"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 30 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 50 «"Il popolo" evocato dal più fetido dei capitalismi».


Tratto da “La paciosità del Male” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale L'Espresso del 30 di settembre dell’anno 2018: L'urgenza securitaria brandita mentre i reati calano. E "il popolo" evocato dal più fetido dei capitalismi. Come in un libro di Orwell. Si potrebbe, si dovrebbe rovesciare l'antico lamento di un grande poeta, andando a ripeterne le parole a ogni italiana, a ogni italiano, scuotendoli uno per uno, per sessanta milioni di volte: "O mio popolo, che cosa hai fatto?". Il Mercoledì delle ceneri di Eliot sembra però inapplicabile a questa landa desolata di umanità, che il 24 settembre scorso ha assistito al ripristino di una legge razziale, tronfiamente personalizzata sotto il nome del ministro degli interni, a cui di interiorità è rimasto poco o nulla. Si tratta del "decreto legge su immigrazione e sicurezza" - e già questo suona pericoloso, come se l'immigrazione fosse nella sua generalità un problema di cupa e minacciosa illegalità, anziché una zona della nostra vita civile in cui intervenire, proprio per evitare che si intacchino le garanzie fondamentali a protezione di ogni persona. Politicamente parlando, si vorrebbe che l'istituzione di una legge tanto crudele fosse un peccato imperdonabile. La sua codifica probabilmente consoliderà la schiavitù in Italia, ma darebbe una scossa all'intera democrazia, se ancora si fosse in una nazione che si autointerpreta come democratica. Moralmente parlando, pare che una parte della luce umana si chiami fuori dalla causa dei milioni di supporter governativi e che le nozioni di giustizia e ingiustizia siano in questo modo nascoste nell'oscurità, aspettando il giorno in cui si vedrà che l'assassinio commesso ai danni dell'emancipazione è stato perpetrato nel nome stesso della libertà.

domenica 29 settembre 2019

Cosedaleggere. 04 «“Sentinella, a che punto è la notte?” (Is 21,11)».


Tratto da “A che punto è la notte?” di Enzo Bianchi pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 21 di settembre 2019: La vita di ciascuno di noi inizia nella notte del grembo materno, dove il nostro essere si sviluppa fino al giorno in cui “viene alla luce”.

sabato 28 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 49 «La sinistra è nella merda, non riesce a parlare la lingua del Game».


Dalla premessa dell’Autore: “La mia chiacchierata con Alessandro Baricco sul suo ultimo libro, The Game, ha un prologo piuttosto divertente. (...). Il prologo è questo: trovandoci in città diverse, e parecchio lontane, avevamo concordato un collegamento Skype. Ma per l'insipienza tecnologica di uno di noi due (il fair play impone di non fare nomi), il collegamento non ha potuto avere luogo, e abbiamo dovuto arrangiarci con il telefono. Bene. Questo piccolo incidente, a parte l'inevitabile buon umore di entrambi, e le battute (reciproche) sull'anacronismo delle nostre povere persone, ha decisamente favorito l'avvio della nostra conversazione”. Tratto da “Vi dico io a che game stiamo giocando” di Michele Serra, “chiacchierata con Alessandro Baricco” pubblicata sul settimanale “il Venerdì” del quotidiano la Repubblica del 28 di settembre dell’anno 2018: Leggendo il tuo libro ho capito, a proposito della rete, parecchie cose che non avevo messo bene a fuoco. A partire dal tuo invito a "ribaltare" la lettura del fenomeno: non bisogna chiedersi quale tipo di umanità sarà forgiata da Google. Bisogna chiedersi, al contrario, quale tipo di umanità ha creato Google, e perché lo ha fatto. Per quali bisogni. Per fuggire da che cosa, e per andare in quale direzione. Per dimostrare la tua tesi storicizzi, analizzi, metti in relazione eventi e date. E dunque, se posso permettermi, ci voleva proprio un intellettuale novecentesco, non un nativo digitale, per mettere in fila gli eventi e ragionarci sopra. Voglio dire: ci vuole profondità e ci vuole tempo, per raccontare l'Evo della Superficie e della Velocità. "Il Game (è questa la definizione, molto centrata e perfino filologica, che Baricco dà del web e dell'umanità che lo abita, a partire dalla sua documentata genesi, ndr) non ha prodotto istruzioni per l'uso, una saggistica, un pensiero articolato. Ma non perché sia scemo. Perché è già tutto scritto nei tool (strumenti) e nei device (dispositivi). È una rivoluzione progettata da ingegneri, non da umanisti. Il codice del Game è scritto, ma in una forma molto differente dall'autodescrizione novecentesca. Magari, ecco, può tornare utile che persone con un Dna vecchio, come me, provino a mettere a disposizione un linguaggio misto, di transizione. (…)".

