per essere umani” pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” di sabato 3 di dicembre 2022: L'umile, latino humilis, è colui è colui che è aderente alla terra, humus, e humus è una delle parole con la radice più antica di tutto il bacino indoeuropeo, hum, la terra intesa come il suolo fertile.

venerdì 2 dicembre 2022

Dell’essere. 61 Pavel Florenskij: «La lezione non è un viaggio su un tram, ma una passeggiata a piedi, perché per chi viaggia è importante camminare e non solo arrivare».  

 
 Sopra. “Cammino nel deserto”, acquerello (2022) di Anna Fiore.
 
Valditara&Adolescenze”. Per un approccio consapevole ai problemi adolescenziali aldilà degli spropositati pronunciamenti della “politica”. Ha scritto Umberto Galimberti in “Silenzio in aula” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 13 di marzo dell’anno 2001:

mercoledì 30 novembre 2022

lunedì 28 novembre 2022

Dell’essere. 60 Teofilo di Antiochia: «Tu mi chiedi di mostrarti il Dio in cui credo, ma io ti mostrerò l'uomo in cui credo e se tu vorrai capirai il mio Dio».  

Ha scritto Enzo Bianchi oggi, lunedì 28 di novembre 2022, in “Chi sono i credenti” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”: In una conversazione con un teologo cristiano sul tema della fede Umberto Galimberti a un certo punto insorge e dice con forza: "Mi sento offeso dalla cultura cristiana che chiama quelli che non credono "non credenti", al negativo, e quelli che non credono in Dio "atei", che è un altro negativo.

domenica 27 novembre 2022

ItalianGothic. 16 V*T*: «Presidente Meloni, le racconto tutti i miei lavori di fannullona».  

“Presidente Meloni, le racconto tutti i miei lavori di fannullona”, lettera “aperta” di una lettrice de’ “il Fatto Quotidiano” pubblicata nella edizione di ieri, sabato 26 di novembre 2022: Per lei, signor Presidente Meloni, il povero è un fatto di correità, sfiga e indolenza insieme. Ancor peggio se siciliano. (…). La speranza che al Sud con i poveri diventa scambio di voti. Di cosa dobbiamo morire?

sabato 26 novembre 2022

ItalianGothic. 15 Bocchino Italo, quello «sempre lieto di ascoltarsi: “Per favore non mi interrompa!”».  


Ildolcestilnuovo”. Da “Italo, il Trasvolatore di destra che atterra sempre sul morbido” di Pino Corrias pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 24 di novembre 2022: Prima arriva la cravatta sul petto, poi lui, il ben tornato Trasvolatore. Ora che è ricomparso nel giro della destra di potere, Italo Bocchino, che ha decollato trent’anni fa dal latifondo di Alleanza Nazionale – erano i tempi fondativi di Pinuccio Tatarella, testa fine della nuova destra e giacche altamente stazzonate – e poi lungo l’infelice parabola di Gianfranco Fini, sventatamente maritato Tulliani, ha messo su una arietta da padrone di casa, che esibisce con una certa voluttà, ogni volta che lo invitano nelle tv parlanti, sempre lieto di ascoltarsi: “Per favore non mi interrompa!”. E poi veloce a stendere la tovaglia e predisporre i coperti per illustrare il menu di casa Meloni, destra sociale a chilometro zero, condoni in purezza, Patria sempre al centro-tavola, guai per gli immigrati che sbarcano, guai a fannulloni, e dolci alla crema sovranista per la nascente Nazione di Giorgia: “Oggi l’Europa torna a rispettarci. È un fatto”. Ce lo eravamo dimenticati per un po’. Ma s’era solo ricoverato nella rimessa aeroportuale del Secolo d’Italia, quotidiano un tempo di carta, con relativi contributi, oggi solo da rassegna stampa serale, ma con buona prospettiva di rifiorire nelle edicole, visto che molti dei suoi antichi redattori stanno in cima ai Palazzi e sarà loro il bello e il cattivo tempo futuro.

venerdì 25 novembre 2022

ItalianGothic. 14 Daniela Ranieri: «Togliere il pane di bocca ai poveri e alle loro famiglie per meno di 800 milioni di risparmio (a fronte di 26 miliardi per la spesa militare, da aumentare)».  

