"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 25 ottobre 2022

Dell’essere. 59 Platone: «La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore».

Spicilegio”. Di seguito, “Chi sono i nostri giovani digitali?” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 24 di settembre 2022. Scrive il lettore A.B.: I nostri figli infelici ci giudicano senza profferire parola, rimangono lontani da noi, dalle nostre stonate parole e si consegnano al tempo che non misurano più negandosi come persone. Noi imperterriti continuiamo a proteggerli senza educarli alla dura fatica del crescere. Di fatto li manipoliamo come fossero oggetti di proprietà, fragili e preziosi. Con loro non osiamo usare le forbici. Non potiamo le loro fantasie inconsistenti, non li costringiamo al confronto dialettico con la realtà. Più spesso, moltiplicando le nostre e le loro paure, li lasciamo vivacchiare e nascondersi nel web. Da uno schermo all'altro, abilmente imparano ad interagire come automi. Chiusi nelle loro camerette, non disturbano, non hanno pretese e si spengono poco a poco senza darlo a vedere. Li diciamo buoni, ma sono depressi. I loro numerosi. maestri "da remoto” non li conosciamo. Stupidamente affidiamo soprattutto a loro il difficile compito dell'educazione/formazione. Da ultimo, fantastichiamo anche sul loro futuro: da grandi faranno gli ingegneri informatici; gli esperti di quel niente che tanto ci inquieta e assolve. Così, figli di nessuno e mancati eroi, percorrono le buie cantine della mente e, quando escono alla luce guardano ma non vedono, odono ma non sentono. Cuffie, tatuaggi, pantaloni strappati, amuleti dappertutto. Stravaganti e mimetici, per esserci e per non esserci. Clonati dai media, escono nel buio, quasi invisibili, irriconoscibili l'uno all'altro, costantemente storditi o anestetizzati dal fumo e dall'alcool per mantenersi sufficientemente liberi di non pensare. A***** B******

Risponde Umberto Galimberti: Se non li conosciamo più non incolpiamo la cultura digitale: qualche problema lo crea, ma non quanti l'inadeguatezza, e l'insufficienza dell'educazione che noi adulti impartiamo La descrizione (…) dei giovani d'oggi, anche se non va generalizzata, è perfetta. Non parlano più con i loro genitori, perché i loro genitori non hanno mai parlato in modo "significativo" con loro in quel breve periodo della loro vita che va dalla nascita ai 12 anni, dopo i quali le parole dei genitori diventano "parole vane", perché la comparsa della sessualità, come natura vuole, orienta le loro attenzioni e le loro relazioni, prima riservate al mondo genitoriale, al mondo dei loro amici. Ed è inutile che i genitori si diano da fare per diventare "amici dei figli", tradendo in modo irrecuperabile la loro funzione che è poi quella di essere "buoni esempi di vita". La scuola non li "educa", al massimo, quando ci riesce li "istruisce" svolgendo i programmi ministeriali. Ma come ci ricorda Platone: "La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore". E la maggior parte degli insegnanti non conosce il cuore degli studenti, le loro emozioni, i loro sentimenti, in quell'età incerta che è l'adolescenza, dove si comincia a conoscere la trasformazione del proprio corpo, l'eccesso della vita oltre la misura fino allora conosciuta. Le malinconie radicali che non si sa come contenere, i progetti che si dileguano nei sogni, i silenzi chiusi, perché i ragazzi già conoscono le parole che dal mondo adulto possono arrivare quando incrociano il loro sguardo fermo. La cultura non li seduce perché spesso è 1 offerta con la pedanteria che ne spegne la bellezza e la potenza. E non desta in loro alcun richiamo, quando invece, proprio nella cultura i ragazzi potrebbero trovare le soluzioni di tanti problemi, le vie d'uscita di tante insoddisfazioni, il rimedio a tanti dolori, perché la cultura altro non è che il grande esperimento che l'umanità ha fatto per rendere la vita più affascinante, più stimolante, più degna di essere amata. A scuola tutto questo non avviene. A differenza di quanto è accaduto ai loro padri, per i ragazzi di oggi sembra che non ci sia neppure un "futuro come promessa" in grado di motivare e di spronare anche al sacrificio, che i ragazzi saprebbero accettare se la promessa del futuro fosse credibile. La vita infatti non va avanti perché qualcuno la spinge, ma perché qualcosa la attrae. Penso che alcool e droga siano per loro, più che un piacere, un anestetico all'angoscia che avvertono quando sporgono lo sguardo sul loro futuro. E allora vivono l'assoluto presente 24 ore su 24 in presa diretta, più di notte che di giorno. Perché la notte è loro, mentre il giorno è un giorno senza promessa che noi abbiamo costruito per loro.

1 commento:

  1. "I giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male". (U. Galimberti). È questo il segno più evidente del fallimento della nostra società! "Che ne è di una società che fa a meno dei suoi giovani? Forse l'Occidente non sparirà per l'inarrestabilità dei processi migratori contro cui tutti urlano, e neppure per la minaccia terroristica che tutti temono, ma per non aver dato senso e identità e quindi aver sprecato le proprie giovani generazioni ". (U. Galimberti). Il Professor Galimberti indica, come antidoto al nichilismo, la Cultura, perché aiuterà i giovani a conoscere se stessi, le loro virtù, le loro emozioni... Grazie di questo nuovo e meraviglioso post, che è un altro gioiello,e buona continuazione.

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