venerdì 27 settembre 2019

Cosedaleggere. 03 «Il grande pensiero spirituale è l’evoluzione del mondo minerale, vegetale, animale».


A lato. Leila e Sebastiao Salgado.

Tratto da “Spegnere i giorni del fuoco”, intervista di Anais Ginori a Sebastiao Salgado pubblicata sul settimanale Robinson del quotidiano la Repubblica il 14 di settembre 2019:

mercoledì 25 settembre 2019

Cosedaleggere. 02 «La libertà non è vista come bene ma rischio da tenere sotto controllo".


Stefano Rodotà concedeva il 23 di settembre dell’anno 2016 una intervista a Simonetta Fiori del quotidiano la Repubblica, intervista che appariva su quel quotidiano con il titolo "Solo la battaglia per la dignità può salvare la democrazia". L’intervista era stata pensata in occasione del “Festival del Diritto” al quale l’indimenticabile giurista aveva dato la Sua partecipazione. A quella importante assise Stefano Rodotà non potette partecipare poiché convalescente. Sarebbe mancato il 23 di giugno dell’anno 2017. (…). Perché oggi si parla molto di dignità? "È la parola che evoca direttamente l'umano, il rispetto della persona nella sua integrità. Ed è ancora più immediata di parole storiche come eguaglianza, libertà, fraternità. C'è una bellissima frase scritta da Primo Levi: per vivere occorre un'identità, ossia una dignità. Senza dignità l'identità è povera, diventa ambigua, può essere manipolata".

martedì 24 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 48 «Mms, email e social trasformano le nostre vite in un'infinita carrellata di diapositive».


Il mio personale “calendario” mi offre l’occasione per scrivere delle diapositive. In verità lo devo a Giacomo Papi che il 24 di settembre dell’anno 2011 pubblicava sul settimanale D un “pezzo” che ha per titolo “Le diapositive”, per l’appunto.

lunedì 23 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 47 «La menzogna viene elevata a ordine del mondo!»


Tratto da “Così si spegne la Chiesa” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale L'Espresso del 23 di settembre dell’anno 2018: Impressioni di settembre in una piccola chiesa alla periferia est di Milano. Fuori infuria una pioggia pesante, tropicale. Il sacerdote ha appena iniziato l’omelia. I banchi sono occupati da rari fedeli: qualche anziano e, sorprendentemente, una giovane madre che cerca di chetare il figlio piccino, poco più di un anno, che esplode in un pianto strepitante. Non smette di singhiozzare. La madre accenna ad alzarsi, a uscire, per non disturbare la messa. Il prete la ferma, interrompe la predica: «Lasciamo parlare la voce di Dio: è questo pianto». Siamo rimasti minuti così, in silenzio, ad ascoltare i vagiti, nel tempio semivuoto. Quei singulti piccini, in quella desertificazione della messa, ho potuto intercettarli perché da giorni avevo incominciato a girare per le chiese milanesi: per verificarne i vuoti. Le ho scrutate come ventri cavi, ruderi attivi e spazialmente imponenti, proposte di immortalità andate deluse. Mi sono messo a turbinare per templi cristiani, dopo avere accusato uno choc antropologico, durante un incontro in un liceo.

domenica 22 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 46 «Mi chiamo Gertrude Pasqualetto, a 15 anni sono entrata in filanda».


