"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 31 agosto 2021

Cronachebarbare. 100 «L’indifferenza non è mai neutralità: è sempre complicità».

Ha scritto Umberto Galimberti in “Io non sono razzista, però…” pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 14 di agosto 2021: Perché siamo razzisti? Senza troppi infingimenti diciamolo chiaramente: perché la nostra società si va disgregando. E siccome sentiamo la nostra identità collettiva minacciata unitamente alle nostre condizioni di benessere che non sappiamo come difendere, invece di riconoscere la nostra patologia, accusiamo lo straniero di essere la causa della nostra dissolvenza. E tutto ciò anche se le cause sono sotto gli occhi di tutti a partire dalla corruzione (morale, politica, amministrativa), dalla nostra mancanza di iniziativa, dalla nostra indolenza lavorativa (per cui affidiamo agli stranieri i lavori che nessuno di noi vuole più svolgere), fino a giungere al nostro decadimento culturale, portato fino a quel limite dove ci si vanta della propria ignoranza. Accogliamo gli stranieri alla sola condizione che si “integrino” nella nostra cultura, nei nostri usi e costumi, purché la loro integrazione non cancelli le differenze socialmente percepibili tra Noi e Loro, come quando ci sentiamo minacciati se Loro hanno diritto a una casa, a un’assistenza medica, a una pensione, ai vantaggi dello stato sociale.

lunedì 30 agosto 2021

Paginedaleggere. 41 «Si può imparare l’empatia? No, perché è una dote naturale che si acquisisce nella prima infanzia»

 

Ha scritto Umberto Galimberti in “Che cos’è l’empatia?”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 31 di luglio 2021: La capacità di immedesimarsi nei vissuti altrui. E chi non la possiede non può fare l’insegnante.

sabato 28 agosto 2021

Cronachebarbare. 99 «L’orizzonte degli eventi ci introduce all’ennesimo buco nero che la specie si appresta ad attraversare».

 

Ha scritto Peter Gomez in “L’immeritato benessere” pubblicato sul mensile “FQMillennium” del 7 di agosto 2021: Dicono che il termine riccanza trovi le sue radici in tre diverse parole: abbondanza, ricchezza e arroganza. (…).

giovedì 26 agosto 2021

Leggereperché. 100 Freud: «Dove amiamo non proviamo desiderio, e dove lo proviamo non possiamo amare».

 

Tratto da “L'avventura del desiderio e il richiamo dell'amore” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 26 di agosto dell’anno 2017: L'innamoramento cerca una stabilità che non contempla evasione. Se non con una strategia da artisti.

mercoledì 25 agosto 2021

Leggereperché. 99 «Da dove nasce questa esigenza di trovare un “principio” e un “senso”?».

A lato. "Natura morta", acrilico su tavola (2004) di Anna Fiore.

Tratto da “Non confondiamo la realtà col nostro modo d'interpretarla” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di agosto dell’anno 2012: Capita che le abitudini mentali ci facciano credere anche in ciò che non esiste. Non credo sia interessante sapere se io credo o non credo in «un essere che possa essere il principio e il senso di tutto ciò che esiste», ossia un Dio, perché, quando si ha a che fare con atti di fede, tali da non poter essere verificati, tutte le posizioni sono legittime. Ritengo più utile chiarire che cosa pensano coloro che credono, quando parlano di “principio” e di “senso”. Da dove nasce questa loro esigenza di trovare un “principio” e un “senso”? Infatti, se seguiamo il “metodo genealogico” indicato da Nietzsche, il significato delle parole non sta tanto in quello che abitualmente si attribuisce loro, quanto nell’individuare la loro genesi, ossia le condizioni e i bisogni che le hanno generate.

martedì 24 agosto 2021

Paginedaleggere. 40 Simone Weil. «Essere schiavi senza sapere di esserlo: questa è la condizione degli operai».

 


Per ricordare l’indimenticabile “compagno” e caro amico Giovanni Torres La Torre – scrittore, poeta, pittore (sopra, una Sua creazione) - che ieri, 23 di agosto, ci ha lasciati.

