"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 18 novembre 2022

Quellichelasinistra. 29 Wlodek Goldkorn: «Il futuro anziché una promessa è diventato una minaccia. La società poi, da una società di classi è diventata di massa».  

Wlodek Goldkorn ha scritto della “Sinistra”, ovvero di quando la “Sinistra” ci teneva tanto d’esserlo, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 13 di novembre 2022: Una volta la sinistra si considerava l'agente del futuro nel presente. L'idea dell'anticipazione del tempo aveva a che fare non solo e non tanto con una concezione messianica della storia, quanto con la nozione del tutto mondana del progresso. Il progresso era figlio dell'Illuminismo, della convinzione che gli umani, grazie alla capacità di giudizio e alle scoperte della scienza, fossero in grado di forgiare il loro destino in modo da abolire la miseria, l'oppressione, lo sfruttamento, la disuguaglianza e la guerra. Ma il futuro, a pensarci bene non esiste, a meno che non sia costruito come azione collettiva frutto dell'immaginazione unita alla pratica di solidarietà. La solidarietà significa la trasformazione dell'empatia (un sentimento connaturato) in sostegno a chiunque si batta per la libertà e per la giustizia. Ma oggi il progresso è in crisi. Abbiamo conosciuto - a partire dalle camere a gas, dalla bomba atomica, dalla hybris del colonialismo e del comunismo realizzato - i suoi pericoli. Avvertiamo quello che il filosofo Gunther Anders chiamava la discrepanza fra l'immaginazione umana e le capacità della tecnica: siamo in grado di fare cose le cui conseguenze non possiamo immaginare. Così il futuro anziché una promessa è diventato una minaccia. La società poi, da una società di classi è diventata di massa: individui soli, e dove i diritti sono percepiti come privilegi. Si è fatto largo un umore (più che un pensiero) reazionario, che perfino a sinistra ha i suoi adepti, con i riflessi nostalgici (per il mondo prima della caduta del Muro e per l'Uomo forte dell'Est), e con lo smarrimento dovuto alla perdita di immediato riferimento di classe. E allora, la sinistra può rinascere? Sì. A partire dall'affermazione di linguaggi (gentili e inclusivi), valori (uguaglianza, sorellanza), sentimenti (empatia) e capacità di rivolta contro le ingiustizie. In fondo si tratta pur sempre di linguaggi e valori di stampo illuminista e della restituzione dell'idea di un futuro come Bene comune. Ha scritto Peter Gomez in “Per fortuna i poveri non vanno a votare” pubblicato sul mensile “Millennium” del mese di novembre 2022: La verità è semplice: alla maggioranza di noi i poveri fanno schifo. Quando veniamo avvicinati da un senzatetto che ci chiede una moneta proviamo fastidio o disgusto. Quando scopriamo che una volta al mese chi percepisce il Reddito di cittadinanza va con la famiglia a mangiarsi una pizza, ci indigniamo. E anche se stiamo zitti di fronte all'artigiano che dopo un lavoretto in casa ci chiede di pagarlo in nero "per risparmiare sull'Iva" o mettiamo il contante sul tavolo dopo che ci hanno portato un conto senza ricevuta, andiamo ugualmente su tutte le furie scoprendo che chi riceve 500 euro per non morire di fame ne guadagna altri 200 o 300 facendo le pulizie o scaricando i camion senza contratto. Il pensiero che ci scatta in testa è sempre lo stesso: se è povero è colpa sua. E lui che non ha voluto o saputo mettersi in gioco. È un fannullone, come direbbe Matteo Renzi, o peggio ancora un furbetto perché riceve il sussidio, ma intanto senza contratto e tutele va per pochi euro a lavorare. Non ci turba il fatto che più del 90 per cento di chi è nato povero muoia povero indipendentemente dall'impegno e dagli sforzi fatti in vita, mentre più del 90 per cento di chi è nato ricco, muore ricco anche se si è dimostrato per anni solo un viziato perditempo. Non ci sfiora mai l'idea che premiare il merito sia una cosa buona e giusta, ma purtroppo quasi irrilevante dal punto di vista statistico. Noi intanto, pochi o tanti, i soldi li abbiamo, mica siamo poveri. E se anche lo siamo stati, adesso non lo siamo più. Ce l'abbiamo fatta, ci siamo spezzati la schiena, abbiamo faticato come muli e ora possiamo dire di essere in quel dieci per cento