Tratto da “Il lavoro misurato in ore” di Giacomo Papi pubblicato sul settimanale D del 22 di settembre dell’anno 2012: "Mi chiamo Gertrude Pasqualetto. Nel 1937, a 15 anni, sono entrata in filanda. Mio papà non voleva, diceva che era meglio se aiutavo la mamma, ma le mie amiche eran tutte lì. Per me era una festa. Prima di andar dentro, nel porticato, se cantava tanto tanto e se ballava. Ma anche dentro era un coro, tutte 'ste ragazze e 'ste donne in quella sala lunga che cantavan Faccetta nera e le canzoni della radio...". La filanda Romanin-Jacur di Salzano, Venezia, fu costruita nel 1872 da una famiglia ebrea padovana, e fu chiusa dalle leggi razziali e dalla guerra. Era all'avanguardia. Smise di produrre per sempre negli anni Cinquanta. "Eravamo 150 donne suppergiù", ricorda Gertrude, "e c'eran solo tre uomini, el diretòr, el machinista e el foghista. Io facevo la filatrice sulla bacinella dove c'erano i bozzoli, a quintali". Le filande furono le prime fabbriche ad attirare le donne fuori di casa, al lavoro, furono i laboratori in cui l'agricoltura diventò fabbrica, il raccolto salario, e il tempo vecchio, ciclico e lento, scandito da ombre solari, fasi lunari e stagioni, fu colonizzato, misurato spezzato scandito ritmato, in modo che la quantità di merce prodotta in ogni singola unità di tempo potesse essere verificabile e si sapesse, sempre, se si stava lavorando abbastanza. I canti, si sa, servono anche a non perdere il ritmo. "Sì, c'era l'orologio là in sala", ricorda Gertrude, "e la campana, "la cuca", ma non mi ricordo bene dei tempi. So solo che ero sempre l'ultima a entrare". Un libretto del Ministero dell'Agricoltura e Commercio del 1901 - Statistica degli scioperi nell'anno 1899 - elenca proteste ovunque, quell'anno, di donne in filanda. A Piazzola sul Brenta, ad Arzignano, perfino nell'impianto modello Romanin-Jacur: "Un giorno siamo rimaste a casa anche noi", ricorda Gertrude. I padroni cedevano quasi sempre. E cedevano subito. Ma perdevano le battaglie per vincere la guerra, una guerra non dichiarata, soltanto intuita: la guerra del tempo. Quella grazie a cui si affermò un principio che ci grava ancora addosso, come un anacronistico padrone interiorizzato. È l'idea per cui il lavoro debba essere non soltanto pesabile, ma anche cronometrabile. C'è un appunto di Gafyn Llawgoch, l'anarchico gallese che dice: "La fabbrica è una macchina del tempo". Significa che l'industria mise a punto l'equazione tra tempo e fatica. Che aveva senso per bachi e bulloni. (…).

sabato 21 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 45 «Qui spararono alla Vittoria, perché non voleva camminare, era paralitica...».


La storiografia corrente sostiene che il primo eccidio per mano nazi-fascista sia accaduto a Boves (Cuneo) il 19 di settembre dell’anno 1943. Fu un massacro infame di civili innocenti compiuto come rappresaglia che si ripetette poi tra il 31 di dicembre ed il 3 di gennaio dell’anno 1944. Il 21 di settembre dell’anno 2014 il quotidiano la Repubblica pubblicava – a firma di Michele Smargiassi, “Ritorno a Marzabotto” – la “memoria” di un’altra strage nazi-fascista avvenuta a Marzabotto (in Emilia) tra il 29 di settembre ed il ‎5 di ottobre dell’anno 1944. Si contarono ‎1830 morti innocenti: «E tu, quanti?». Come ogni anno davanti a questo altare sbrecciato ci si rinfresca la memoria: «Io cinque, e tu?», «Io sette». Non sono i figli. Neppure i nipoti. Sono i morti ammazzati. I passi di Tina van da soli, fra questi ruderi. Da settanta dei suoi ottantasei anni viene a trovarli, i suoi fantasmi, su questo calvario di  settecentosettanta cristi in croce che si chiama Monte Sole, nome splendente di una storia buia. Gli italiani la conoscono, ammesso che la ricordino ancora, come “la strage di Marzabotto”, ma a Marzabotto non accadde quasi niente, quel 29 settembre 1944. «Marzabotto è il paese dove ogni anno mettono i banchi della mortadella e i politici pronunciano il loro bla-bla di circostanza», mormora Tina, «i nostri morti sono quassù». Passeggiamo sullo sterrato verso Casaglia. Sui pendii galleggiano i ruderi di sasso delle case bruciate, delle chiese fatte esplodere coi fedeli dentro. «La nostra Pompei», scrive un vecchio partigiano, Francesco Berti Arnoaldi. Com’è vero. Una colata di lava sanguigna seppellì tutto, qui, lasciando la pace disabitata delle pietre. «Ecco, qui spararono alla Vittoria, perché non voleva camminare, era paralitica... Questa croce di ferro... Qui fucilarono don Ubaldo Marchionni». Sull’altare, come Thomas Becket. Aveva appena ingoiato tutte le ostie consacrate, per proteggere col suo corpo almeno Cristo. Un cagnolino da tartufi guizza da chissà dove, cerca il padrone. «Qualcosa di vivo, finalmente... Solo le lumache fanno compagnia ai morti». Furono centoquindici massacri che in una settimana fecero il grande massacro. È un trekking, oggi, il golgota dei contadini. Prendi la mappa giù al centro visitatori, tra boyscout in gita e famigliole al picnic, calchi i passi delle SS di Walter Reder, 16esima Panzergrenadier-Division, vieni su dalla valle del Setta o da quella del Reno, su su fino al crinale, e ogni cento passi trovi una lapide, una croce. «Qui sono morti tre dei miei cinque: zia Maria, le cugine Dirce e Marisa».

venerdì 20 settembre 2019

Uominiedio. 26 «Il peccato e la speranza».


Ha scritto Umberto Galimberti in “Non diamo a Dio la colpa per i nostri peccati” (trascritto nel post di ieri): (…). ...talvolta la fede può distruggere la morale, alla base della quale c'è sempre e in ogni caso l'assunzione di responsabilità nei confronti delle proprie azioni e/o omissioni. Ha scritto la carissima amica Agnese A. a commento di quel post: La coscienza morale serve all'uomo per scoprire ciò che è giusto e buono fare nella realtà concreta della vita e serve soprattutto per compiere scelte che gli permettano di rimanere in pace con se stesso. La coscienza retta è la massima sicurezza per essere fedeli alla vita morale. Mi appresto ad addentrarmi in una disputa vecchia come il mondo: del peccato e del reato. Discussione ostica assai, da far tremare le vene ed i polsi.

giovedì 19 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 44 «La responsabilità di scegliere il bene».


Tratto da “Non diamo a Dio la colpa per i nostri peccati” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale D del 19 di settembre dell’anno 2015: È sempre degli uomini, la responsabilità di scegliere il bene. E obbedire alla propria fede a costo di fare il male, significa tradirla. (…). ...talvolta la fede può distruggere la morale, alla base della quale c'è sempre e in ogni caso l'assunzione di responsabilità nei confronti delle proprie azioni e/o omissioni. Ma per capirlo occorre desacralizzare la morale e intenderla per quello che è: un sistema di regole che una comunità si dà per ridurre al massimo la conflittualità.

mercoledì 18 settembre 2019

Ifattinprima. 09 «Il salvinismo intrinseco di Matteo Renzi».


Scrive Ezio Mauro – in “L’ossessione del comando”, oggi sul quotidiano la Repubblica - nel tratteggiare la figura del “chiagne e fotte” di Rignano sull’Arno: (…). In un paesaggio nazionale in cui tutti i partiti sono nati mercoledì scorso, le culture politiche non hanno tempo di attecchire e nessun disegno di società dura così a lungo da essere condiviso al punto da formare una comunità. Il campo parlamentare sembra un brefotrofio, senza padri capaci di testimoniare la vicenda repubblicana nel suo divenire, privo di lari e penati, dunque di tradizioni e di storia. Non è dunque uno scandalo che nasca un nuovo partito, e tantomeno è una sorpresa il partito di Renzi, dopo l'ultima fase di convivenza nel Pd da separati in casa.

martedì 17 settembre 2019

Ifattinprima. 08 «Renzi rappresenta una forma provinciale e meno competente del berlusconismo».