 

“A Mussolini non piacevano le donne”, colloquio di Brunella Schisa con la saggista Mirella Serri pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di novembre 2022 per la presentazione del volume “Mussolini ha  fatto tanto per le donne!”: Il 14 novembre 1947 i padri costituenti discutevano gli articoli del Titolo IV: "La magistratura".  Giovanni Leone, futuro presidente della Repubblica, sostenne che le donne dovevano tenersene lontane perché troppo sentimentali, fragili, emotive. Altri giuristi avallarono il preconcetto con perle indimenticabili («In certi giorni sono intrattabili»). L'Italia usciva da un ventennio in cui Mussolini aveva posto le donne in totale sudditanza rispetto agli uomini: cacciate dalla pubblica amministrazione, dall'università, dalla scuola, dimezzato il salario, inasprito il diritto di famiglia. Negato il voto. Il fascismo aveva imposto un maschilismo di Stato alimentando pregiudizi e stereotipi che si sono rivelati duri a morire. Mirella Serri, docente di Letteratura moderna e contemporanea, racconta quello che nessuna biografia ha messo in luce: il profondo disprezzo del Duce per le donne. Mussolini ha fatto tanto per le donne! Sì, soprattutto del male. Era un uomo violento, geloso, prepotente, crudele, sadico.

mercoledì 23 novembre 2022

Quellichelasinistra. 30 Roberto Casalini: «I poveri sono diventati invisibili, cani perduti senza collare».  

LaSinistraCheNonC’èPiù”. Ha scritto Alessandro Robecchi in “Finanziaria. Meglio le bomboniere che i poveri: salviamo il matrimonio” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, 23 di novembre 2022: (…), seguiamo le cronache dei nostri eroi. Mentre ministri e sottoministri si arrovellano per cercare nuove soluzioni ad antichi problemi (…), nel cuore del potere meloniano c’è qualche timore nuovo. “L’impatto di cancellare di botto il reddito di cittadinanza è devastante”, dice la ministra del Lavoro, riportata con virgolette qui e là. Tradotto in italiano, significa quel che molti dicono da sempre: che il reddito è un argine, una diga che protegge chi non ce la fa, e toglierlo di botto in un anno di recessione sarebbe come accendere una miccia. Cioè il contrario della vulgata retorica delle destre più estreme ed ottuse, Italia Viva, Lega e Fratelli d’Italia, sempre concentrate a dire cretinate sui divani, i fannulloni e varianti più o meno offensive. Cazzate: di quei 660 mila a cui verrà tolto ossigeno tra qualche mese, pochissimi potranno trovare un lavoro. Bassa scolarità, nessuna formazione, soggetti deboli: cancellare il reddito significa consegnarli alla disperazione o alla manovalanza della criminalità, oppure, nel migliore dei casi (speriamo) al conflitto sociale. Dopo aver sbraitato per anni, ora se ne accorgono pure al Consiglio dei Ministri, ma è tardi per tornare indietro, quindi niente, pochi mesi e poi smantellamento dell’unica legge che abbia aiutato, negli ultimi anni, le fasce più disagiate della società. La legge finanziaria – la stessa che ci dice che un professionista da 85.000 euro l’anno pagherà le tasse di un dipendente che ne prende 30.000 – è dunque una netta e precisa (in qualche caso rivendicata) ricerca dello scontro. Davanti al timore di ampi disagi sociali si scelgono deliberatamente il conflitto e la contrapposizione, le mani sui fianchi e la mascella volitiva: la dichiarazione di guerra è stata consegnata nelle mani dei poveri. Di seguito, tratto da “Mio padre bracciante, la dignità e la sinistra senza più popolo” di Roberto Casalini, pubblicato sul mensile “Millennium” del mese di novembre 2022:

martedì 22 novembre 2022

 ItalianGothic. 13 «Poveri – anche assolutamente poveri – lavorando».  

Ha scritto Antonio Padellaro in “Tema d'italiano: spiantati, imparate da Santanchè” pubblicato sul mensile “Millenium” di Novembre 2022: Siamo venuti in possesso delle tracce del tema d'italiano che saranno rese note dal Ministero del Merito ai prossimi esami di maturità. Si tratta di commentare tre frasi sul denaro e la povertà.

1: "Il denaro è l'unico vero strumento di libertà. I soldi servono a essere liberi. Mio padre mi ha insegnato che chi paga comanda, che pagare i propri conti vuol dire anche comandare" (Daniela Santanchè, ministro del governo Meloni).

domenica 20 novembre 2022

ItalianGothic. 12 «“Carico residuale”. L’escalation del sadismo ipocrita e strumentale del nuovo governo».  

