A lato. "Onde sotto il faro", acquerello (2021) di Anna Fiore. Ha scritto Piero Bevilacqua in “Elogio della radicalità” – Laterza editore, (2012) -: “È
mite e sobria la spinta a un consumismo sfrenato che divora quotidianamente
interi continenti di risorse, e che sta portando dissesti tendenzialmente
irreversibili ai complessi equilibri della terra?”. Di seguito, tratto da
“Dal G20 a COP26, è una truffa: green e
Pil sono incompatibili” di Massimo Fini, pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
di ieri sabato 13 di novembre 2021: (…). Come ha notato (il meteorologo) Luca
Mercalli nessun Paese sviluppato si è detto disposto a rinunciare a “standard
di vita che nel mondo occidentale continuiamo a considerare non negoziabili, né
a fermare la crescita economica così come la intendiamo oggi”. Siamo quindi,
come al solito, di fronte a una truffa, tanto per tener buoni i giovani innocenti,
ma inconsapevoli e creduloni, che manifestano in buona parte del mondo. Non si
può inneggiare all’ambientalismo e, nello stesso tempo, alla crescita del Pil.
Sono incompatibili. Né c’è “energia rinnovabile”, eolica o solare che sia, che
può risolvere la questione. Perché ogni energia, qualsiasi energia, vuole per
essere innescata altra energia. “Nulla si crea e nulla si distrugge” dice
Democrito. La sola cosa seria da fare è ridurre i consumi e quindi la
produzione. Ma da questo orecchio, essendo malati di otite permanente, nessuno
ci sente, né i cosiddetti Grandi della Terra né i comuni cittadini. Insomma per parlare seriamente bisognerebbe
rovesciare da cima a fondo l’attuale modello di sviluppo. Vi immaginate un
Premier che dicesse io non vi prometto più beni materiali, più viaggi, migliori
automobili, più innovazione, più tecnologia, più bellurie di ogni tipo ma vi
propongo meno beni materiali, meno viaggi, meno automobili, siano esse a
benzina o elettriche, meno innovazione, meno tecnologia, meno bellurie, insomma
meno consumi, ma più tempo per voi? Sarebbe fucilato sul campo sia dai
consumatori che dai produttori. La sola cosa seria che possiamo fare è ridurre
il superfluo di cui ci nutriamo. Qui nasce però il problema che mi pose quel
grande storico, economista ed intellettuale dotato anche, cosa assai rara, di
sense of humour (“Le leggi fondamentali della stupidità umana”) che è stato
Carlo Maria Cipolla: “Bisogna intendersi su che cosa consideriamo superfluo e
cosa necessario. Per lei necessari sono magari i libri, per altri qualcuno
degli infiniti beni che ci vengono offerti”. Vero. Però è altrettanto vero che
l’area del superfluo è immensa da quando si è affermata, agli albori della
Rivoluzione industriale, la terrificante legge di Say: “l’offerta crea la
domanda”. La modernità ha creato bisogni di cui l’uomo non aveva mai sentito il
bisogno. “Si scopre la natura illimitata dei bisogni o, piuttosto, la facilità
con cui gli esseri umani si lasciano influenzare. Si scopre cioè che i bisogni
possono essere eterodiretti, suscitati artificialmente e dall’esterno. Nasce il
consumatore e con lui la produzione di massa del futile e anche dell’inutile” (Il
denaro “Sterco del demonio”). Oggi sono nate negli Usa e, naturalmente sbarcate
immediatamente in Italia, le ‘Tiktoker House’ cioè scuole dove influencer, che
non san nulla di nulla, insegnano ad altri, in genere giovani, che ne san meno
di loro come influenzare il mercato ad uso di questa o quella azienda. Usciremo
mai da questo circolo vizioso? No, perché, per riprendere Cipolla, la
prevalenza del cretino è indistruttibile. In quanto ai giovani che scendono in
strada senza sapere “di che sangue e di che lacrime grondi” ciò che chiedono,
la sola cosa, modesta ma onesta, che possono fare è: invecchiare. Ha scritto
sullo stesso numero de “il Fatto Quotidiano” Giovanni Valentini in «Per
salvare il pianeta non basta recitare il solito “mea culpa”»:
(…).
Quando il glorioso settimanale L’Europeo, a metà degli anni Settanta, pubblicò
al centro del giornale un’inchiesta in 12 puntate intitolata Il Malpaese a cura
di Salvatore Giannella e Paolo Ojetti, fummo costretti a interrompere un
dibattito sulla Rupe di Orvieto a rischio crollo, in seguito alle proteste di
una parte del pubblico che si sentì offesa da questa iniziativa. E quando L’Espresso,
nella seconda metà degli anni Ottanta, varò la “Goletta verde” per il
monitoraggio del mare con l’allora Lega per l’Ambiente di Ermete Realacci, la
campagna fu accolta all’inizio con diffidenza e ostilità dagli amministratori
locali e Panorama di Claudio Rinaldi replicò con malagrazia: “Non rompeteci le
vacanze”. Per non parlare qui del referendum sulla caccia e soprattutto di
quello contro il nucleare. (…).
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