Il “fatto” politico del giorno è, ovviamente, uno solo: l’abbandono del Pd da parte dell’uomo di Rignano sull’Arno e della sua schiatta. Me ne dava notizia stamane - come notizia allarmante - M. C. Le ho potuto solamente rispondere: “ora siamo pari. Arrivato lui nel PD ne sono uscito io”. Personalmente un pareggio, per l’appunto. Spariscono così dalle cronache e Conte e Salvini. L’uomo ha riconquistato le televisioni e le prime pagine. Continua a fare il suo mestieraccio. Quale? L’intrattenitore. Di quel mestierante ne ha tratteggiato un’immagine esaustiva Luca Bottura in “Matteo Renzi intrattenitore completo” sul settimanale L’Espresso del 28 di ottobre dell’anno 2018: “Un pensiero a chi pensa che il problema della sinistra è il mio carattere” (immagini di folla plaudente). Non fosse per il congiuntivo dalemiano, e per quella parola sostanzialmente estinta, sinistra, sarebbe difficile distinguere questo tweet da uno di Salvini. Mancano solo i bacioni. Invece, naturalmente, è figlio del senatore semplice di Rignano. Il cui storytelling, replicato a valanga dai fan social, che si muovono a stormi proprio come quelli governativi, è esattamente questo: criticavate Renzi solo perché non vi stava simpatico, ora beccatevi i giallobruni. Personalmente trovo Matteo Renzi simpaticissimo. Ancor di più da quando si è messo a fare il mio mestiere, cioè compitare battute più o meno sapide (“più” sono le sue, “meno” sono le mie) che illuminano questa surreale notte della Seconda Repubblica. Il talk show della Leopolda, a proposito di recensioni, era perfetto: scenografia, tempi, ospiti. Insulti, anche. Testi comici, pure. Scritti, recitati, isolati in brevi clip di ritwittare a nastro dal proprio account ufficiale: “Come si fa a criticare la Francia proprio nell’anno in cui hanno vinto i Mondiali e noi non ci siamo neanche qualificati?”. Un trampolino di lancio che verosimilmente porterà, nel giro di qualche mese, alla resurrezione politica del cosiddetto Giglio magico. Perché l’italiano, si sa, è un popolo fatto a mareggiata. Prima o poi rifluisce alla ricerca di rive conosciute. Specie se, ed è il caso in oggetto, la spiaggia si è allungata di chilometri per effetto dell’imminente tsunami provocato dal circo Conte. Proprio per questo, perché Renzi è simpatico, e perché dice una cosa platealmente non vera (non si perde il 22 per cento per colpa del carattere: e chi sei? Andrej Cikatilo?) che mi pregerei, ove concesso, di spiegare perché alcuni di noi - e manco so chi siamo noi, giuro - covano nel 2018 alcune perplessità che erano tali anche nel 2017. E nel 2016. E nel 2015. Più o meno quando qualcuno cominciò a significare che il Pd andava a sbattere, molto prima che accadesse e che gli incidentati dessero la colpa ai sensori di parcheggio. Del linguaggio ho scritto. Gufi e rosiconi è un copyright renziano. Salvini l’ha affinato a colpi di clava. Ma presentarsi come l’alternativa sorridente al cupore degli altri e additare i diversi pareri come frutto di invidia o della volontà di menar gramo è: 1) Diseducativo. 2) Porta acqua al mulino dell’aggressività altrui. Dei temi affrontati aggiungo ora.

lunedì 16 settembre 2019

Cronachebarbare. 70 «Storditi dall’intrattenimento, siamo protetti».

Scrive Chiara Valerio in “Protezione”, pubblicato sul settimanale L’Espresso del primo di settembre 2019: “Storditi dall’intrattenimento, siamo protetti. Ecco io penso che l’unica difesa alla dittatura dell’intrattenimento – perché di questo si tratta, dittatura – sia la lettura. Il lettore, come chi studia, è capace di, è esercitato a, stare da solo. Chi sta da solo è politicamente complesso perché appunto non deve essere intrattenuto, e non può essere la malta del cunicolo dell’intrattenimento. Chi sa stare da solo si intrattiene da solo, con i propri modi e i propri tempi, sfugge alla dittatura. L’intrattenimento di Stato, al quale per esempio abbiamo assistito durante tutto il mese di agosto, è una violenta forma di negazione del tempo, dunque di costrizione, dunque un altro tassello della tana nella quale non si può fare altro che temere e morire”.

sabato 14 settembre 2019

Cosedaleggere. 01 «Così è iniziato il capitalismo di sorveglianza».