 

Ha scritto Diego Bianchi in “L’ora dei pavidi” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di novembre 2022: «Sono incinta», «sono malata» «fa freddo», «abbiamo la scabbia», «ci sono i pidocchi», «non c'è acqua calda», «mio marito ha il cancro», «viaggio sola», «mia figlia ha la febbre», «pensavo di morire in mare e ora rischio di morire qui», «fateci scendere».

venerdì 18 novembre 2022

Quellichelasinistra. 29 Wlodek Goldkorn: «Il futuro anziché una promessa è diventato una minaccia. La società poi, da una società di classi è diventata di massa».  

Wlodek Goldkorn ha scritto della “Sinistra”, ovvero di quando la “Sinistra” ci teneva tanto d’esserlo, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 13 di novembre 2022: Una volta la sinistra si considerava l'agente del futuro nel presente. L'idea dell'anticipazione del tempo aveva a che fare non solo e non tanto con una concezione messianica della storia, quanto con la nozione del tutto mondana del progresso. Il progresso era figlio dell'Illuminismo, della convinzione che gli umani, grazie alla capacità di giudizio e alle scoperte della scienza, fossero in grado di forgiare il loro destino in modo da abolire la miseria, l'oppressione, lo sfruttamento, la disuguaglianza e la guerra.

giovedì 17 novembre 2022

Virusememorie. 96 «Orso no. A orso basta mangiare bere dormire vagare. Morire. Uomo non vuole morire, per lui è punizione divina».

UnVirusChiamatoUomo”. Ha scritto Malcom Pagani in “Peccato di superbia” pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di novembre 2022: (…). I mesi picchiavano con la loro inutilità, tutti uguali tra loro ed era ormai evidente che a parità di furto legalizzato del bene più prezioso che abbiamo, il tempo, quel servizio civile senza ratio, senza controllo e senza scopo somigliasse più a una punizione che a un ozio gaudente. A un certo punto, qualcuno ci destò dalla noia prendendola alla lontana. Venimmo convocati in una stanza, io e i miei due compagni d'avventura, per ricevere le prime indicazioni dal responsabile della Ong.

martedì 15 novembre 2022

Virusememorie. 95 Eraclito: «Questo cosmo, che è il medesimo per tutti, non lo fece nessuno degli dei né degli uomini ma sempre era».  

UnVirusChiamatoUomo”. Ha scritto Angelo Flaccavento in “La coperta risicata” pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di novembre 2022:

lunedì 14 novembre 2022

ItalianGothic. 11 Furio Colombo: «Meloni ama tutto del prima. Ma non ha uno sguardo sul dopo. Se mai, disprezzo».

 

IlVecchioCheAvanza”. Ha scritto Evelina Santangelo in “Interesse nazionale” pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 6 di novembre 2022: Non c'è espressione in apparenza più ovvia. Nessuno potrebbe mai dire di non volere l'interesse nazionale in ogni ambito. Niente di problematico dunque. E invece niente di più problematico.

domenica 13 novembre 2022

ItalianGothic. 10 Filippo Ceccarelli: «La società degli spettacoli, la dittatura del marketing, il culto della performance, l'odierno tribalismo con i suoi totem».

Cosplayer&Fascismo”. Ha scritto Dario Vergassola – nella Sua rubrica “C’è vita sulla Terra”, che è tutto un auspicio - in “Il fascino della divisa”, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” dell’11 di novembre 2022: È follia, ma c'è del metodo: secondo l'anchorman russo Anton Krasovsky, i bimbi ucraini andrebbero "annegati o bruciati".

sabato 12 novembre 2022

ItalianGothic. 09 Michele Serra: «Non riesco a immaginare che alcunché di peggiore, di più volgare e mortificante, possa toccarci in sorte. Sì, Meloni mi fa meno paura di Berlusconi».

Ha scritto a Michele Serra il lettore A*** sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 4 di novembre 2022: Caro Michele, tu, io e mezza sinistra ci lamentiamo da anni che in Italia manca un partito conservatore presentabile, tipo i gollisti francesi o i conservatori tedeschi, visto che quello spazio politico è stato via via occupato prima dalla multiforme piovra della Dc e poi da pericolosi pagliacci tipo Berlusconi o Salvini. Che sia la Meloni, in fondo completando il lavoro di Fini, a creare ora questo partito? Certo le origini sono neofasciste, e la classe dirigente della destra italiana fa mettere le mani nei (pochi) capelli. Però, questo è quello che passa il convento, e mi sa tanto che la Meloni, che pare certo più seria e responsabile dei suoi predecessori, e che è arrivata in uno dei momenti di crisi più nera per l’Italia e il mondo, si accorgerà presto di dover ristrutturare il suo partito e le sue politiche, per rendersi presentabile e affidabile presso Ue e Usa, i due tutori dell’Italia dal punto di vista economico e geopolitico. Quindi non mi sorprenderei di assistere nei prossimi mesi a una metamorfosi di Fratelli d’Italia attraverso una limatura degli eccessi polemici ed estremisti, pubbliche abiure, cambi di rotta e cacciata di impresentabili. Probabilmente, a fronte di cambiamenti sostanziali nelle politiche economiche, ambientali, internazionali in senso più occidentale, continueranno a sventolare alcune bandierine identitarie, bastonando legislativamente i più deboli, come donne, migranti e gay, per dimostrare di non essere cambiati. Ma intanto diventeranno sempre più simili ai conservatori inglesi, e sempre meno a Orbán. A***

