Ha scritto Michele Serra in “C’è un limite a tutto” pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” di oggi venerdì 17 di dicembre 2021: (…). C'è
una cosa che va detta, e va detta adesso. Senza acrimonia, ma con serena
durezza: la sola ipotesi suona come una spaventosa offesa a una parte di
italiani che non ho la presunzione di poter quantificare, ma sicuramente non è
piccola. Si tratta di milioni di cittadine e cittadini per i quali Berlusconi,
uomo di parte per eccellenza, non è stato nemico "della sinistra",
ovvietà scontata. È stato nemico della convivenza repubblicana, della misura
democratica, della Polis e delle sue regole. Lo è stato con tenacia e orgoglio
(gli va riconosciuto), l'orgoglio di chi si considera al di sopra di ogni
legge, di ogni equilibrio dei poteri. Padrone del Paese, certo non suo
servitore come dovrebbe essere l'uomo del Colle. Quanto alla sua immagine
internazionale, non c'è italiano abituato a viaggiare che non si sia sentito
umiliato dalle battute sul bunga-bunga e dalle risatine di compatimento.
Ometto, perché lo considero perfino meno grave, il cumulo delle vicende
giudiziarie: non è affatto irrilevante, ma basta e avanza, per rendere
irricevibile la candidatura di Berlusconi, la sua figura politica. Da elettore
del centrosinistra pretendo che i miei rappresentanti, eletti con il mio voto,
lo dicano forte e chiaro: non se ne parla neanche. È offensivo solamente
proporlo. C'è un limite a tutto, perfino in questo Paese smemorato, cinico,
opportunista. Di seguito, la scrittura “colta” in “Il joker alla Tortuga” di Franco Cordero - Cuneo, 6 di agosto dell’anno
1928/8 di maggio 2020 – pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 16 di febbraio
dell’anno 2011: La Procura di Milano chiede il giudizio immediato contro Sua Maestà su
due accuse, concussione, diretta a occultare atti sessuali con una prostituta
minorenne, e com’era prevedibile, esplode il pandemonio: l’ultima storia
politica è il romanzo nero del come un pirata insediato a Palazzo Chigi
moltiplichi l’immenso bottino avvilendo la giustizia; piene d’uomini e donne
suoi, le Camere cantano, ringhiano, votano, applaudono qualunque cosa comandi.
«Giudizio immediato» significa andare al dibattimento, omessa l’udienza
preliminare, essendo evidenti le prove: se tali siano, lo dirà il giudice delle
indagini preliminari; opprimono l’imputato discorsi raccolti dagl´inquirenti,
carte bancarie, voci nei nastri. Dal chat emergono interni d´una Maison Tellier
con demoiselles, maîtresse, lenoni, ma Guy de Maupassant la evoca decorosa,
seria, pulita, senza annessi al malaffare politico. Qui regnano atmosfere cupe.
Non è chiaro dove stia il sopruso: sono due reati perseguibili d’ufficio;
essendo obbligatoria l’azione, la Procura doveva muoversi; perciò nelle
fantasie berlusconiane il pubblico ministero sta agli ordini del governo; e
fosse così, la Maison fiorirebbe rigogliosa. Non tiri in ballo l’ordigno
inquisitorio. Cercava rogne telefonando in questura affinché, illegalmente,
restituisse al mercato una minorenne ivi accompagnata, già ospite delle lugubri
soirées; donde la connessione delle accuse; premendo sul questore schiva
pericolose scoperte se Karima el Mahroug, in arte Ruby, parlasse; che poi,
oltre al buon cuore (dalla fisiognomia nessuno l´arguirebbe), l´intervento
abbia fine politico, essendo costei nipote del presidente egiziano Hosni
Mubarak, è favola d´un genere spiritosamente coltivato da Boccaccio,
Machiavelli, Aretino. Le Procure non emettono sentenze, quindi ha poco da
temere, supponendo che sia innocente, quale afferma d’essere (non ricordiamo se
anche stavolta giurasse sulla testa dei figli). Il Tribunale stabilisce cosa
sia avvenuto: l’accusa conduce alla condanna in quanto risulti fondata,
altrimenti cade; aperta la via al dibattimento, bastano poche settimane; il
soccombente appellerà e resta il ricorso in cassazione. È ferma regola ma nella
logica paranoica della Tortuga italiana, Lui non soggiace a regole: se le fa e
disfa; l’investitura elettorale gli conferisce poteri illimitati. Qualche fine
intelletto taglia corto: «a maggioranza assoluta» Montecitorio ha dichiarato
incompetente quel Tribunale; «Roma locuta, causa finita». Nella Carta futura,
scandita in dialettica d’asino, può darsi che le Camere abbiamo giurisdizione
ma finché viga la divisione dei poteri, la competenza è una delle tante
questioni risolte nel processo. Gli uomini del re vogliono il Tribunale dei
ministri: o meglio fingono di volerlo: siccome i giudizi lì dipendono dal
permesso assembleare, il caso B. va in scena nella settimana dei tre giovedì; e
perché sarebbe reato ministeriale l’intervento notturno a beneficio della
signorina? Il benefattore la credeva nipote del raìs egiziano, col rischio d´un
conflitto internazionale: siamogli grati d’averlo scongiurato; venerdì notte 28
maggio 2010 tutelava interessi dello Stato. Scurrili buffonate d’avanspettacolo.