Tratto da "Lotto perché Internet torni di nuovo libero. Zuckerberg? Si pentirà", colloquio di Roberto Saviano con Edward Snowden pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 13 di settembre 2019:  (…). Saviano. Edward, quindi non c'è modo di difendere la propria privacy? "Non puoi pensare che non ti interessa la privacy perché non hai nulla da nascondere, sarebbe come dire che non ti interessa la libertà di stampa perché non ti piace leggere o che non ti importa della libertà di culto perché non credi in Dio. La privacy è l'espressione individuale di un diritto collettivo. Ma quando costruiscono un sistema che cataloga, immagazzina, sfrutta gli scambi tra esseri umani, per usarli contro di noi, devi stare in guardia e chiederti: e ora cosa ci succederà? (…).

venerdì 13 settembre 2019

Ifattinprima. 07 «Il potere che vuole superare i suoi limiti è autoritarismo».


Tratto da “Che cosa resta dei pieni poteri” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 12 di settembre 2019: (…). …indubbiamente c'è qualcosa di epico nell'uomo che costruisce con le sue stesse mani la sua sfortuna, rovesciando il breve ciclo della storia di cui è protagonista, fino a passare dalla gloria alla tragedia. E lo fa - questo è il punto - perché è dominato dalla passione per il comando, fino a trasformarlo in un totem da conquistare nella sua integralità, simboli e sostanza compresi.

giovedì 12 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 43 «L'identità è un dono che ci fanno gli altri».

Ha scritto Umberto Galimberti in “Sei tu a dirmi chi sono io”, pubblicato sul settimanale D del 12 di settembre dell’anno 2015: Nessuno di noi nasce con un'identità, perché l'identità è frutto del riconoscimento che ci proviene da chi ci è accanto, quindi è un fatto sociale. In un mio filmato dell’anno 2018 realizzato in occasione dei festeggiamenti per i “primi” settanta anni di A.P. ho scritto in una didascalia: “Siamo come gli altri ci aiutano a divenire”. Lo scritto di Umberto Galimberti ha preceduto la mia didascalia; ché quello scritto, di un triennio indietro, abbia ispirato il contenuto della mia didascalia? Scrive oltre Umberto Galimberti: (…). …l'identità è un dono che ci fanno gli altri. Noi non nasciamo con un'identità, ma la acquisiamo dalle relazioni con gli altri che ci approvano e ci confermano nel nostro modo di vivere, oppure ci disapprovano insinuandoci dubbi circa il nostro modo di essere, inducendoci a modificarlo. Ma per comprendere queste cose è necessario capire e soprattutto interiorizzare che il due viene prima dell'uno, perché a generare l'uno è il due. Lo sanno benissimo le donne, più dei maschi, perché il loro corpo, sia che generino sia che non generino, è ordinato biologicamente e psicologicamente anche per l'altro da sé, per cui la relazione viene tendenzialmente prima della loro identità che, in generale, trovano nella relazione. Questo spiega perché le donne tendenzialmente desiderano generare e sono propense, più dei maschi, ad accudire. Ma questo spiega anche perché le donne solitamente esprimono la loro sessualità a partire dalla relazione, mentre i maschi non disdegnano di esprimerla anche a prescindere. Entrando più specificatamente nel tema (…): se quando i bambini in età prescolare esprimono la loro visione del mondo con i disegni che mostrano ai genitori, o con le domande che pongono loro, noi prestiamo interesse e attenzione, questi bambini si sentono riconosciuti e il riconoscimento è alla base della costruzione di un'identità positiva; se invece trascuriamo le loro domande o non valutiamo i loro tentativi di descrivere come avvertono il mondo intorno a loro, il messaggio che mandiamo è che quello che fanno non è per noi di alcun interesse.

mercoledì 11 settembre 2019

Terzapagina. 100 «Qualcuno rigiri “Sapore di sale”, per favore».



