"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 25 dicembre 2022

Piccolegrandistorie. 35 Enzo Bianchi: «Una società segnata da un accentuato individualismo con tratti di narcisismo».  

StoriedelNatale”. Ha scritto Enzo Bianchi - fondatore della Comunità Monastica di Bose - in “Il vero significato dei regali” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 27 di dicembre dell’anno 2021: Questi giorni di feste natalizie e dell'inizio di un nuovo anno sono contraddistinti dallo scambio dei doni. I bambini attendono i regali sotto l'albero di Natale, gli uomini e le donne li fanno e li ricevono da parenti e amici, e poi ci sono quelli che fanno doni di carità a chi è nel bisogno. Si scambiano auguri, parole di affetto, "cose" pensate e scelte per rallegrare o aiutare i destinatari. La carità "organizzata" imbandisce tavole alle quali chiamare per un posto i più poveri, i senza casa. Sembra un trionfo della bontà, e a molti questa atmosfera di regali appare come una verifica della buona qualità della nostra vita. Ma io confesso che sovente mi interrogo e resto perplesso: non dimentico infatti che anche nella stagione della mia infanzia, il Dopoguerra povero, si scambiavano regali, ma per conservare l'anonimato del donatore e affinché nessuno se ne assumesse la paternità i doni si attribuivano a Gesù bambino o Babbo Natale. Sapevamo che non c'era nessuna discesa di Gesù nel camino della cucina ma, in questo modo, i doni venivano da chi ci amava senza individualismi né protagonismi. Era un canto alla gratuità, alla non reciprocità (perché i bambini non sapevano fare doni), era un accogliere i regali con stupore e meraviglia. Per tutti c'erano doni, ai bisognosi si portava qualcosa affinché potessero anche loro fare un dono ai figli, altrimenti non sarebbe stato Natale. Nessun idealismo, perché allora come oggi chi festeggiava soffriva nello stesso tempo ferite. Oggi viviamo nell'abbondanza, in una società segnata da un accentuato individualismo con tratti di narcisismo, tentati di assumere la logica del do ut des, la logica del mercato: c'è posto per l'arte del donare, per esercitarci a donare resistendo alla perversione del dono? Il dono è contraddistinto dalla gratuità, o la simula facendo regnare la legge del tornaconto? Perché ormai abbiamo imparato a interrogarci e a diffidare anche di questo atto del donare. Basterebbe pensare agli "aiuti umanitari" con cui abbiamo voluto nascondere il male operante nella realtà della guerra. Ma oltre alla perversione del dono è possibile anche la sua banalizzazione: il dono viene depotenziato e stravolto quando gli si assegna il nome di "carità", e si dona con un sms una briciola, illudendoci di essere capaci di compassione. Io chiamo questa emozione "carità presbite", che si indirizza ai lontani ed è incapace di vedere nella vita quotidiana chi è bisognoso ed è vicino a noi. Fare doni è un movimento asimmetrico, unilaterale, che nasce da libertà ed è capax amoris. Sa assumere i rischi, ma così nega l'autosufficienza e si pone come gesto eversivo, facendo emergere che ognuno deve donare perché sempre e comunque debitore dell'amore verso l'altro. E non si dimentichi che il dono all'altro per eccellenza è la propria presenza, la propria vita, il proprio tempo, la vicinanza nella gratuità. Da questo esercizio del dono può essere generata la capacità del dono dei doni: il perdono. Di seguito, “La ragazza dark che imparò cos’è la magia” di Kira Shell pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica del 17 di dicembre 2022: Ehi ... ehi! Dico a te! Aspetta!». Era la terza volta che, in quella stessa settimana, Maverick rincorreva Dakota al termine della lezione.  Lei era la compagna di classe più particolare, enigmatica e inquietante che avesse mai incontrato. Amava vestire sempre con abiti scuri che esaltavano il suo incarnato scialbo mentre i lunghi capelli corvini rilucevano come una cascata di cristalli neri; gli occhi grandi, sempre un po' spenti e malinconici ma velati da una sagacia minacciosa, suscitavano soggezione in qualsiasi studente incontrasse a scuola eccetto che in Maverick, l'unico che, nei loro quindici anni di vita, aveva tentato di esserle amico e non solo il vicino di casa che conosceva sin da quando era bambina. «Dakota, fermati per favore!». Maverick nutriva da tempo un segreto interesse per lei; era incuriosito dalla sua aura così spiccatamente tenebrosa, dalla sua affascinante cupezza capace di intrigare e imbarazzare. A lui non importava cosa pensassero i suoi compagni di scuola, non gli importava che tutti avessero paura di lei, che giudicassero in malo modo la sua passione per l'occulto o il suo essere sempre solitaria e schiva, arguta e silenziosa, tanto bellissima quanto spaventosa. «Cosa c'è, Mav?», Le buone maniere non erano il suo forte; d'altronde era abbastanza irascibile e introversa, caratteristiche che non avevano mai scoraggiato Maverick nei suoi continui approcci amichevoli. «Vorrei darti il tuo regalo di Natale», la informò con una spavalderia che stupì la ragazza. «Io non amo il Natale», le rispose lei con