venerdì 11 novembre 2022

Piccolegrandistorie. 31 Elena Stancanelli: «Manca sempre qualcosa in questo Paese per riuscire a portare a termine le imprese che il coraggio di qualcuno ha reso possibili».

Degli Esclusi”. Ha scritto Filippo Ceccarelli in “Non cancellate Marco Cavallo” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 4 di novembre 2022: Sarà un lungo inverno. A Muggia, comune dell’Istria italiana, hanno dato lo sfratto alla grande statua di Marco Cavallo, emblema itinerante della battaglia che grazie all’opera di Franco Basaglia ha portato a considerare la malattia mentale con un altro sguardo, una diversa cura e una maggiore umanità. Dinanzi all’iniziativa del sindaco leghista Paolo Polidori, che ha accampato questioni di regolarità amministrativa riguardo agli spazi nel deposito comunale dove la scultura era parcheggiata, non si può che alzare gli occhi al cielo con sconsolata rassegnazione; già nel 2019, allora vicesindaco di Trieste, il personaggio si era segnalato alle cronache per aver raccolto da terra coperte e stracci entro cui si avvoltolava di notte qualche senzatetto e come gesto dimostrativo li aveva buttati nell’immondizia. Nella stessa direzione va ora il ripudio di Marco Cavallo rivelando però una scelta che non è solo di ordine, ma si pone contro il progresso, l’umanità, la memoria e un po’ anche contro la poesia. (…). Quasi mezzo secolo è passato e quasi tutti i protagonisti di quell’avventura sono scomparsi. Per Marco Cavallo toccherà alla coscienza civile trovare una nuova sede. Ma resta difficile ignorare che la nuova stagione politica si annuncia rimuovendo, con selvaggi pretesti logistico-burocratici, un pezzo di Storia fra i più degni di questa nazione, come piace chiamarla ai nuovi potenti autonominatisi conservatori. Provino loro adesso a spiegare che la goffa cultura della cancellazione sta solo a sinistra. Quanto all’inverno che arriva, per fortuna – ma qualcuno potrebbe evocare persino la Provvidenza - esiste sempre il cappotto. Di seguito, “Il posto del cavallo” di Elena Stancanelli pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 5 di novembre ultimo: (…). Marco Cavallo (…) si sposta parecchio, tra festival, congressi, carceri. Da quel giorno, il 25 febbraio 1973, è uscito dal manicomio di Trieste, seguito da un corteo di pazienti, infermieri, medici, familiari dei degenti... seicento persone che avevano partecipato al laboratorio teatrale tenuto dallo scrittore Giuliano Scabbia (…). Molti dei quali non uscivano dall'ospedale psichiatrico di San Paolo da anni, da quando erano stati rinchiusi e da quel momento trattati come carcerati. "Le conigliere", le chiamavano, quei reparti dove stavano stipati, appesi alle grate delle finestre, che adesso sono stati recupera - ti e sembrano addirittura eleganti. Guidava il corteo Franco Basaglia, che per permettere a Marco Cavallo di lasciare l'ospedale psichiatrico e uscire per strada aveva personalmente abbattuto con una panchina un pezzo di muro. Tutti si accorsero in quel momento che stava accadendo qualcosa di storico, una riforma totale della psichiatria che sarebbe diventata legge 180, che prevede appunto la chiusura dei manicomi.  Marco Cavallo, prima di diventare la grande statua blu che tutti conosciamo, era un cavallo vero. Tirava un carretto che trasportava i panni sporchi dentro il manicomio. I matti si erano affezionati a lui e quando era diventato vecchio, per evitare che fosse mandato al macello, chiesero di poterlo adottare. La lettera con cui si rivolsero all'amministrazione era firmata Marco Cavallo. Nella sua pancia, nella pancia della grande statua blu, avevano messo uno sportello. Nel quale potevano essere nascosti disegni, lettere, fotografie, qualunque cosa i matti intendessero portare fuori, o mettere in salvo. La storia di Marco Cavallo è rimasta nella immaginazione di tutti, più delle fotografie, spaventose, che ritraevano i pazienti legati, nudi, sporchi. Più dei racconti che filtravano, delle pompe di acqua gelata con cui venivano ogni tanto lavati, o sedati, delle terapie violentissime, di come si continuava a tollerare che la malattia mentale fosse un motivo per ridurre esseri umani in uno stadio di schiavitù, privati degli elementari diritti della cittadinanza senza aver commesso il minimo reato.

