“La propaganda degli 007 per la guerra mondiale”, testo di Elena Basile pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 10 di marzo 2024: (…). …Emmanuel Todd (…) nel suo bellissimo libro La defaite de l’Occident si domanda come sia possibile che l’intelligence occidentale abbia preso un abbaglio cosìī grande con la Russia, assecondando una politica di sanzioni economiche e una graduale discesa in guerra militare della Nato al fianco dell’Ucraina, nel presupposto che in pochi mesi Putin sarebbe caduto e gli occidentali avrebbero avuto a Mosca un governo più debole e malleabile per le loro mire espansionistiche. Bastava guardare ai dati economici per capire che dal 2000 al 2017 la Russia si era trasformata e aveva aumentato la sua forza economica e politico militare. Bastava, secondo Todd, guardare agli indici come le morti da alcolismo per comprendere il progresso reale della società russa. Bastava essere consapevoli che la mortalità infantile in Russia è inferiore a quella statunitense o che la percentuale di ingegneri russi (proporzionalmente alla popolazione) è superiore a quella americana, per modulare la nostra strategia verso Mosca e non prendere una simile batosta in pieno viso. (…). …di fatto, con una politica poco dignitosa e incapace di seguire i veri interessi europei e italiani, stiamo obbedendo al diktat degli Usa, basato sui loro interessi concreti. Appoggiamo la visione patologica che ha portato alla disintermediazione tra capitale e politica. La globalizzazione termina e saranno gli interessi politici americani a indicare se possiamo collaborare con Mosca e Pechino anche se commerci e investimenti con gli emergenti e il Sud globale sono un’opportunità di sviluppo economico e di pace. L’intelligence ci dice inoltre che dobbiamo difenderci dalla disinformazione russa, una guerra ibrida che influenza le prossime elezioni in ben 76 Paesi. Ci sarebbe da ridere se questa propaganda di guerra non fosse foriera dei mostri che si avvicinano. I turisti della storia ci stanno portando alla terza guerra mondiale mentre noi riempiamo ignari i ristoranti e consumiamo contenti, sicuri che il nostro benessere non possa finire grazie alle azioni scellerate di incompetenti al potere. L’intelligence ovviamente non ha posizioni autonome, ma fa copia-e-incolla dei rapporti dell’intelligence Nato e Ue. Il Parlamento europeo che vota compatto che la Russia è uno “Stato terrorista”. Josep Borrell, l’alto rappresentante Ue per gli affari esteri che su Gaza sembra folgorato sulla via di Damasco, ha difeso la chiusura dei canali d’informazione russi in Europa e a chi gli chiedeva se la censura non fosse contraddittoria per le democrazie liberali non ha risposto nulla. L’Europa è ormai in preda al maccartismo. Bolla unilateralmente la disinformazione russa senza accorgersi che l’Ucraina, gli Usa e la Nato sono altrettante fonti di propaganda. Stiamo gradualmente abbandonando la democrazia liberale. I propositi terrificanti dell’intelligence di punire gli agenti di disinformazione e l’indecente passività della premier di fronte a Zelensky che parla di “troppi filoputiniani in Italia” ci fanno temere tempi cupi. Caro Zelensky, l’Italia non è in guerra. La Costituzione ci protegge. Siamo una democrazia. In Ucraina lei ha abolito l’opposizione e manda in prigione i dissenzienti, come in Russia. A Roma possiamo ancora esprimere il nostro pensiero e giudicare liberamente le relazioni internazionali. Secondo molti in Italia, lei ha svenduto il suo Paese agli interessi angloamericani. Dovrebbe invece pensare al suo popolo, scegliere la mediazione, la neutralità, le riforme democratiche e avvicinarsi all’Europa senza confliggere con gli interessi del suo grande vicino. Sfugga all’abbraccio mortale di BlackRock che ha il volto di Biden e delle altre marionette che portano il suo Paese e l’Europa alla distruzione. Dopo le fughe in avanti di Macron, che ha rivelato come il tabù no boots on the ground (niente stivali, cioè truppe sul terreno) stia venendo meno, è chiaro che se continueremo a votare per queste classi dirigenti andremo inesorabilmente verso la terza guerra mondiale. Dobbiamo scegliere: o noi e la certezza di sopravvivenza del genere umano, oppure loro e il rischio nucleare.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
lunedì 1 aprile 2024
CosedalMondo. 13 Alessandro Robecchi: «La guerra è un affare di ricchi e ricchissimi che pagheranno i poveri».
Ha scritto Alessandro Robecchi in “Unire i puntini. Frigo vuoto e cannoni
pieni: salgono i poveri, cresce la guerra” pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 27 di marzo 2024: (…). Puntuale come le cambiali, (…), ecco il
rapporto Istat che fotografa l’Italia del 2023, un disastro. Il 9,8 per cento
degli italiani vive sotto o al limite della soglia di povertà, cioè fatica a
procurarsi beni essenziali (era il 9,7 nel 2022, era il 6,9 nel 2014, dieci
anni fa). Diventano più poveri anche gli occupati, l’8,2 per cento combatte con
il frigo vuoto pur avendo un lavoro, precario, o malpagato, o ridotto in ore e
diritti. Quasi un milione di famiglie (944.000) si collocano sotto la soglia di
povertà pur avendo un lavoratore dipendente al loro interno, quei lavoratori
che la leggenda italiana vuole più protetti e garantiti, una leggenda, appunto.
Si potrebbe continuare per ore, le statistiche sono fonte inesauribile di
paragoni, confronti, misurazioni, ma naturalmente non è lì la verità. La verità
si può trovare forse nelle facce, nelle vite, nelle storie di fatica quotidiana
che fanno donne e uomini sottoposti a questa privazione costante e continua di
bisogni e desideri, a questa ingiustizia. Se volete unire i puntini, potete
farlo agevolmente: tracciate una linea dritta tra l’abolizione dell’unica
misura a sostegno dei “poveri” – il reddito di cittadinanza abolito dal governo
Meloni – e i dati sui nuovi poveri, quelli che per anni furono accusati e
sbeffeggiati, insultati e derisi perché erano “fannulloni sul divano”. O, se
volete un’altra linea dritta, tracciatela tra i poveracci che non possono
riempire il frigorifero e gli extraprofitti delle banche (più 80 per cento nel
2023) che si dovevano tassare e poi non se n’è fatto niente, perché le banche
hanno una lobby forte, e i poveri no. Poi ci sono altri puntini da unire,
apparentemente più lontani, quelli del vento di guerra che spira tutto intorno
a noi. E se andate a vedere da vicino è una faccenda che intreccia geopolitica
e finanza, geopolitica e economia, poteri forti e fortissimi, lobby danarose e
miliardarie, apparati industriali, politici che di quegli apparati industriali
sono solerti camerieri e servitori benemeriti. Chi vuole mandare truppe,
comprare più armi, aumentare le spese militari – parlo dei politici, ma anche
dell’informazione – è ascrivibile al sistema delle élite. L’Europa – parlandone
da viva – che auspica (testuale) “un’economia di guerra” è a loro che pensa e
si rivolge, non a quei numeri delle statistiche che faticano a mettere insieme
il pranzo con la cena. Perché la guerra è un affare di
ricchi e ricchissimi che pagheranno i poveri. Qui, in Ucraina, in Russia e
ovunque. Lo diceva Bertold Brecht, ed è passato quasi un secolo, e i puntini
sono ancora tutti lì, praticamente uguali, vergognosamente uguali, bisognerebbe
unirli.
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