la consueta freddezza che riservava a chiunque. «Sono certo che potrei farti cambiare idea». «Se fossi in te non ne sarei così sicuro». Dakota non era solita ricevere regali, non era abituata a quel tipo di gentilezza né tantomeno a ricambiarla. Aveva ormai perso la speranza di essere accettata dai suoi coetanei o semplicemente di avere degli amici, eppure sapeva che quel compagno di scuola dal sorriso furbesco e lo sguardo ribelle, il ragazzo che lei fingeva di ignorare quando le chiedeva come stava, le proponeva di studiare o di uscire insieme, era diverso. Speciale. In fondo le avrebbe fatto piacere trascorrere qualche ora con lui per conoscerlo meglio, ma non avrebbe mai permesso alle emozioni di scalfirla, sebbene con Maverick non fosse così facile reprimerle. Tuttavia, accettò di percorrere in sua compagnia la strada che l'avrebbe condotta a casa finché Maverick estrasse dalla tasca del giubbino il regalo per lei: una piccola scatola di vetro trasparente avvolta da un nastrino i cui lembi si congiungevano in un grazioso fiocchetto decorativo. All'interno di essa, sopra un mucchietto di neve, c'era un pendaglio con delle scarpette da ballerina, rigorosamente nere, appeso a una catenina argentata. Maverick aveva scoperto, che Dakota amava ballare, ma che la sua famiglia non poteva permettersi di pagarle delle lezioni private. «Questa è una scatola magica, sai?» le confessò con un'espressione boriosa; Dakota pensò che volesse solo impressionarla e inarcò un sopracciglio scettica. «Dico sul serio» insisté il ragazzo nel disperato tentativo di convincerla. «Mia nonna diceva sempre che se inseriamo nella scatola magica qualcosa che ci rappresenta o simboleggia un nostro sogno, ci basterà aprirla la notte di Natale ed esprimere il desiderio che vorremmo si realizzasse. Il suo potere potrà sprigionarsi solo qualora la persona che l'ha donata sia realmente innamorata di colei che l'ha ricevuta». «Sono tutte sciocchezze». Dakota non ci credette per due ragioni: non esistevano scatole magiche e nessuno avrebbe avuto il coraggio di amare una come lei; ciononostante, in cuor suo, apprezzò il gesto di Maverick perché nessuno era mai stato tanto gentile, nessuno si era mai preoccupato dei suoi sogni. «Fidati di me». Con una spontanea dolcezza, il ragazzo si avvicinò e le scostò una ciocca della frangia che le copriva l'occhio sinistro; una fiamma incandescente avvampò nel petto di Dakota dirompendo subito nel suo stomaco e accendendole le guance di un rosso vivo, così vivo da scaldarle la pelle. Un'emozione colorata che mai prima di allora aveva sferzato la sua nereggiante compostezza. «Aprila la notte di Natale ed esprimi il tuo desiderio». Trascorsero circa due settimane da quell'incontro e quando giunse il venticinque dicembre, Dakota vide riposto sotto l'albero soltanto il regalo di Maverick. Conscia dell'umile situazione economica dei suoi genitori, non aveva chiesto nulla in dono, facendosi bastare ciò che quel ragazzo le aveva elargito con tanta premura. Così come le era stato suggerito, allo scoccare della mezzanotte, aprì la scatola, strinse fra le mani la collanina ed espresse il suo desiderio. Nel mentre rammentò che esso si sarebbe realizzato solo se Maverick fosse stato davvero innamorato di lei, perciò, con la mestizia che la caratterizzava, si diede subito per vinta pensando che il ragazzo si fosse preso gioco di lei. Passarono i giorni senza che nulla mutasse, a eccezione di qualche nuova tempesta di neve. Dakota cominciò a demoralizzarsi e a sbirciare, dalla finestra della cameretta, il vicino di casa che le aveva scosso il cuore con una sola carezza finché, un giorno inaspettato, il suo papà, diede alla famiglia la splendida notizia di aver finalmente trovato un lavoro dignitoso che avrebbe potuto far fronte alle loro difficoltà, informando sua figlia che avrebbe potuto iscriversi a un'accademia di danza. Dakota provò di nuovo una strana emozione nel petto che, quella volta, sconfinò ed esplose in un pianto di gioia. Maverick non solo non aveva mentito sul potere della scatola magica, ma le aveva persino dimostrato di essere davvero innamorato di lei. Della ragazza emarginata da tutti. Dakota comprese che avrebbe dovuto iniziare a credere di più in se stessa, nell'essenza dei sentimenti e soprattutto ad accettare il vero dono di quel magico mercoledì: l'amore.

1 commento:

  1. "La magia non è qualcosa di estraneo e misterioso, fuori di noi :è dentro la nostra anima, nei nostri occhi. La vita stessa è la più grande delle magie. È l'arte di meravigliarsi e di trasformare le cose più semplici in grandi incantesimi, di saper vedere la primavera dentro l'inverno. È la musica silenziosa e segreta mista a purezza, che possiamo ascoltare nel rumore della vita. È la capacità quotidiana di vedere e svelare la bellezza che è intorno a noi! Nel saper vivere e nello stupirsi della magia di ogni istante ". (Agostino Degas). Bellissimo, delicato e profondo questo post prezioso, che è tanto vicino al mio sentire di sempre... Grazie per questo dono!

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