mercoledì 9 novembre 2022

Lamemoriadeigiornipassati. 35 Liliana Segre: «Nel giro di pochi anni la Shoah sarà trattata in un rigo nei libri di storia, poi non ci sarà più neanche quello».

Memoria&Presente”. Ha scritto Tomaso Montanari – Storico dell’arte e Rettore della “Università per Stranieri” di Siena – in “Che cosa ci dice la lapide di Calamandrei” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 4 di novembre 2022: Le pietre ci parlano. Dalle pareti dei palazzi pubblici, dai muri delle case degli uomini e delle donne illustri, dai pavimenti delle necropoli ecclesiastiche, la voce del passato si rivolge incessantemente a noi. Epigrafi artistiche, a volte veri capolavori. Altre volte semplici e spoglie lapidi. Ma in tutti i casi, la materialità monumentale di queste scritte sul marmo modifica lo spazio pubblico, rendendolo teatro di un dialogo tra generazioni che costruisce la storia, rinsalda la memoria, lega passato e futuro. Quelle pietre ci guardano: ed è impossibile non pensare che, talvolta, ci giudichino. È il caso della celeberrima "lapide ad ignominia" che nel 1952 fu collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo, e che poi è stata replicata così tante volte sui muri e nelle piazze di tutta Italia. Essa rispose all'arroganza criminale di Albert Kesselring, capo delle forze naziste di occupazione in Italia, che - condannato a morte, e poi all'ergastolo - proprio in quell'anno fu rimesso in libertà per ragioni di salute: occasione in cui ebbe l'impudenza di dichiarare che gli italiani avrebbero dovuto fargli un monumento, per come ci aveva trattato. La risposta, dettata da Piero Calamandrei, recita così: 

Lo avrai

camerata Kesselring

il monumento che pretendi da noi italiani ma con che pietra si costruirà

a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati

dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio non colla terra dei cimiteri

dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità

non colla neve inviolata delle montagne che per due inverni ti sfidarono

non colla primavera di queste valli

che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio dei torturati più duro d'ogni macigno

soltanto con la roccia di questo patto giurato fra uomini liberi

che volontari si adunarono

per dignità e non per odio decisi a riscattare

la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare

ai nostri posti ci ritroverai

morti e vivi collo stesso impegno popolo serrato intorno al monumento che si chiama

ora e sempre

RESISTENZA.

Come possiamo guardare, oggi, quella lapide? Con che coraggio? Oggi che chi è sempre rimasto fedele alla fiamma nera degli alleati italiani di Kesselring, torna a governare l'Italia? Dov'è, oggi, quella lingua, alta e coraggiosa, che chiamava le cose con il loro nome, e invocava per sempre la resistenza contro ogni fascismo? Oggi un coro di servo encomio soffoca le poche voci rimaste fedeli. Ma - è stato scritto - se noi taceremo, grideranno le pietre...

giovedì 3 novembre 2022

ItalianGothic. 08 Gustavo Zagrebelsky: «La Costituzione immagina, come condizione ideale, una massa d'individui passivi, marionette mosse dai fili tenuti in mano dal burattinaio-legislatore?».

 

Ordine&Legge”. Ha scritto Michele Serra in “In nome della legge”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, giovedì 3 di novembre 2022: Il Salvini compare nei tigì nel suo format preferito, l'influencer che non le manda a dire (così la Rai risparmia anche il disturbo di mandare una troupe), e fa un annuncio davvero clamoroso: "Finalmente in questo Paese si rispetteranno le leggi". È una grande notizia. Anzi, è la notizia che milioni di italiani aspettano da una vita. Il primo pensiero corre alla mafia: la pacchia è finita. Poi agli evasori fiscali: pagheranno il dovuto, secondo legge. E gli stadi non saranno più privatizzati a suon di sberle dagli ultras, torneranno dopo decenni a essere luoghi pubblici, era ora.

martedì 1 novembre 2022

martedì 25 ottobre 2022

Dell’essere. 59 Platone: «La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore».