per cui l'ascensore sociale ha funzionato. Ma l'altro 90 per cento? Tutti scemi, scansafatiche, incapaci? Può essere, certo. Ma allora perché in questi anni i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri tanto che oggi in Italia ci sono 15 milioni di persone che sfiorano pericolosamente il livello della sussistenza? Siamo forse un popolo di idioti? Sì lo siamo, verrebbe da rispondere. Perché anche se abbiamo un lavoro sicuro, se siamo ceto medio o addirittura alta borghesia, preferiamo non vedere ciò che ci dà fastidio. Sì è vero: vent'anni fa i bambini poveri (cioè figli di poveri) erano mezzo milione, oggi sono quasi un milione e mezzo, ma allora perché diavolo se entri in casa loro c'è la tv accesa e i genitori hanno tutti il telefonino? Poche balle: che vadano a lavorare! E sì, perché è impossibile non essere d'accordo con Giorgia Meloni quando dice che la soluzione per chi è in grado di lavorare non è il sussidio, ma il lavoro. Solo che poi, se ti metti a ragionare, ti rendi conto di quanto il mondo sia più complicato. Il 75 per cento dei poveri senza lavoro ha fatto solo la terza media. Un impiego vero, specie al Sud, non glielo dà nessuno: troppo poco qualificati. Tre milioni di persone, pari al 12 per cento dei lavoratori, faticano, ma sono lo stesso povere. Tanto che tra chi riceve il Reddito di cittadinanza ci sono 186 mila uomini e donne regolarmente assunte. Tutta questa umanità dolente non te la fanno però vedere in tv, perché in tv vedi quasi solo i truffatori, i delinquenti, quelli che spacciano o rubano e intanto prendono il sussidio. Ma è meglio così. Perché a noi i poveri fanno schifo. Non la povertà. Proprio i poveri. Come li chiamava quel presidente francese? Ah sì, gli sdentati. Brutta gente, sporca e persino cattiva. Per fortuna che a votare tra di loro ci vanno in pochi. Perché se votassero in massa qualcuno si accorgerebbe di loro. Affermerebbero almeno la loro esistenza in vita. E pensate che ribrezzo: poveri a milioni. Un disgustoso verminaio. Ha lasciato scritto Brian O’Nolan – in arte Flann O’Brien, scrittore irlandese (Strabane 5 di ottobre dell’anno 1911/Dublino, 1º di aprile dell’anno 1966) - in “La miseria in bocca” editato in Italia da Feltrinelli (1987): Mio nonno dormiva con le mucche e io dormivo con il cavallo, Charlie, una perla d'animale, docile e mansueto. Spesso le pecore si azzuffavano, e non erano poche le volte che passavo la notte in bianco per tutto quel belare e brontolare. Una notte il nonno rimase ferito, ma non si seppe mai se a cominciare erano state le pecore, le mucche o addirittura la nonna. Una sera arrivò un signore, un ispettore scolastico che si era perso nella nebbia della torbiera. Quando vide quel che si poteva vedere alla debole luce del fuoco, emise un gran urlo di stupore e rimase impalato sulla soglia con gli occhi sgranati. E fa: "Ma non vi sembra vergognoso, indecente e sbagliato dormire con le bestie, tutti quanti pigiati in un unico letto? Eh? Non vi sembra assurdo, indecente e indecoroso star qua di notte?". "Sarà vero per lei," dissi a quel signore, "Ma noi cosa possiamo farci? Il tempo è cattivo e tutti devono starsene al coperto, che abbiano due o quattro zampe". "Se le cose stanno così” dice il signore, "non sarebbe più semplice costruire una capanna di lato al cortile, un po' discosta dalla casa?". "Certo che sarebbe semplice", gli faccio. Ero rimasto sbalordito da ciò che mi aveva detto, perché a me non era neanche mai passata per l'anticamera del cervello una cosa del genere. Il giorno dopo chiamo a raccolta i vicini e gli spiego, parola per parola, il suggerimento datomi da quel signore. La cosa va bene anche a loro, e nel giro di una settimana tiriamo su una bella capanna vicino alla casa. Ma ahiahi! non è mai tutto oro quel che luccica! Dopo due notti che io, la nonna e due dei miei fratelli dormivamo nella capanna, eravamo così inzuppati e intirizziti, che ancora oggi mi chiedo come siamo riusciti a sopravvivere. Decidemmo di tornare a dormire in casa, comodi e tranquilli in mezzo alle bestie. E da allora abbiamo sempre vissuto così, come tutti gli altri poveracci che abitano da queste parti.

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