Come oggi, 24 di agosto dell’anno 1943, ci lasciava Simone Weil.  Ne ha scritto per ricordarLa – in “Ritirarsi da sé per fare spazio all’altro” - Donatella Di Cesare sul settimanale “L’Espresso” del 20 di dicembre dell’anno 2020: (…). Quando, nel dicembre 1934, Simone Weil si fece assumere come fresatrice alla Renault, voleva dimostrare che il comunismo, come lei lo intendeva, non era solo l’ideale politico di una comunità futura, ma significava anzitutto condivisione immediata dell’esistenza degli sfruttati. Come sopravvive quotidianamente un’operaia? A rispondere è una professoressa di filosofia che accanto a lei, nella catena di montaggio, compie gli stessi gesti, prova sul suo corpo lo stesso affanno, sperimenta la stessa oppressione. Per poter poi denunciare, nel suo “Diario di fabbrica”, la monotonia degradante, l’atomizzazione subdola, la concorrenza che ostacola ogni fraternità. «Stando in officina, confusa agli occhi di tutti e ai miei propri occhi con la massima anonima, la sventura degli altri mi è penetrata nell’anima e nella carne». Essere schiavi senza sapere di esserlo: questa è la condizione degli operai. Ripiegati sulle macchine, finiscono per rassegnarsi docilmente rinunciando a pensare. È ciò che colpisce di più Weil. La sventura è il terribile mistero di ogni esistenza. Ma per gli operai la sventura si raddoppia, perché non sono in grado di articolarla, se non ricorrendo a frasi fatte e a quel gergo asettico che costituisce il grande problema del movimento sindacale. Le rivendicazioni non bastano. Non sono solo i rapporti di produzione a creare la schiavitù, che riaffiora anche dove subentra lo Stato al posto dell’imprenditore. L’errore è credere, come fa Marx, che il progresso possa lenire, o addirittura mutare, la sorte degli operai. Il prodotto del capitalismo è la mortificazione del lavoro. Guardando anche agli effetti della tecnica sulla vita, e a quella che si potrebbe chiamare un’operaizzazione di massa di ogni impiegato, Weil avverte che il lavoro va completamente ripensato. Ed è in fondo questo compito che lascia in eredità. Radicale, appassionata, sincera, intransigente, irriducibile, pronta a qualsiasi sacrificio e refrattaria a ogni compromesso – questo è il ritratto di Simone che emerge dai suoi scritti e dalle testimonianze di chi l’ha conosciuta. Qualcuno potrebbe definirla oggi un’estremista. Potremmo facilmente immaginarla in un centro sociale. Fuori dai partiti, che criticò aspramente, fu vicina alla rivista sindacale «Révolution prolétarienne». Era stata una trotskista tanto critica, da tener testa, in un leggendario scontro, allo stesso Trotsky, accusato di non riconoscere nello Stato sovietico un apparato repressivo. Non sorprende di trovarla nel 1936, durante la guerra civile in Spagna, nella colonna degli anarchici di Buenaventura Durruti. Proprio l’anarchismo sembra oggi uno dei motivi più interessanti della sua riflessione – nessuna romanticheria nostalgica, bensì un’indicazione preziosa in tempi di sovranismo. Weil correva incontro alla storia. Desiderava seguirne i drammi da vicino, proprio nei luoghi dove si stavano compiendo svolte epocale. Fu per ciò che nel 1932, incurante di poter essere, in quanto ebrea, vittima designata, si recò a Berlino. Hitler era ormai a un passo dal potere. Con quel suo stile da giornalista-filosofa, che legge il presente senza rinunciare alla profondità, riconobbe nella tragica sconfitta della sinistra tedesca, divisa e paralizzata, quella sconfitta da cui la sinistra solo a fatica avrebbe potuto riprendersi. L’hitlerismo non era barbarie.

lunedì 23 agosto 2021

Notiziedalbelpaese. 27 «Una Sicilia arraffona, che quando può tende a fottere il turista, di coscienza civile paleolitica».

A lato. "Marina", acquerello (2021) di Anna Fiore.