Spicilegio”. Di seguito, “Chi sono i nostri giovani digitali?” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 24 di settembre 2022. Scrive il lettore A.B.:

lunedì 24 ottobre 2022

Dell’essere. 58 Enzo Bianchi: «Nell’educazione dei giovani sarebbe opportuno non offrire “tutto”, ma insegnare a ordinare il desiderio e a scegliere».

Spicilegio”. Ha scritto Domenico Starnone in “Solo se interrogato”: (…). Li vedo arrivare ogni mattina, si seggono nei banchi, aspettano. A osservarli, non hanno niente a che fare con la parola “massa”. Sono individui tutti differenti che si sforzano di esprimere la loro specificità. Certo, sono vestiti spesso allo stesso modo (…), ricorrono alla stessa gergalità, gesticolano e si muovono a seconda della star di cui diventano di volta in volta fan, portano nomi e nomignoli derivanti dai consumi culturali delle loro famiglie e del loro gruppo.

domenica 23 ottobre 2022

Dell’essere. 57 Dietrich Bonhoeffer: «Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità».

 

A lato. "Procida", acquerello (2022) di Anna Fiore.

Spicilegio”. Ha scritto Paulo Coelho in “Il diavolo e la signorina Prym”: (…). Il bene e il male hanno la stessa faccia. Tutto dipende dal momento in cui attraversano il cammino di ogni essere umano. (…). Di seguito, “Il senso di responsabilità” di Enzo Bianchi – già priore della Comunità Monastica di Bose – pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 3 di ottobre 2022: L'emergenza dovuta alla pandemia che ha ristretto il campo della nostra osservazione, la preoccupazione per la guerra ai confini dell'Europa - una guerra tra Russia e Occidente, come si è subito rivelata -, le difficoltà dovute alla recessione economica che stiamo attraversando ci hanno impedito di leggere ciò che stiamo vivendo nel quotidiano a livello individuale e sociale. Ma se si cerca di farne una lettura formulandone un giudizio ci rendiamo subito conto che l'involgarimento del gusto, l'imbarbarimento dei modi, la mediocrità e la rozzezza (quest'ultima chiamata da Robert Musil "prassi della stupidità") pervadono ogni ambiente della nostra società. Il clima in cui viviamo è ormai per molti di noi un'insostenibile pesantezza, perché deteriora e compromette la qualità della vita personale e collettiva, l'"io" e il "noi". A questo appiattimento acritico su modelli spesso importati, a una cultura segnata da competitività, aggressività, negazione del diverso, sembra non sia possibile reagire efficacemente in campo educativo, per cui l'involgarimento è dilagante. Sappiamo elencare le crisi che stiamo attraversando, ma forse alla radice di molte di queste dovremmo riconoscerne una: la crisi del senso di responsabilità. Essere responsabili significa tenere costantemente presente il volto dell'altro, degli altri, perché il volto sempre si volge a me con una domanda, un'attesa, la richiesta implicita di una risposta che è la prima forma di responsabilità. Ma per arrivare a possedere il senso di responsabilità occorre resistere all'esproprio dell'interiorità, tentata dalla dominante colonizzazione della cultura di massa, sempre più tecnicizzata. Senza una vita interiore in cui possano sorgere le domande chi mai potrà tentare vie di libertà? Anche l'educazione come potrebbe avvenire in modo fecondo senza la formazione dello spirito o della vita interiore? Troppo scarsa è l'attenzione che si dedica alla preparazione alla vita, alla formazione del carattere, all'esercizio del pensare e del discernere, e va anche denunciato come sia mancata una trasmissione da parte di quelli che dovevano essere "trasfusori di memoria". Abbiamo avuto invece dei rottamatori che ci hanno lasciato solo rovine, e ora il panorama si presenta desertificato. È soprattutto nella vita della polis che si mostra il senso di responsabilità che impedisce il regnare della demissione. Sì, la demissione di fatto non può essere chiamata con altro nome che con quello di "stupidità". Scrive Dietrich Bonhoeffer nelle lettere dal carcere: "Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità ci si può opporre con la forza... ma contro la stupidità non abbiamo difese... in determinate circostanze gli uomini vengono resi stupidi, o si lasciano rendere tali. Il potere di alcuni richiede la stupidità degli altri". Parole che dicono l'urgenza di opporre resistenza, di impegnarsi in una vita interiore, per essere dotati del senso di responsabilità.

venerdì 21 ottobre 2022

Piccolegrandistorie. 30 Giovanni De Luna: «Il fascismo non seppe garantire agli italiani il cibo, non li aiutò nei loro affanni quotidiani, lasciò dilagare la borsa nera».