Tratto da “Sapore di mare, poesia di vizi e virtù vacanziere nell’Italia senza politica” di Nando Dalla Chiesa, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 12 di agosto 2019: (…). Calabria jonica senza fama e senza gloria, l’ideale per conservare azzurro il mare.

martedì 10 settembre 2019

Terzapagina. 99 «Un giorno uno dei miei nipoti mi ha chiamato Grandude».


Tratto da “Da Hey Jude a Hey Grandude” di Paul Mccartney, pubblicato sul settimanale Robinson del 7 di settembre 2019: Un giorno uno dei miei nipoti, invece di chiamarmi Grandad, nonno, mi ha chiamato Grandude: "Grandude, possiamo fare questo...?". Io ho pensato: "Beh, è carino, mi piace", e ho cominciato a immaginare storie su questo personaggio, Grandude. Ho pensato di farlo magico e così è nato Grandude. La storia si intitola Hey Grandude!. I bambini dicono: "Hey Grandude, possiamo andare da qualche parte?", e lui li conduce in avventure magiche. Ecco come è cominciato: perché un giorno uno dei miei nipoti mi ha chiamato Grandude, tutto qui. Scrivere un libro per bambini è un po' come scrivere una canzone, perché devi usare l'immaginazione, stai inventando qualcosa. Se è una canzone inventi le parole e la musica, e magari una storia.

lunedì 9 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 42 «Soffocati dall’indigestione di pop-corn».


Tratto da “Le 3 pesti all’assalto della democrazia” di Salvatore Settis, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 9 di settembre dell’anno 2018: Tre pesti infettano la democrazia in Italia, e dunque la nostra libertà e la nostra vita. Sono germi di ceppi diversi, eppure convergono in un unico gioco al massacro. Il massacro della democrazia. La prima patologia è di moda ai nostri giorni: dando per scontato lo svuotamento delle istituzioni rappresentative, se ne sbandiera cinicamente un qualche estemporaneo sostituto. (…). …non è forse da noi che bastano poche centinaia, se non decine, di volenterosi o velleitari votanti per “approvare” un programma (o “contratto”) di governo, la scelta di un leader o di un sindaco, l’alleanza con una forza politica estranea anzi ostile? E non è dalla stessa parte politica (uscita dalle urne del 4 marzo come il primo partito italiano) che vengono voci irresponsabili che proclamano la fine del Parlamento e la sua sostituzione con piattaforme informatiche buone a creare effimere maggioranze senza quorum? Così mentre ci stracciamo le vesti per l’incompetenza di chi fa crollare i ponti non ci avvediamo di propugnare la generalizzata incompetenza di chi dovrebbe governare il Paese. E anzi di indicare nell’inesperienza (meglio se totale) la panacea di tutti i mali. Accanto a questo, il bacillo dell’astensionismo elettorale. Anzi, della nostra tendenza a rimuoverlo dalla coscienza. Fu evidente già nel 2014, quando un Renzi al suo meglio come imbonitore degli ingenui e dei distratti proclamava la vittoria del Pd alle Europee con il 40,81%: percentuale drogata, giacché non teneva nel minimo conto il 49,63% di italiani che a quelle elezioni non votò, o votò scheda bianca. Se quel 49,63% non sono cittadini di seconda classe, il preteso 40,81% al Pd valeva la metà (20,40%). Eppure la percentuale drogata viene ancora oggi richiamata, anche da chi definisce Renzi un ciarlatano. E mentre l’astensionismo cresce (il 37,71% di votanti alle Regionali dell’Emilia-Romagna non basta come ammonimento?), l’afasia della sinistra e le incertezze sulla tenuta dell’attuale governo allontaneranno altri cittadini dalle urne.

domenica 8 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 41 «Corso Andrea Costa e via Anna Kuliscioff».


Oggi è l’otto di settembre. Una data della vita italiana. L’otto di settembre dell’anno 1943 l’armistizio, la fuga precipitosa delle gerarchie politiche nazionali. Un Paese allo sbando. Al pari del 25 di luglio sempre dell’anno 1943, data che ha segnato la fine del fascismo a Roma con il pronunciamento del Gran Consiglio e l’arresto del dittatore, successivamente liberato dai tedeschi per farne il paravento della istituendo repubblichina di Salò. Al pari del 25 di aprile dell’anno 1945, giornata che è ricordata della Liberazione.

sabato 7 settembre 2019

Terzapagina. 98 «La fine dell’Astrazione nell’era dei Big Data».