Le “notiziedalbelpaese” giungono, nell’occasione, dal quasi estremo lembo di esso. Da questa Sicilia, da questo capo Lilibeo che sembra quasi volersi tuffare nel grande mare scintillante d’agosto a fronteggiare la vicinissima, prossima terra d’Africa. Questa Sicilia che, nel bene o nel male, rappresenta la quint’essenza di un paese “sgarrupato” assai e senza grandi prospettive. Una terra che innalza alla nota più alta le storture nazionali che da sole sono riuscite nel miracolo di creare quella “unità” – dalle Alpi al capo Lilibeo per l’appunto - tanto vagheggiata dai cosiddetti “padri” della patria. Ne ha scritto Selvaggia Lucarelli in “Noto, la bellezza nella mondezza. Ma guai a dirlo” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di agosto 2021: È tempo di fare chiarezza, di metterci la faccia”. Il discorso che annuncia la sua candidatura a sindaco di Rosolini è lì, sul mobile della villa da sogno che ho affittato in Sicilia, a ridosso dell’oasi di Vendicari, per le vacanze. Scopro dunque che il mio locatore, Tino Di Rosolini, medico del 118, ex consigliere comunale, è un politico locale di discreta fama. La sua proprietà viene venduta dall’agenzia che fa da intermediaria come una specie di sogno (costa quanto Ronaldo). Inizia così, con le migliori premesse e una carabina trovata sotto un divano (giuro), la peggior vacanza della vita. Intendiamoci, la casa è all’apparenza molto bella. Anche Noto, che vediamo subito in una mattina assolata di fine luglio, ci sembra stupenda. Poi, al calar del sole, quella villa diventa la perfetta metafora di una regione che sembra illuminata da luci a intermittenza: splendente o nera come la pece, nel tempo di un attimo. Giorno dopo giorno, la bellezza sfolgorante del primo sguardo viene inquinata da una serie infinita di problemi della villa che si rivelano poco a poco. Poi iniziano i guasti Enel, quotidiani. Il turismo è massiccio, la rete elettrica è vecchia. Si inizia a rimanere al buio in tanti, in Sicilia. “Accade ogni anno ormai”, mi spiegano in un hotel accanto. “Per questo abbiamo un generatore, i clienti non se ne accorgono”. Noi invece ce ne accorgiamo perché oltre alla luce va via anche l’acqua. La villa dei sogni non ha un allaccio alla rete idrica, ma una trivella.

sabato 21 agosto 2021

Paginedaleggere. 39 «La confusione delle nostre menti è rafforzata da ventennali menzogne».

 

Tratto da “La guerra oscena dei soldi mischiati a valori e sangue” di Barbara Spinelli, pubblicato su «il Fatto Quotidiano» del 20 di agosto 2021: (…). È la più importante, (…). Sapere perché la guerra d’invasione sia stata inutile oltre che nefasta, e come abbia potuto durare 20 anni, mietere tanti morti, non produrre alla fine altro che caos: rispondere a tali domande è cruciale, altrimenti non proveremo che smarrimento di fronte a un conflitto che finisce in modo così catastrofico: ben più catastrofico di quanto avvenne dopo la guerra di 9 anni condotta dall’Urss. (…). Nessun dirigente europeo ha mostrato di voler imparare dalla disfatta, e infatti la parola sconfitta è assente. Fa eccezione Angela Merkel, che ha ammesso errori ma non ha specificato quali, né quando e perché furono commessi: dunque le sue parole restano vacue. In Europa ci si preoccupa giustamente degli afghani traditi, che fuggiranno dal proprio paese. O del peso esercitato dai talebani sul narcotraffico (Roberto Saviano). O delle donne che potrebbero patire persecuzioni. Ma il vero dramma è occultato: la fine di un’Alleanza Atlantica creata per fronteggiare l’Urss ma che nel dopo Guerra fredda non ha saputo far altro che provocare o indirettamente favorire ulteriori guerre, tutte fallimentari: in Afghanistan, Siria, Iraq, Somalia, Libia, Sahel. L’appoggio sistematico agli integralisti più radicali: contro l’Urss in Afghanistan, contro Assad in Siria. L’incapacità di costruire un sistema di sicurezza internazionale che oltrepassi il multilateralismo – la forma gentile dell’atlantismo – e diventi infine multipolare, composto di potenze non omologabili alle idee di civiltà di volta in volta dominanti in occidente. I difensori dei diritti delle donne conducono giuste battaglie ma non sempre in buona fede. Non solo perché la politica dei talebani è ancora incerta, ma perché i diritti sono stati in questo ventennio una conquista nelle grandi città, non nei villaggi. Perché sono migliaia le donne e i bambini morti sotto le bombe Usa. Perché l’Afghanistan, come del resto l’Iraq, non ha mai sopportato le aggressioni, anche liberatrici, dei forestieri. E chissà, forse i talebani, o una parte di essi, hanno imparato dalle ultime guerre più cose di noi. Forse daranno vita a governi più inclusivi delle varie etnie, e a forme di pacificazione con i Paesi limitrofi che scongiurino devastanti guerre civili. La confusione delle nostre menti è rafforzata da ventennali menzogne. Ed è una confusione che persiste perché buona parte delle sinistre e dei commentatori sono figli più o meno consapevoli del pensiero neo-conservatore, del suo falso umanitarismo, delle teorie sullo scontro fatale tra culture.

