Al febbraio prossimo “curtu e amaru” si svolgeranno
le solenni “quirinarie” nel bel paese. Gli scalpitanti puledri impegnati nella “corsa”
giungono alla spicciolata ai nastri di partenza cercando di accaparrarsi la
posizione migliore. A guardar bene il parco equino che va componendosi viene
spontanea, all’ingenuo, di porsi la domanda: “e la qualità dove sta?”. Ne ha scritto
Alessandro Robecchi in “B. al Quirinale.
È lo spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato di sé”, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” di ieri mercoledì 24 di novembre 2021. Orbene, allora, “la
qualità dove sta?”. Sta, scrive il notista, in riferimento ad uno dei puledri
in gara, nella comprovata abilità di “quello” “che sì, il Paese l’ha cambiato
eccome, rendendolo, ahinoi, quello che vediamo”. Un Paese “sottosopra”
per dirla con Marco Travaglio, o meglio “un paese del pressappoco” per dirla
con Raffaele Simone. Tutto qui. Basta ed avanza. Scrive in riferimento a “quello”
Alessandro Robecchi: (…). Su tutti svetta Silvio Nostro, uno che
ci crede sempre al di là della logica, che non molla nemmeno davanti
all’evidenza, insomma che punta al Quirinale senza se e senza ma (e senza dirlo
per scaramanzia anche se lo sanno tutti). Ha mandato, pare, una brochure a
tutti parlamentari, una specie di opuscolo con le sue gesta da statista,
discorsi alti, diciamo così, non le barzellette. Poi, grandiosa, l’uscita sul
Reddito di Cittadinanza, che dice un po’ le cose come stanno e spezza la
narrazione ossessiva del “reddito di delinquenza” (cfr. Renzi) che “diseduca
alla sofferenza” (cfr, sia Renzi che Salvini), o che è “come il metadone” (cfr,
Meloni). Insomma, commovente Silvio in cerca di sponde per salire al Colle, ma
di una cosa bisogna dargli atto: pochi come lui sanno l’importanza del mercato
interno, dello stimolo ai consumi, della necessità di avere gente felice che fa
la spesa, e cinque-sette milioni di poveri non gli piacciono di certo. Ma sia:
nella partita complicatissima del Quirinale, che investe la partita
complicatissima del governo, che riguarda la partita complicatissima dei futuri
assetti politici, la mission di Berlusconi – portare Berlusconi a fare il Capo
dello Stato – è l’unica cosa chiara. E infatti tutti hanno letto l’apertura di
Silvio sul Reddito di Cittadinanza come un dar di gomito ai Cinque stelle,
un’operazione simpatia, cosa che Silvio tenta in qualche modo anche con il Pd,
mentre Renzi si vanta che farà tutto lui e “siamo l’ago della bilancia”,
Salvini e Meloni sostengono Berlusconi, a parole e con l’atteggiamento di fare
un favore al vecchio padrone. Quel che ci si presenta davanti, insomma, è lo
spettacolo d’arte varia di un uomo innamorato di sé, che vuole abbastanza
incongruamente coronare il suo sogno di padre della patria. Mi aspetto da un
momento all’altro Silvio at work su molti fronti, alle manifestazioni per
l’acqua pubblica, o a quelle per Fiume italiana, per l’aborto, contro l’aborto,
fa lo stesso, purché gli venga accreditata la patente di uomo retto e super
partes. Non male per uno che ha diviso il Paese per trent’anni, e fa tenerezza
sentire i giovani epigoni che tuonano da un palco contro la magistratura con
gli stessi argomenti e motivazioni che usava lui, passivo-aggressivo. Il giorno
della marmotta, appunto. Il bello, deve ancora venire, questo è certo, nel
vortice di nomi bruciati, candidature civetta, ballon d’essai. Non proprio uno
spettacolo edificante, con minacce incrociate, anche divertenti, tipo Letta che
dice a Renzi che se si schiera con le destre sul Quirinale tra loro è finita
(ah, perché? Non è ancora finita? Cosa serve ancora?). In tutto il balilamme
politico e para-politico che ci attende, insomma, le motivazioni di Silvio, la
pura ambizione personale, un riconoscimento finale alla sua opera, un
risarcimento per le ingiustizie subite (eh?) sembra la più cristallina, a suo
modo epica: l’ultima battaglia di uno che sì, il Paese l’ha cambiato eccome,
rendendolo, ahinoi, quello che vediamo. Tra i più scalpitanti, anche
senza agitarsi troppo, quel “dottor sottile” che ha imperversato
nelle cronache parlamentari e partitiche del bel paese. Così lo tratteggia Pino
Corrias su “il Fatto quotidiano” del 17 di novembre ultimo in “Un Sottile odor di Colle: il più Amato per
ogni stagione”: