Comincia così, con la citazione -
tra le tante altre citazioni riportate - tratta dagli scritti di madre Teresa di
Calcutta, il commento della carissima amica Agnese A. al post di ieri: “È
Natale ogni volta che non accetti quelle consuetudini che relegano gli oppressi
ai margini della società”. Non pensavo proprio di dover sollecitare le persone
di buona volontà a tentare di dare un pur minimo cambiamento al Natale edonistico
e consumistico che affligge le società d’oggi. Da “non credente” invitavo a “salvare”
il Natale, per riportarlo allo spirito della condivisione e dell’amore fraterno
predicati da quel bimbo nato in quel di Betlemme. Così prosegue l’amica
carissima: Ho deciso di dedicare questo Natale a M. e alla sua famiglia. Sono
riuscita a coinvolgere in questo progetto anche i miei fratelli e nipoti e
spero di poter vivere un Natale più vero e più sentito, ma certamente ormai non
perderò più di vista questa famiglia... M. è un bimbo nigeriano di 4 anni, che
da poco frequenta la Scuola dell'infanzia in un plesso del quartiere dove
abito. Ho appreso da qualche settimana che M. andava a scuola indossando sotto
il grembiulino una sottile canottierina di cotone e un pantalone più grande
della sua taglia, che intralciava i suoi movimenti... Mi sono sentita stringere
il cuore... La sua mamma lo accompagna ogni giorno, portando con sé il fratellino
più piccolo. Pare che solo una delle maestre si sia accorta delle condizioni di
estrema povertà e del disagio grave in cui vive questa famiglia. La giovane
mamma ha sempre uno sguardo triste ed è riuscita a sorridere per la prima
volta, solo quando la maestra le ha regalato degli indumenti invernali nuovi
per i suoi bambini. La stessa maestra (perché gli altri, messi al corrente
della triste situazione, fanno finta di niente) le ha chiesto di cosa avesse
bisogno e la risposta è stata: "pasta"... L'Italia è piena di
famiglie come quella di M. e purtroppo pochi sono quelli che ci fanno caso,
cercando di alleviare in qualche maniera le sofferenze di chi non ha il
necessario... Che tristezza! Dove sono l'umanità, la civiltà, il progresso, la
fratellanza, di cui tanto si parla? (…). Degli “oppressi” posti “ai
margini della società” ne ha scritto Furio Colombo in “Killer per un giorno per guadagnare 60
dollari” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 2 di dicembre dell’anno 2012:
(…).
Dunque Miguel. Ha undici anni, ha i voti migliori della sua scuola. Gli è stato
detto di iscriversi al ginnasio. Miguel si presenta con la sua pagella e viene
accolto bene. Sessanta dollari. Vogliono sessanta dollari per la quota di
iscrizione. Si, era gratuita l’istruzione in Messico, ma adesso c’è la crisi, e
c’è una tassa da pagare subito. Il padre di Miguel è stato ucciso da tempo, lui
neppure ricorda. La madre dice “no, è impossibile. E i tuoi fratelli? Cercati
un lavoretto”. Miguel sa dove andare. Va da Santos, il giovane ventenne che
controlla la strada. Va da “uno di loro”, tutti ventenni che organizzano la
vita e il da fare dei ragazzi e dei bambini del barrio. Sa che Santos lavora
per altri che a loro volta lavorano per altri, con Suv sempre più grandi e
ville sempre più belle e lontane. Miguel è realista e ostinato. Si rivolge al
giovane capo con una domanda precisa: “Devo fare qualche lavoretto. Mi servono
sessanta dollari.” La risposta è immediata: “Bravo. Li puoi fare con un solo
lavoro, io pago subito. Va bene stasera?” Per Miguel va bene. Il giovane indica
la strada, la casa, il nome della persona da uccidere, mostra la foto e
consegna la pistola al bambino. Miguel è puntuale e preciso. Spara, uccide,
torna senza correre, incassa la sua paga e il giorno dopo si iscrive a scuola. Adesso è al liceo. Ha sempre i voti migliori e andrà all’università, (…). È il
suo racconto esemplare. (…). …non è la povertà la causa della violazione dei
diritti umani e della manipolazione delle persone. Il fatto è che la crescita
della ricchezza avviene in una situazione di totale separazione fra vite e
istituzioni, fra leggi e persone, con la politica sottomessa e complice, mentre
tutti fingono di credere che il privato sia la soluzione, che lo Stato sia il
problema e che ci si debba liberare da diseducative tutele, che tolgono la
voglia di darsi da fare. (…). …il rapporto fra ricchezza che cresce e
violazione dei diritti umani che aumenta, è uno stato di necessità. Lo è perché
la gestione dei rapporti tra fondi sovrani nel cielo alto della finanza del
mondo (che non è scambio di mercato ma un intrico di operazioni diverse che
sfuggono a ogni monitoraggio) richiede di sospendere ogni regola e di diminuire
la democrazia. La democrazia infatti interferisce, rallenta e può persino
esigere ridistribuzioni che la nuova finanza giudica non accettabile.
Sull’altro versante, dell’accumulo e del dirottamento della ricchezza del
mondo, da sottrarre alla produzione e dirigere verso la finanza in modo da
isolare e rendere irrilevante l’attività manifatturiera, dunque la pretesa di
chi lavora di prelevare quote di ricchezza come compenso, è utile citare
Federico Rampini (…) che rappresenta con esattezza il paesaggio visto dall’alto
dei cieli della finanza globale, senza fissa dimora, decisa a smantellare
dovunque ogni forma di intervento sociale: “Il modello sociale europeo soffoca
la crescita sotto una pressione fiscale eccessiva, ingabbia le imprese in una
ragnatela di regole e diritti sindacali paralizzanti, crea nei cittadini una
cultura di dipendenza dallo Stato, ottunde lo spirito d’intrapresa, la capacità
innovativa”. La descrizione, purtroppo esatta, indica l’impegno di rimuovere lo
Stato come sostenitore della controparte, il lavoro. Dunque il vero intento è
la abolizione del mercato, cominciando dal pilastro che regge lo stato
democratico, il rapporto fra capitale e lavoro. (…). È la fine del capitalismo.
Si intravedono macerie. La storia di Miguel comincia qui, nel nuovo mondo,
ricco, globale, senza fissa dimora e senza morale. A chi dovrebbe rendere
conto? Tenetelo presente quando vi indicano questo nuovo mondo come il futuro.
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