giovedì 19 agosto 2021

Leggereperché. 98 «Discoteche».

A lato. "Barca con capanno" acquerello (2021) di Anna Fiore.

“Discoteche” è stato scritto da Alessandro Robecchi su “il Fatto Quotidiano” del 19 di agosto dell’anno 2020. In piena “pandemia”, anche se vi era stato il solito – all’italiana – “liberi tutti” di qualche mese prima. E quel “liberi tutti”, a quel tempo, è stato letto ed interpretato nel modo più largo, larghissimo possibile. Anche in quella afosa estate del 2020 non poteva mancare all’appello del bel paese il dibattito sul “problema” basilare – si fa per dire – delle “discoteche”; aprirle o non aprirle, per farci cosa o per non farci qualcosa di altro, che non si determinava – non avendone la voglia, il coraggio o quant’altro attinente ai pubblici uffici - al tempo; poi tutto è filato liscio come ai bei tempi andati. Ha scritto Alessandro Ribecchi:

martedì 17 agosto 2021

Leggereperché. 97 «La decadenza etico-politica della nostra classe dirigente, statale ed economica».

 

Ha lasciato scritto lo scrittore ed infaticabile viaggiatore George Robert Gissing (Wakefield, 22 di novembre dell’anno 1857 – Ispoure, 28 di dicembre dell’anno 1903) in “Sulla riva dello Jonio”: (…). Tutte le colpe degli italiani sono perdonate appena la loro musica risuona sotto il loro cielo. Ci si ricorda di tutto quello che hanno sofferto e di tutto quello che sono riusciti a fare malgrado i torti ricevuti. Razze brute si sono gettate, una dopo l’altra, su questa terra dolce e gloriosa; la sottomissione e la schiavitù sono state, attraverso i secoli, il destino di questo popolo. Dovunque si cammini, si calpesta sempre terreno che è stato inzuppato di sangue. Un dolore immemorabile risuona anche attraverso le eccitanti note della vivacità italiana. È un paese stanco e pieno di rimpianti, che guarda sempre indietro, verso le cose del passato; banale nella vita presente e incapace di sperare sinceramente nel futuro. (…). È legittimo condannare i dirigenti dell’Italia, quelli che s’incaricano di plasmare la sua vita politica e sconsideratamente la caricano di pesi insopportabili. Di seguito “Ponte Morandi se il degrado è anche etico”, riflessione critica ed amara tre giorni dopo la tragedia del ponte “Morandi” (14 di agosto dell’anno 2018) di Nadia Urbinati pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 17 di agosto dell’anno 2018: Il degrado delle infrastrutture che la tragedia di Genova (a quanto pare annunciata e quindi evitabile) ha messo in evidenza è il segno di un degrado etico e ambientale profondo. Sta insieme alla caduta di responsabilità del pubblico rispetto alla cura e alla valorizzazione dei suoi beni, che sono i beni della Repubblica, non di una parte della popolazione, non di uno specifico territorio.  Il viadotto di Genova era parte della rete nazionale di autostrade, di un sistema di comunicazione che è come la spina dorsale del paese, ramificazione che connette le aree e la gente che le abita.  È una componente essenziale del “paesaggio” che insieme al “patrimonio storico e artistico” l'articolo 9 della Costituzione assegna alla Repubblica il “dovere” di “tutelare”.  Degrado etico e ambientale e caduta della responsabilità pubblica e politica verso i beni pubblici sono andati di pari passo. Sono anche l'esito di una politica radicale di privatizzazioni del patrimonio pubblico che dalla fine del secolo scorso ha segnato tutti i governi che si sono succeduti, al di là delle sigle e delle maggioranze. E ha goduto di una legittimità egemonica per l'incontro di due fenomeni concomitanti: la scoperta di tangentopoli e la conversione al liberismo della sinistra post-marxista. In Italia questa sinergia è stata fatale, più radicale negli esiti di quel che è avvenuto in altri paesi, perfino quelli che come la Gran Bretagna hanno guidato la strada alla privatizzazione dello stato sociale. Tangentopoli sembrò giustificare la politica delle privatizzazioni con un argomento che era il perno della retorica thatcheriana e reaganiana: la politica tende a infiltrarsi dove ci sono risorse, togliendo le quali si toglierà incentivo alla corruzione. Meno stato significava meno opportunità di corruzione. In Italia, questo sillogismo ha avuto facile terreno e la lotta contro la partitocrazia sembrò aver trovato qui la sua cura. Si trattava di una retorica facile e popolare nella quale si annidava però una logica a dir poco ipocrita, poiché le privatizzazioni di imprese pubbliche cruciali e dei servizi fu governata dai partiti, che si trovarono ad essere il dominus della strategia gestionale delle privatizzazioni.  Maggiore efficienza delle imprese private e lotta alla corruzione – questo combinato doveva essere l'esito delle privatizzazioni. Il paradosso di fronte al quale ci troviamo – non da oggi, ma che con Genova ha raggiunto livelli tragici sta nel fatto che né l'efficienza né la neutralizzazione delle ragioni della corruzione sono seguite alla massiccia cura del dimagrimento del pubblico. Prendersela con l'Unione Europea, (…), è fuori luogo, anche perché il rinnovo delle concessioni sulle autostrade è avvenuto senza passare per una gara pubblica, ragione per cui nel 2017 la Commissione ha denunciato l'Italia alla Corte di giustizia Ue per aver violato le leggi europee sulla concorrenza. La questione è molto nostrana e mette in primo piano la decadenza etico-politica della nostra classe dirigente, statale ed economica. Controlli laschi o colpevolmente poco monitorati, persistenza di rapporti opachi in una pletora di agenzie e responsabilità che lasciano aperti ampi varchi alla corruzione: tutto questo impone di rivedere il rapporto tra pubblico e privato, per restituire al pubblico una funzione direttiva e di controllo diretto.