Tratto da “Un mammut di nome Ue”, intervista di Stefano Vastano allo storico Dan Diner pubblicata sul settimanale L’Espresso del 23 di dicembre dell’anno 2018:

venerdì 6 settembre 2019

Ifattinprima. 06 «I produttori seriali di stupidaggini costituzionali».


Partiamo dai cosiddetti “fatti”, anzi da un solo “fatto”. Quel “fatto” di già evidenziato su questo blog nel post del primo di settembre - della serie “Cronachebarbare” n° 69, «Siamo governati da persone che non fanno che parlare» - post che non è riuscito a scalare la classifica dei “post più popolari” del blog stazionando pigramente nelle parti basse di essa.

giovedì 5 settembre 2019

Ifattinprima. 05 «Regolarizzato dai datori di lavoro un’ora dopo la morte».


Tratto da “Morti sul lavoro: la mattanza dimenticata (pure dalla retorica)” di Alessandro Robecchi, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 4 di settembre 2019: Sessantasei (66) stragi di piazza Fontana. Quattordici (14) stragi di Ustica.

mercoledì 4 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 40 «Per l'Occidente è un dovere accogliere i rifugiati».


Tratto da "Aiutare chi fugge è un dovere nel nome della fratellanza", intervista di Anais Ginori al sociologo Alain Touraine pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 4 di settembre dell’anno 2015: "Non stiamo parlando di buoni sentimenti, ma di diritti fondamentali". (…). È ignobile il comportamento dei paesi dell'Est, soprattutto pensando a tutto quello che noi dell'Europa centrale abbiamo fatto per loro", (…). Le dichiarazioni di Viktor Orbán sono scandalose. Dovrebbe essere espulso immediatamente dall'Unione europea".

martedì 3 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 39 «Alle democrazie manca sempre qualcosa. È giusto così».


Tratto da “Le democrazie sono imperfette” del politologo Gianfranco Pasquino, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 3 di settembre dell’anno 2018: Alle democrazie manca sempre qualcosa. È giusto così. Forse è persino meglio così perché nelle democrazie è possibile continuare a cercare quello che manca, spesso trovandolo. Democratico è quello che deve essere soggetto al controllo del popolo: governanti, rappresentanti, assemblee elettive, leggi, non, però, la burocrazia, le Forze Armate, la magistratura, le istituzioni scolastiche che debbono rispondere a criteri di efficienza ed efficacia, di conseguimento degli obiettivi decisi dai rappresentanti e dai governanti. Il popolo deciderà poi se, come, quando fare circolare quei rappresentanti e governanti, cambiarli, meglio non usando il criterio burocratico del limite ai mandati tranne per le cariche elettive di governo che hanno la possibilità di sfruttare il loro potere per influenzare la propria rielezione.

lunedì 2 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 38 «La mia vita a sinistra da La Torre alla crisi».


Tratto da “La mia vita a sinistra da La Torre alla crisi. Per rinascere smettiamo di guardarci allo specchio”, intervista di Daniele Ienna all'ex senatrice comunista Simona Mafai (Roma, 5 luglio 1928 - Palermo, 16 giugno 2019), pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 2 di settembre dell’anno 2018: (…). I suoi genitori sono stati grandi artisti. Suo padre, Mario Mafai, si professava agnostico. Sua madre, Antonietta Raphael, era ebrea. Come vivono in lei le sue radici? «Mia madre era molto rigorosa.

domenica 1 settembre 2019

Cronachebarbare. 69 «Siamo governati da persone che non fanno che parlare».


Ha scritto Stefano Bartezzaghi in “Quanto odio dietro le parole”, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 10 di luglio 2019: (…). Fossero anche "solo" parole, e innocue, servirebbero pur sempre a manifestare un pensiero e un modo di stare al mondo. Ma da un sia minimo florilegio di quelle che ha variamente indirizzato verso i suoi obiettivi polemici femminili persino í suoi alleati hanno finito per ritenere il vicepremier e ministro dell'Interno un tantino sessista e maschilista, nonché tendenzialmente volgare.