Italiallaguerra”. Di seguito, “L’operaio Fiat? Pesava solo 50 chili”, colloquio di Ettore Boffano con lo storico Giovanni De Luna riportato sul mensile “Millennium” del mese di ottobre 2022: Non si sa quanti anni avesse e neppure come si chiamava: è certo, però, che fosse un operaio della Fiat Mirafiori alto 1,70 centimetri e che il suo peso, in un giorno dell'estate di guerra del 1944, arrivasse solo a 53 chili. Più o meno lo stesso di un'altra ventina di suoi colleghi, tutti alti come lui e tra i 53 e i 55 chili, visitati e pesati dai medici aziendali e sotto l'implacabile sorveglianza di brutti ceffi che indossavano le divise un po' raffazzonate della Repubblica di Salò. Alla Fiat Grandi Motori, invece, si accertò che, dal 1942, la media di perdita di peso da parte dei lavoratori era stata tra i 10 e i 15 chili. «Fu un vero e proprio boomerang per i fascisti - rievoca adesso Giovanni De Luna, storico del fascismo, della Resistenza e del Partito d'Azione -. La cosa era stata organizzata nel tentativo di smentire proprio le voci sul fatto che i lavoratori fossero denutriti». Già, bisogna dunque tornare davvero là: agli orrori e alle angosce della Seconda guerra mondiale, sia pure con le prudenze e i limiti di una realtà per tanti versi imparagonabile, per provare a ragionare sull'Italia e gli italiani ai tempi della crisi energetica del gas russo e dell'autunno e dell'inverno dei nostri sacrifici e del nostro scontento. «È vero - comincia ad argomentare lo storico-, il paragone più giusto sembrerebbe quello con la crisi petrolifera del 1973. Ma quella fu una scampagnata, una festa collettiva, una parentesi gioiosa vissuta in maniera ludica piuttosto che problematica. Basta rivedere le foto e i filmati dell'epoca delle famose "domeniche a piedi": momenti di inventiva, di divertimento, la riscoperta delle città liberate dalle auto che le avevano invase col boom economico. Qualcosa che assomigliava alle prime settimane del Covid e del lockdown: quando la gente cantava dai balconi ed esponeva i cartelli "Ce la faremo". Poi sono venuti i morti e la pandemia che non finisce mai, infine gli scontri sul green pass e le rabbie no-vax. Qualcosa che dura ancora oggi e che si è impastato con gli effetti psicologici e concreti della guerra in Ucraina». Un'altra guerra. Diversa, però, e molto lontana, almeno per noi, da quella conclusasi nella primavera del 1945 e che era in casa nostra. «Si, ma comunque, rispetto alla crisi del 1973, questa volta è di nuovo in corso una guerra. Che è mondiale: perché tv e web la portano ovunque, con il suo carico feroce di morte. Per non parlare delle conseguenze economiche che ci prepariamo a subire. Il secondo conflitto mondiale è stata la prima vera "guerra totale", mentre la Grande Guerra lo era stato solo per la partecipazione di nazioni di continenti diversi, ma non entrò mai nella vita di chi viveva lontano dalle trincee. A partire dal 1940, invece, tutto si impadronì delle vite di tutti, sconvolgendole e ribaltandole, con due drammi paralleli che non risparmiarono nessuno e nessuna coscienza: la morte e la fame». Ed è proprio la fame, la realtà-metafora che De Luna usa più di ogni altra per ragionare sull'emergenza che stiamo già attraversando. «Anche questa è un'economia di guerra, non ci sono dubbi. È una definizione che possiamo riscoprire, coniugandola con fattualità. Né macroeconomia né microeconomia, ma tutto ciò che sconvolge la vita della gente comune, sovverte le gerarchie sociali e si sviluppa lungo un percorso umano che sta tra la coazione e la trasgressione, sino all'illegalità: pensiamo a cosa fu la borsa nera. La campagna, dove si poteva coltivare e trovare tutto, per la prima volta prevaleva di nuovo sulla città. Il ceto medio, meno abituato all'arte di arrangiarsi o di cercare il cibo attraverso l'illegalità, fu il più penalizzato. Qualcosa che Eduardo De Filippo ha immortalato nella sua Napoli Milionaria, così come il neorealismo di Sciuscià e di Ladri di biciclette ha narrato le condizioni di quell'Italia, a cominciare dall'infanzia». Coprifuoco. Per fortuna oggi, come