lunedì 16 agosto 2021

Paginedaleggere. 38 «Entriamo disarmati e inconsapevoli nell'era sconosciuta dell'egolibertà».

 

A lato. "Mongolfiere", acquerello (2021) di Anna Fiore.

Tratto da “L’era dell’egolibertà” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 19 di luglio 2021: Ogni volta che l'ideologia prende possesso di una parola, mutandola in bandiera, la deforma mentre la santifica. Sta capitando esattamente questo al concetto di libertà. È la formula base della democrazia liberale, il principio costitutivo della civiltà costituzionale su cui si appoggiano i diritti di ognuno, gli obblighi reciproci, la rete di riconoscimento e il sistema di garanzie che ci scambiamo costantemente in quella comunità politica chiamata società.

domenica 15 agosto 2021

Paginedaleggere. 37 Myrhiàm di Nazareth: «non è possibile innalzare gli umili senza abbattere i potenti dai loro troni».

 

A lato. "Maria" di Leonardo da Vinci.

Dal “Magnificat”, ovvero il “Cantico di Maria”: 

“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia

si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

(…)”.

sabato 14 agosto 2021

Virusememorie. 76 «Ci sono enormi capitali, enormi interessi, che spingono perché l’umanità venga sempre meno».

 

“Dopo il Covid, quanta umanità è rimasta in noi?”, intervista di Domenico Guarino al teologo Vito Mancuso letta – su cortese segnalazione dell’amica Agnese A. – sul sito https://luce.lanazione.it del 2 di luglio 2021: (…). Quello che stiamo vivendo è un periodo particolarmente fecondo e ci mette di fronte a domande di straordinaria importanza che hanno a che fare con la dimensione stessa dell’uomo: la vita, la morte, l’universo. Secondo lei cosa ci sta insegnando?

martedì 10 agosto 2021

Cronachebarbare. 98 Flaiano: “Nel nostro paese la forma più comune di imprudenza è quella di ridere, ritenendole assurde, delle cose che poi avverranno”.

