Ha scritto Marco Travaglio in “L’ultimo incantesimo” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri
giovedì 4 di novembre: L’“informazione” ormai fabbrica incantesimi:
crea un mondo di fantasia a suon di magie, anzi bugie, ci convince che quella è
l’unica realtà possibile e auspicabile; poi qualcosa rompe l’incantesimo e
torniamo sulla terraferma, ma senza neppure il tempo di riprenderci, già rapiti
come siamo da un nuovo sortilegio. Quello di B. durò 17 anni sia per i
berlusconiani sia per gli oppositori, convinti che lui fosse il nonplusultra
della modernità e dediti a berlusconizzarsi sotto mentite spoglie di blairismo,
riformismo e garantismo. Poi bastò un pugno di mignotte (ben più gravi di tutto
il resto) per rompere l’incantesimo. Ma eravamo già tutti avvolti dal sacro
loden di Monti: altri due anni buttati. Poi tutti ai piedi di Re Giorgio, che
non poteva lasciare il Colle a nessun altro in nome del Pil, dello spread,
dell’Ue, degli Usa, del mondo, per salvarci dalla catastrofe. Di cui però non
si vide traccia quando, dopo 21 mesi di bis, Napolitano se ne andò e arrivò
Mattarella. Intanto erano già tutti persi dietro il Rottamatore (l’uomo
venuto da Rignano sull’Arno n.d.r.) che, come il Papi putativo, doveva
inaugurare un nuovo ventennio (almeno): durò un biennio. (…). Ora siamo
all’ultimo sortilegio. Dopo il flop del G20 e i complimenti di Draghi a Draghi
per il “successo” di Draghi, molti iniziano a domandarsi: ma che ha fatto. Perciò
tv e giornali ripetono ossessivamente che ci ha salvati da non si sa bene cosa,
ma avremo ancora bisogno di essere salvati per una decina d’anni (almeno),
infatti il Pil, lo spread, l’Ue, gli Usa, il mondo, senza scordare Giorgetti,
Brunetta e Di Maio, lo vogliono a Palazzo Chigi e al Quirinale, magari
contemporaneamente: se ci lascia, è finita. Come B., Monti, Renzi e Napolitano.
Che però ci lasciarono tutti e la vita continuò nell’indifferenza generale.(…).
Tratto da “Clima, i fallimenti che
Draghi nasconde” di Barbara Spinelli, pubblicato su «il Fatto Quotidiano»
di oggi, 5 di novembre 2021: C’è qualcosa di veramente storto nel governo
e in gran parte dei nostri giornali (telegiornali compresi) se si comparano i
loro giudizi sui risultati del G20 con quelli espressi da giornali stranieri e
scienziati: un gran successo per il futuro del clima a sentire Draghi, un
compromesso minimo o quasi fallimento secondo chi osserva da fuori. A
lamentarsi delle divisioni che impediscono impegni concreti a riportare il
riscaldamento della terra a 1,5 gradi non è solo Greta Thunberg. Il Segretario
generale dell’Onu, António Guterres, ha commentato: “Mentre accolgo con favore
l’impegno del G20 verso soluzioni globali, lascio Roma con le mie speranze
insoddisfatte, anche se non sepolte per sempre”, per poi rincarare alla Cop26
di Glasgow: “Basta trattare la natura come un gabinetto. Basta bruciare,
trivellare e scavare sempre più in profondità. Stiamo scavando le nostre stesse
tombe”. Ancora più severo il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi,
intervistato dal «Corriere»: “Se non si realizza un piano dettagliato e
condiviso dalle nazioni, è difficile pensare che la promessa sia mantenuta”.