nel 1973, tutto continua a ruotare, sia pure con molti più rischi di allora, attorno alle forniture energetiche. La fame e la questione del cibo, per ora, sembrano restare lontane e lo scrittore Francesco Piccolo, rievocando proprio le "domeniche a piedi", ha scritto: "Tireremo il piumino sul naso davanti alla tv, non cuoceremo la pasta e lavoreremo di più per pagare luce e gas, ma come allora, forse saremo più felici...". Un giudizio che può reggere? «Si, se la crisi resterà congiunturale. Ma se dovesse farsi strutturale, allora rabbia e povertà cresceranno. E per i poveri, prima o poi, il problema diventa mangiare: basta già entrare in un supermercato e leggere i prezzi. E non dimentichiamoci, lo ripeto, la questione dell'energia; che si porta dietro quello della luce. Oltre ai morti ammazzati dai bombardamenti o per strada dalle raffiche dei nazi-fascisti, a mutare il sentire comune fu il coprifuoco. Che dissesta le abitudini, che impone un vincolo assoluto dall'esterno, che modifica profondamente le nozioni di tempo e di spazio. Nelle città, in quelle condizioni, si tende a fermarsi solo nel proprio quartiere, addirittura nel proprio isolato o nel proprio condominio: tutto si riduce». I numeri, i racconti e le testimonianze di so anni fa delineano scenari lugubri e surreali. Nel 1942, un'indagine statistica di Pierpaolo Luzzato Fegiz stabilì che una media tra il 39 e il 42 per cento delle famiglie urbane soffriva la fame "nel pieno senso fisiologico della parola", raggiungendo nel suo picco i 14 milioni di persone. I racconti sono brutali, anche quando non rinunciano a una pur mesta ironia. Carlo Chevallard, un dirigente d'industria torinese il cui Diario 1942-1945 è una delle fonti più preziose per ricostruire quella vita quotidiana, riferiva così: "Per la prima volta dall'inizio della guerra, oggi sono riuscito a mangiare il pane della tessera annonaria: cosa contenga Dio solo lo sa, ma è nero, duro e con un sapore talmente aspro che proprio non mi va giù (e sì che l’appetito non mi manca)...". E la sua segretaria aveva dovuto girare cinque panetterie prima di trovarlo. A Napoli, invece, a scrivere fu una ragazzina, Lucia Pagetta, ma il lessico e le annotazioni del suo diario sono molto simili alle precedenti: "Oggi pane bianco! Lo avevamo dimenticato addirittura tanto che ci sembrava una cosa mai vista. Soltanto, però, è poco e senza sale...". Pelle di rospo. Quell'Italia, però, aveva già imparato a convivere con il problema degli approvvigionamenti dopo le sanzioni della Societa delle Nazioni del 1935, per la guerra d'Etiopia, sia pure in un'emergenza meno tragica. Qualcosa che oggi si riallaccia "all'operazione speciale" di Putin e alle reazioni dell'Occidente. Furono i giorni dell'autarchia: si cominciò a fare il caffè tostando la cicoria, le ghiande e l'astragalo, il tè fu sostituito dall'autarchico kakadè, le pelli di coniglio servirono per fare le pellicce, Ferragamo realizzò scarpe di pelle di rospo, la lignite prese il posto del carbone, il "pescato del giorno", ma anche il baccalà secco, una lira al chilo, soppiantarono spesso la carne che ne costava 18. Uscivano addirittura i libri di cucina per insegnare che cosa portare in tavola mentre si cantava Faccetta Nera: Le massaie contro le sanzioni, Le ricette di Petronilla, e persino la storica Cucina Italiana si adeguava: "Fate attenzione a ciò che viene gettato nelle immondizie: stracci, carta, ossa, gusci d'uovo, foglie di ortaggi, bucce. Tutto può essere utilizzato". Achille Starace, l'ampolloso segretario del Partito nazionale fascista, che gli studenti sbeffeggiavano chiamandolo "Sta...rapa", ordinava: "I fascisti non bevano il caffè. In questo modo fregheremo i Paesi che, per vendercelo, vogliono il nostro oro". «Anche quel periodo, a dire il vero, potremmo considerarlo però quasi una scampagnata, una prova generale innocua e, in fondo, quasi divertente. Con la guerra in casa, ogni cosa si farà invece tragica. Lo ripeto, sono la morte e la fame, la ricerca disperata di cibo ogni giorno, a trasformare e a condizionare l'esistenza di ciascuno».