 

Le “cronache” che seguono, a firma di Alessandro Robecchi, sono state riportate su “il Fatto Quotidiano” del 10 di agosto dell’anno 2019 con il titolo “Madovecazzosiamo Beach: la bella estate di Salvini, Renzi & C”.

lunedì 9 agosto 2021

Notiziedealbelpaese. 26 «La verità è che De Donno se l’erano dimenticato anche i No-vax».

Giorni addietro quei fantasticoni di ambo i sessi dei No-vax avevano tirato dalla loro parte senza un consenso dell’interessato – come un “santo” loro protettore, ovvero vessillo delle loro battaglie di prima delle ferie agostane – financo la tragica figura del dottor Giuseppe De Donno. Giuseppe De Donno, chi? Come dire “tirare per la giacchetta” qualcuno a sua insaputa. Sgradevole assai.

sabato 7 agosto 2021

Cronachebarbare. 97 Il “Betulla”. «Ora è “consigliere giuridico” dei Migliori».

 

Tratto da “Un Betulla è per sempre” di Marco Travaglio pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 6 di agosto 2021: L’arruolamento di Renato Farina nello staff del ministro Renato Brunetta in qualità nientemeno che di “consulente giuridico” è un segnale incoraggiante per almeno tre motivi.

mercoledì 4 agosto 2021

Notiziedalbelpaese. 24 «Continuiamo a non capire che noi su questo pianeta siamo il sasso, non l’acquario».

Ha scritto Leonardo Caffo in “Dopo il Covid-19” – “nottetempo” editrice (2020) -: La società umana maggioritaria, avendo ignorato il. tema della fragilità sotto ogni suo aspetto, si trova ora a contrastare un virus: un confronto che potrebbe perdere se si agirà solo contro gli effetti (virus) e non contro le cause (le condizioni di possibilità del virus). Questo tipo di società potrà sopravvivere, magari trovando nel giro di qualche mese un vaccino a richiamo periodico o cambiando radicalmente le regole della socialità (per esempio con quarantene cicliche), oppure crollare definitivamente: l’ovvietà è che sopravvivere o crollare sono due movimenti molto simili, allo stato attuale delle cose. Se sopravvive adesso, crollerà alla prossima epidemia o crisi ecologica, se crolla subito potrà invece intavolare immediatamente un nuovo paradigma di costruzione della convivenza tra l’Homo Sapiens e il pianeta. Tratto da “Spenti gli incendi, non andrà tutto bene” di Michela Murgia, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del primo di agosto 2021: Nei giorni terribili degli incendi sardi, tra le cronache della devastazione paesaggistica e i tentativi di dare un senso al dolo dei piromani, ha trovato posto anche una polemica, apparentemente minima, scaturita da un’intervista di Concita De Gregorio al capo della protezione civile Curcio. Durante la trasmissione “In onda” la giornalista ha posto tra le altre una questione che a moltə è sembrata indelicata: «C’è un pericolo concreto per le persone che sono o si apprestano ad andare in villeggiatura in Sardegna?». Al di là dell’ovvietà del fatto che i turisti, esattamente come i sardi, non sono ignifughi, la domanda era giornalisticamente dovuta: se una famiglia lombarda ha risparmiato tutto l’anno per godere di dieci giorni di vacanza in Sardegna dopo quasi due anni di paralisi da pandemia, sapere se può andarci o meno è senza dubbio una notizia, per quanto possa sembrare cinico preoccuparsene proprio mentre sull’isola si contano migliaia di sfollatə dal fuoco e danni al paesaggio che richiederanno decenni per risanarsi. La riflessione da fare però va oltre l’apparente brutalità della domanda e include anche la risposta del capo della protezione civile Curcio, se possibile ancora più rivelatoria: «Migliaia di ettari di una terra bellissima sono bruciati, ma io non credo che quello che è successo debba assolutamente influire con il turismo».

lunedì 2 agosto 2021

Notiziedalbelpaese. 23 «È il no vax che impone alla comunità la sua scelta, non viceversa».

 

Ha scritto Michele Serra in “Il rovesciamento delle ragioni” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 23 di luglio 2021: Che insegnanti, medici e infermieri debbano essere vaccinati contro il Covid (se non per eccezionali e comprovate ragioni di salute) è talmente ovvio che non si riesce a credere che sia in atto una discussione in materia.