“Cosplayer&Fascismo”. Ha scritto Dario
Vergassola – nella Sua rubrica “C’è vita
sulla Terra”, che è tutto un auspicio - in “Il fascino della divisa”, pubblicato sul settimanale “il Venerdì
di Repubblica” dell’11 di novembre 2022: È follia, ma c'è del metodo: secondo
l'anchorman russo Anton Krasovsky, i bimbi ucraini andrebbero "annegati o
bruciati". Giustamente non entrambe le cose, perché si sa che un bambino
molto bagnato prende fuoco male o nel migliore dei casi fa fumo. E nel
frattempo si stanno riempiendo gli arsenali e svuotando i granai: come in un
discorso di Pertini al contrario. Ma qui in Italia abbiamo altre grane, tipo
che accendere i caloriferi costa come tenere in funzione un altoforno. Perciò
la vedo male, se dopo l'ottobrata e la novembrata non arriveranno anche
dicembrata, gennaiata e febbraiata. Fortuna che secondo il governo Meloni
l'economia si riprenderà poiché non c'è relazione fra l'aumento del tetto di
contante e l'economia sommersa, teoria del resto da sempre sostenuta dagli
economisti Keynes, Al Capone e Pablo Escobar. Confidiamo nei viceministri di
esperienza, di cui uno con una vecchia foto in versione SS. Che poi chissà
perché, per goliardia, uno di destra debba vestirsi da nazista e non - dico per
dire - da volontario di Emergency. Mah. Sarà il fascino della divisa di merda. Di
seguito, “Tutti in marcia da Lucca a
Predappio” di Filippo Ceccarelli pubblicato sullo stesso settimanale allo
stesso giorno: Je est un autre, io è un altro, poetava
Rimbaud per indicare come l'essere umano esca talvolta da se stesso per
abbandonarsi al sogno e alla fantasia. Ora, sarà stata una congiunzione degli
astri o del calendario, ma negli stessi giorni di fine ottobre si sono
incrociati, insieme con i camuffamenti di Halloween, il raduno in costume di
Lucca Comix&Games e la mascherata nera di Predappio per il centenario della
Marcia su Roma. E qui si prega gentilmente di trattenere per un attimo scandalo
o indignazione nei confronti di questa trascurabile e cervellotica rubrichetta
che tiene insieme indizi neurovisivi molto diversi fra loro per sollevare il
dubbio che poi non così diversi siano, almeno alla luce del recentissimo
fenomeno del cosplay. Nato in Giappone e subito germogliato a livello globale
ed elettronico, si tratta di un evoluto carnevale che spinge un bel po' di
gente a riunirsi, travestirsi, sfilare e riprendersi in abiti di scena che
rievocano personaggi e ambienti di cartoni animati, videogiochi, band e film di
successo, dall'Uomo Ragno a Lady Oscar, da Harry Potter al Trono di Spade. In
un clima di festa ed eccitazione collettiva ciascuno recita una parte e ricrea
il mondo magico delle proprie passioni sentendosene protagonista, del tutto
indifferente o forse perfino compiaciuto dell'effetto allucinatorio che il
tutto produce agli occhi di chi guarda, in genere quando la performance è
finita. C'entrano molto, a occhio, la società degli spettacoli, la dittatura
del marketing, il culto della performance, l'odierno tribalismo con i suoi
totem. Di qui il sospetto che quanti si sono radunati l'altro giorno presso la
tomba del Duce (riaperta dopo le beghe fra gli eredi) più che nostalgici di
un'epoca che nessuno di loro ha vissuto, possano essere considerati dei
cosplayer, per l'appunto, di un fascismo immaginario o immaginato, quindi
esorbitante e grottesco nella sua dissennata, stravagante e un po' anche comica
densità simbolica: icone dark di vario e minaccioso genere, arditi artificiali,
camerate con lo smalto bianco rosso e verde, salutoni romani, teschi a volontà,
sgangherati cori di Faccetta nera piccola abissina. Nel fascismo-festival sono
stati segnalati anche bambini che indossavano fittizie t-shirt da balilla, ma
nelle dotazioni carnevalesche non mancano body da neonato con la scritta
"chi osa vince" e bavaglini "me ne frego" disponibili
presso i due shop di merchandising post-mussoliniano, "Predappio
tricolore" e "Ferlandia", che da sempre si fanno la concorrenza.
Si può ridere, si può piangere, si può cercare di capire quanto è diventata
intorcinata, ma ancora sorprendente, la scena pubblica nel momento in cui
"io è altro" e i poeti illuminano un futuro che in Italia rimane
parecchio vistoso.
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