"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 5 dicembre 2022

 Piccolegrandistorie. 32 «La gente, in galera, cambia. Jack no. Jack era sceso fino in fondo, fino all’inferno».  

“Uominichemassacranodonne”. “Il mio serial Killer preferito” di Carlo Lucarelli pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 6 di maggio 2022: (…). Jack Unterweger è un giovane austriaco con una fedina penale da adolescente inquieto che nel 1974, a ventiquattro anni, finisce dentro per aver ucciso una ragazza strangolandola con il suo reggiseno. È un brutto omicidio, con forti venature sadiche, e Jack si becca venticinque anni, il massimo della pena in Austria. In galera, però, Jack cambia. Si mette a studiare, si mette a riflettere e soprattutto si mette a scrivere. Poesie, diari, opere teatrali, un’autobiografia, scava dentro di sé e quello che ha fatto, e va fino in fondo. Così profondamente che il suo è un vero e proprio viaggio all’inferno, sincero, doloroso e appassionato. Se davvero è diventato così, come si fa a tenerlo dentro? Si muovono in tanti, si muove la cultura, anche a livello internazionale, e nel 1990 Jack esce di galera con la grazia. Non resta con le mani in mano e continua a scrivere. Diventa un giornalista, specializzato sugli argomenti che l’hanno riguardato: violenza, follia, prostituzione, la metà oscura dell’uomo. Guadagna bene ed è famoso, una vera e propria star dei talk show, bellino, biondino e brillante. Viaggia, anche, facendo l’inviato per i giornali. Il problema è che dovunque vada, prima o poi, una ragazza viene uccisa. Prostitute, di solito, a Praga, a Los Angeles, anche a Vienna, quando resta in patria. Le varie polizie ci mettono un po’ a mettere insieme i pezzi del mosaico, ma quando ci riescono gli appare un puzzle di almeno dieci omicidi, a cui si aggiungono i sospetti per altri cinque. Così Jack torna dentro ancora, e nella prospettiva di una nuova e definitiva condanna si uccide in carcere. Perché la gente, in galera, cambia. Tante volte. Capisce, comprende, si pente degli errori commessi e spesso, poi, ripara. Quando il sistema funziona, naturalmente. Però la gente, in galera, cambia. Jack no. Jack era sceso fino in fondo, fino all’inferno. Ma ci era rimasto.

“Donnechesterminanouomini”. “Donne senza uomini un’utopia trappola” di Barbara Alberti pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 4 di dicembre 2022: Chiesi a Wauna dove fossero finiti gli uomini. Rispose “Non ne ho mai sentito parlare. Dev’essere un animale estinto”. (…). A Cincinnati, nel 1880, esplode uno scandalo: sul Cincinnati commercial news sta uscendo a puntate “Mizora”, un romanzo anonimo. Racconta un popolo di sole donne, che senza il maschio hanno raggiunto la civiltà perfetta. Il Cincinnati vende, vende, vende. Nessuno sa chi sia l’autore, nemmeno il direttore. Le puntate arrivano per posta. I cittadini si rivoltano. Telegrammi furiosi, minacce, un redattore viene picchiato. A una cena di notabili, dall’avvocato Burt Lane e sua moglie Mary Ellen, non si parla d’altro. Il sindaco inveisce contro “Mizora”. «Uno scritto immorale, sedizioso! Tutti i maschi sono spariti dal mondo, e per questo non ci sono più omicidi, fame, guerre. Aberrante». Mary Ellen, quieta, risponde: «Una visione speculare a quella di Tolstoj. Lui pensa che l’assenza delle donne sanerebbe ogni male del mondo. Il suo “Sonata a Kreutzer” è un manuale per la necessaria soppressione della femmina». Discutono dell’autore misterioso, ma in una cosa sono tutti d’accordo: “Mizora” lo ha scritto un uomo. Le donne non hanno immaginazione. Se fosse vero ci saremmo estinte da un pezzo, pensa Mary Ellen. Coglie lo sguardo del marito all’amante in carica. Ma anche lei ha un segreto. Un’altra vita. Partiti gli ospiti si chiude a chiave e tira fuori il suo libro, “Mizora”: è lei l’autore misterioso. Si sfila la livrea da moglie, e scrive la nuova puntata. Protagonista è Vera, nata per l’avventura, che si imbarca su un veliero, fa naufragio e sprofonda in mare. Ma invece di morire si ritrova nel mondo ideale. In fondo all’Oceano, in una zona asciutta e fertile, le donne hanno creato Mizora, la repubblica perfetta. Il luogo della bellezza, musica, scienza, libertà, giustizia. L’amica Wauna le rivela che senza gli uomini da servire sono diventate onniscienti. Non hanno un dio, ma il sapere è sacro. La cultura è di tutti, come il benessere. I maschi non servono più nemmeno come schiavi, meglio le macchine. Superflui anche per la riproduzione. Nel segreto della notte, Mary Ellen sogna la partenogenesi. Grazie alle diete le donne vivono a lungo, lucidissime, a 200 anni studiano ancora. A Mizora si muore serenamente, senza paradiso o inferno. Il paradiso è aver bene operato. Nella sua stanzetta Mary Ellen rifonda il mondo. Risolve la sanità, l’inquinamento, i rifiuti. Tutto è trasformato in risorsa. Questa Jules Verne ragazza immagina le invenzioni future. Robot, videotelefoni, automobili… Mentre a Cincinnati le donne soffocano nei busti, le mizoriane fluttuano in sete lievi. Mizora è il sogno di un’esteta, economista di genio. Finché Vera chiede: «Ma… dove li avete messi i maschi?». «Si sono estinti». «Lo so. Ma come?». E viene fuori che quelle donne perfette hanno alle spalle il più grande genocidio della storia. I maschi li hanno fatti fuori. Tutti. Per questo provvedimento estremo c’erano delle buone ragioni. Quelli sapevano solo torturare e distruggere. Incivilizzabili. Mizora è monda dal mal seme di Adamo. A Vera ciò sembra già molto sinistro. Poi nota che le mizoriane sono tutte bianche e bionde. Solo lei ha i capelli neri. Domanda a Wauna: «E le genti di pelle scura dove le avete messe?». «Anche loro erano perverse». Mary Ellen scrive, scrive, la sua creatura le scappa di mano, le sue donne divine sono anche delle razziste assassine, non sa più da che parte stare. Estranea alla società di Cincinnati, anche nel regno di Utopia Mary Ellen resta un’aliena. La sua utopia è distopica. Burt, il marito, morì vecchio e felice, senza mai sospettare che l’anonimo di “Mizora” fosse sua moglie.

Nessun commento:

Posta un commento