Tratto da “Se
il clima folle allaga casa mia” di Jonathan Safran Foer, pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” del 14 di novembre 2021: Il mese scorso la mia casa di
Brooklyn è stata inondata due volte, entrambe per tempeste di portata storica:
la prima ha rovesciato più acqua all'ora di qualsiasi altro periodo nella
storia di New York; la seconda tempesta ha doppiato il record della settimana
precedente. "Inondazione" non coglie la portata del fatto. In
entrambi i casi l'acqua si è riversata sotto le porte, si è infiltrata negli
infissi delle finestre e tra crepe capillari nelle fondamenta del palazzo. Ma
c'è di peggio: la rete fognaria della città è stata sopraffatta dall'acqua, che
è risalita (invertendo a tutti gli effetti la direzione del flusso) mandando le
acque di scolo su per i tubi di scarico del seminterrato, per i gabinetti e i
lavandini. Per essere chiaro, "acque di scolo" significa liquami.
Significa merda. Ho ingaggiato una squadra per lavare con gli idrogetti e
disinfettare i pavimenti. (Oltre a essere disgustosa, l'acqua di scolo
costituisce un serio rischio per la salute). Questa squadra era parte di un
piccolo esercito di pulitori industriali provenienti da Chicago - una carovana
di mezza dozzina di camion carichi di attrezzature e personale; hanno passato
due settimane sparpagliati per la città prima di riprendere le loro cose e tornare
a casa. (Automobili elettriche e pannelli solari non sono le uniche attività
create per reagire al cambiamento climatico). Ho ingaggiato un'altra squadra
per sostituire tutte le pareti e le porte fino a un'altezza di trenta
centimetri - tutto ciò che si era bagnato - per non far diffondere la muffa (la
muffa costituisce un altro serio rischio per la salute). Una terza squadra ha
staccato il pavimento cedevole in legno e il sottopavimento saturo d'acqua e li
ha sostituiti, questa volta con un piastrellato impermeabile. Va da sé che la
spesa è stata ingente. Quando mi sono rivolto alla mia compagnia di
assicurazione, mi è stato risposto che per gli "atti di Dio" - gli
eventi che l'intervento umano non può impedire - non è prevista copertura.
Malgrado ciò che sappiamo riguardo l'influenza dell'uomo sulle condizioni
metereologiche, un uragano è considerato un atto di Dio. Quindi non ci
sarebbero stati contributi per il conto salato. Va da sé che la maggior parte
dei miei vicini non sono fortunati quanto me, e non possono permettersi tutti
questi lavori. Sono costretti a fare del loro meglio con spazzoloni e
detergenti comprati al supermercato, costretti a convivere con i rischi per la
salute. E va da sé che questa non sarà l'ultima volta che la città di New York
è colpita da piogge intense. Dunque quali sono le opzioni? Potrei semplicemente
accettare l'idea che le alluvioni continueranno, e fare il possibile per
trovare un'assicurazione supplementare - piani indipendenti per le inondazioni
e le acque di scolo. È un compito già quasi impossibile, e molto presto lo
diventerà del tutto, come per i miei parenti in California è ormai impossibile
acquistare un'assicurazione contro gli incendi boschivi. Potrei affidarmi
all'amministrazione comunale, sperando che intraprenda un enorme progetto di
espansione dell'intera rete fognaria della città per ospitare queste nuove
condizioni climatiche. Viste le proporzioni dell'impresa - smantellare e
ricostruire ogni singola strada cittadina, sopra e sotto terra - sembra
improbabile. Soprattutto se si considera che la città sta cercando di
riprendersi dalle perdite economiche prodotte dal Covid, e che la maggior parte
dei cittadini e dei politici ha una lunga lista di riparazioni urbane che
considera più urgenti. Oppure... potrei impiantare una valvola d'arresto dove
la linea delle mie acque di scolo si collega alla città, con un ingresso
aggiuntivo che si chiuda durante le tempeste - con queste misure si impedirebbe
all'acqua di risalire, almeno in teoria. Sarebbe un lavoro davvero enorme, che
richiederebbe scavi nel seminterrato e nel giardino e la creazione di una
"camera" di cemento a 2,4 metri di profondità, in modo da poter
accedere alla valvola in caso di malfunzionamenti. Un'azienda mi ha proposto un
preventivo da 40.000 dollari, senza neanche la garanzia che avrebbe funzionato.
Non mi sono curato di chiedere un secondo preventivo, sapendo che non potevo
permettermelo. Vale la pena ripeterlo ancora e ancora e ancora: io sono tra i
fortunati. Che dire dei miei vicini in congedo, che hanno già problemi di
salute e nessuna entrata eccetto le loro pensioni? Che opzioni hanno per
affrontare il cambiamento climatico? E quelli con più di un lavoro e che a
malapena riescono ad arrivare a fine mese quando tutto funziona? E quelli che
vivono a valle, dove le alluvioni sono molto più intense? O che vivono in
quartieri più vicini all'acqua? Cosa sceglierà chi non ha scelta? L'alluvione
che ho descritto è un esempio degli effetti del cambiamento climatico ma è
anche una metafora. Abbiamo a disposizione sempre meno opzioni, e sempre
peggiori: affidarci a governi che agiscano come non hanno mai fatto;
"disconnetterci" dal nostro ambiente (creando sistemazioni costose o
trasferendoci in climi più salutari), possibilità concessa solo ai più ricchi
tra i ricchi; o semplicemente accettare più volte all'anno questa nuova realtà
di merda all'interno delle nostre case. L'abilità umana di adattarsi ai
cambiamenti drammatici è tanto motivante quanto deprimente. Chi avrebbe
pensato, un paio di anni fa, che non avremmo battuto un ciglio, che non avremmo
pianto vedendo scuole piene di bambini che indossano mascherine? O che avremmo
considerato normale un bus pieno di gente che fissa rettangoli di vetro nel
palmo, invece di interagire in quello che consideravamo il "mondo
reale"? Se possiamo adattarci alle acque di scolo dei discorsi che ci
inondano sui social media, di certo possiamo adattarci alle acque di scolo in
casa nostra. E non sapevamo tutti che sarebbe successo? Non ce lo aspettavamo
da anni? Non siamo quel tipo di persone che accettano una scienza
incontrovertibile? Davvero è possibile che questa situazione ci vada bene? Non
è chiaro ormai che, consapevolmente o meno, stiamo scegliendo il cambiamento
climatico? Sì, lo sapevamo. Ma non ci abbiamo creduto. Lo sappiamo. Ma non ci
crediamo. Ciò che risiede nella nostra testa a quanto pare non è in grado di
migrare nel nostro cuore. Sono troppi gli incentivi a
dubitare. Abbiamo troppa paura. Le proporzioni della catastrofe sono troppo
grandi per afferrarle. Per quanto mi riguarda, malgrado tutto ciò che ho
appena descritto, io ancora non ci credo. Sta diventando evidente che non sono
capace di crederci. Se ci credessi, non ne scrivere con un tono così misurato;
la reazione appropriata a una catastrofe globale è l'isteria, o almeno
l'allarme. Se ci credessi, avrei incluso una quarta opzione più sopra: dedicare
la mia vita a fare tutto quanto è in mio potere per essere parte della
soluzione. Invece sto imparando ad abituarmi alle perdite. Il mio cuore lo
chiama atto di Dio. E questo, più ancora del cambiamento climatico da noi
prodotto, è l'atto dell'uomo per eccellenza.
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