In sede giuridica c’è poco o niente da dire. Molto interessante, invece, l’aspetto
antropologico. Fa testo lo scritto leopardiano sullo «stato presente dei
costumi degl’italiani» (marzo 1824): era appena riapparso presso Bollati
Boringhieri con un lungo sèguito dove chi scrive sfoglia i 187 anni seguenti. I
due secoli della malata culminano nel Re Lanterna, al quale sono legate le sue
sorti. L’escursione trova ex adverso un’intelligente, colta, empaticamente
solidale recensione nella pagina su cui incombe il disumano Bibliotecario d’Arcimboldo,
1566 (Sandro Fusina, «Il Foglio», 8 febbraio 2011: in chiave arcigna trapelano
assensi anche dalla nota d’Alessandro Giuli, ivi). Bene, siamo d’accordo in
vari punti ma eccone uno sul quale bisogna intendersi. Quando chiamo B.
demiurgo, l’unico della storia d’Italia, la parola suona nel senso in cui
Doctor Frankenstein ricompone l’uomo da materiale cadaverico o il rabbino di
Praga fabbrica i golem, omuncoli d’argilla. Non c’entrano le fantasmagorie
gnostiche o ripulsioni catare. Semmai rivediamo spettrali film muti tedeschi.
Alleva animali umani questo Joker: Caimano, Leviathan, Minotauro; i nomi
designano aspetti estranei alla nostra specie. Guardatelo: ignora la logica a
due valori, vero-falso, confusi nell’indefinitamente trasmutabile virtuale;
privo dell’organo, non formula né intende valutazioni morali o estetiche; aveva
riflessi infallibili (la vecchiaia li offusca). Quanti crani s’era annessi in
trent’anni d’inesorabile ipnosi televisiva. I programmi operavano colossali
lobectomie cerebrali. Che l’Italia tardofascista stesse meglio in risorse
intellettuali, lo dicono i fatti: Mussolini piace; vent’anni d´un rituale
invasivo l’hanno assuefatta al carnevale nero ma pochi pigliano sul serio la
mistica del credere, obbedire, combattere, corrosa dall’atavico cinismo (in
acume maligno gl’italiani non hanno eguali, nota Leopardi); sono quasi tutti
fascisti, cum iudicio, quindi vedono dove portino le bestialità belliche
mussoliniane, e domenica sera 25 luglio 1943 cambiano casacca. Era fulminea la
percezione del pericolo. Sessantotto anni dopo non esiste più futuro: formidabile
nell’arricchirsi sulla pelle collettiva, dopo nove anni e mezzo al governo l’Olonese,
qualificatosi squallida nullità, conserva il grosso dei consensi, Dio sa come.
Martedì sera sedeva al centro della tavola, farfugliante torvo; «è uno schifo»
che la Procura milanese, «partito politico, macchini «processi farsa», su
«accuse risibili», ma non tanto, vista la furia con cui tenta d’eluderli (l’ultimo
colpo d’ingegno manicomiale è un decreto legge che spenga le crudeli confidenze
telefoniche); medita cause allo Stato; ventila terribili vendette; dedica
troppo tempo all’amatissima Italia, anziché godersi i soldi costruendo ospedali
infantili. Fanno spettacolo i visi ministeriali, dal bronzo al nodding commosso
e occhi umidi.
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