Siamo alle prese con “economie nazionali in concorrenza fra di loro. Il
problema fondamentale è ‘frenare’ queste economie per rallentare le emissioni e
farlo con il consenso delle popolazioni”. Gli italiani fanno abbastanza? “Non
vedo la gente che installa pannelli solari sui tetti. A Roma, sui tetti vedo
più piscine che celle solari”. Nemmeno come negoziatore il governo ha fatto
abbastanza. L’agenzia Bloomberg scrive che i deludenti risultati del G20 sono
dovuti alla cattiva gestione italiana, poco rispettosa dei Paesi – delegazione
russa in primis – che non sono nel ristretto gruppo dei G7. Il ministro degli
Esteri Lavrov accusa la presidenza italiana del G20 di aver preconfezionato il
comunicato finale con i colleghi del G7, mostrandolo in extremis ad altre
delegazioni. Un po’ come fa Draghi nei Consigli dei ministri. È uno dei motivi
per cui è caduta, secondo Lavrov, la scadenza del 2050 per l’azzeramento delle
emissioni di gas serra: data prevista nel comunicato preconfezionato e che è
sostituita da una nebbiosa scadenza: “Attorno alla metà del secolo”. Ogni Stato
farà comunque a modo suo, mentre già ora la terra brucia (l’Ue si impegna per
il 2050, l’India per il 2070). Conclusione di Bloomberg: “Il team italiano è
stato lento nel capire quanto dovesse sforzarsi per convincere Paesi come Cina
e Russia, e ha commesso errori che senza necessità hanno infiammato
risentimenti”. È ingannevole anche l’ennesimo euforico annuncio di una
tassazione globale delle multinazionali. Lo smonta con argomenti convincenti
Nicoletta Dentico sul «Manifesto»: manca “la riflessione sul fatto che il tasso
del 15% concordato dal G20 risulta appena superiore alle aliquote medie del 12%
nei paradisi fiscali, sicché l’esito finale è quello che trasformare tutto il
mondo in un grande paradiso fiscale a partire dal 2023 – l’aliquota delle tasse
sulle multinazionali è intorno al 27,46% in Africa, 27,18% in America latina,
20,71 in Ue, 28,43% in Oceania e 21,43 % in Asia: la media globale si assesta
intorno al 23,64%”. E conclude: “Senza obblighi vincolanti, e una rotta temporale
cogente all’altezza, il G20 consegna alla Cop26 di Glasgow declamazioni senza
credibilità, perché ancora orientate alle vecchie ragioni della economia
globalizzata piuttosto che a un improrogabile nuovo pensiero sul modello di
sviluppo ecologico”. Alcuni passi avanti sono stati compiuti, anche se il più
delle volte confermano impegni solo verbali, cioè già presi anni fa ma non
mantenuti. Si riconosce di nuovo che la terra non deve scaldarsi oltre 1,5
gradi, come nell’accordo di Parigi del 2015. Si torna a promettere aiuti ai
Paesi poveri che più patiranno delle riconversioni verdi (100 miliardi di
dollari all’anno entro il 2025). La data fissata nel 2009 dall’Onu a Copenaghen
era il 2020: non è stata rispettata da nessuno dei Paesi sviluppati, che pure sono
i grandi predatori delle risorse del pianeta. Visti i precedenti c’è da
dubitare che saranno rispettati gli impegni principali presi a Glasgow: freno
alle emissioni di metano (ma Cina, Russia e India dissentono) e stop alle
deforestazioni. Difficile in queste condizioni che i cittadini comprendano quel
che i governi intendano fare qui e ora. Difficile prevedere come se la
caveranno Paesi come l’India e in genere l’Asia, dove vastissime regioni
dipendono dal carbone per sopravvivere. Viviamo dilemmi di natura tragica, che
i sorrisi compiaciuti di Draghi e la foto da Dolce Vita dei Grandi che gettano
monete nella Fontana di Trevi trasformano in incubo. Tutti questi dilemmi e
trionfi dell’inerzia sono chiari a molti, ma il principale dramma viene occultato
nelle conferenze stampa ed è geopolitico, come si capisce bene dal commento di
Bloomberg. È impossibile che i G20 o i Paesi della Cop26 si accordino
seriamente, ingolfati come sono in una nuova guerra fredda che vede Usa e Nato
in croniche posture bellicose contro Russia e Cina, con lo scontro su Taiwan
che incombe. È improbabile una riduzione drastica di produzione petrolifera nei
Paesi nel Golfo, cui la Nato è legata anche militarmente. L’assenza di Putin e
di Xi Jinping a Roma e Glasgow è un segno funesto, di cui i leader occidentali
dovrebbero rammaricarsi in maniera molto più ragionata e meno bellicosa. Nella
sua rubrica “L’arte della guerra”, sul «Manifesto», il geografo Manlio Dinucci
riassume il dilemma geopolitico, spiegando come la rovina non riguardi solo il
clima ma anche la corsa agli armamenti nucleari e le recenti manovre nucleari
della Nato, in funzione anti-Cina e anti-Russia. Poco prima del G20, il nostro
Paese è stato teatro di un’“esercitazione Nato di guerra nucleare Steadfast
Noon nei cieli dell’Italia settentrionale e centrale. Vi hanno partecipato per
sette giorni, sotto comando Usa, le forze aeree di 14 Paesi Nato, con
cacciabombardieri a duplice capacità nucleare e convenzionale dislocati nelle
basi di Aviano e Ghedi. Ad Aviano è schierata in permanenza la 31ª squadriglia
Usa, con cacciabombardieri F-16C/D e bombe nucleari B61”. “Per il clima non c’è
più tempo”, s’inquietano i governanti, ma per una guerra nucleare il tempo pare
si trovi. Siamo ben lontani dallo spirito del Secondo dopoguerra, quando furono
create le Nazioni Unite per metter fine alle impotenze e inerzie della Società
delle Nazioni. Chi si meraviglia solo arrabbiandosi e non allarmandosi per
l’assenza di Putin e Xi Jinping o è cieco, o mentendo ci imbroglia.
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