Scrivevo il 19 di novembre
dell’anno 2005 su questo blog: Attingendo
a piene mani dalla fonte inesauribile di questa rubrichetta (“Mal d’Italia”
n.d.r.) che è il lavoro di Raffaele
Simone “Il paese del pressappoco”, il capitolo quattordicesimo, ovvero il
capitolo del “Ressentiment” affronta
un altro degli aspetti più “tragici” della vita collettiva del bel paese,
quello relativo alle relazioni individuali e collettive più pregnanti di una
società civile ed evoluta. Un paese senza futuro, per l’appunto, o magari con
un futuro non proprio luminoso ma che è proprio di colui che sa e pratica il
gioco antico delle “tre carte”, sempre in voga e ben diffuso nel bel paese.(…).
La dissoluzione della fiducia pubblica è talmente vistosa e i suoi effetti sono
talmente severi che è singolare che nessun osservatore se ne sia accorto.La
fiducia è infatti una “passione” politica per eccellenza, uno dei fondamenti
delle buone società e in generale di contesti collettivi funzionanti.Se
non esistesse, svanirebbero una quantità di figure tipiche della vita
associata, soprattutto nei paesi evoluti.Molte funzioni della nostra vita
sono basate infatti sulla fiducia: quella che dobbiamo avere in altri e quella
che altri devono avere in noi. Abbiamo bisogno di (o forse: siamo obbligati a)
fidarci di banche, magistrati, polizia, insegnanti, medici, progettisti di
ponti e di ascensori, elettricisti, carrozzieri, meteorologi, piloti d’aereo e
di treni, amministratori di condominio, baby sitter, guidatori d’automobile,
postini, idraulici, chirurghi, levatrici, guardiani notturni, governanti… Tutte
le volte che ricorriamo ai servizi e alle prestazioni di queste persone,
dobbiamo supporre che faranno quel che promettono, che lo faranno a un buon
livello di qualità e senza approfittare della condizione in cui si trovano per
danneggiarci. Insomma, dobbiamo farlo, e lo facciamo con fiducia.La
fiducia è quindi una geniale invenzione evolutiva, che consiste nel delegare ad
altri la cura di determinati segmenti dell’agire collettivo, senza che dobbiamo
preoccuparci della qualità del risultato.In questa veste, essa fluidifica
infiniti snodi della vita degli esseri umani dato che risparmia loro una
quantità di passi che altrimenti dovrebbero compiere di persona.(…).
Dal punto di vista collettivo, (…), la fiducia è cruciale per creare stabilità
e pace sociale (con le persone di cui non mi fido avrò rapporti tesi o motivi
di protesta) e, più ancora, per darci possibilità di immaginare un futuro (…).Essa
alimenta anche la speranza, come ha mostrato limpidamente Niklas Luhmann: - Chi
dimostra fiducia anticipa il futuro e agisce come se fosse sicuro del futuro.
Si potrebbe dire che sconfigge il tempo, o, perlomeno, le differenze temporali
-.Il futuro della “civitas” dipende quindi in misura notevole dalla
fiducia che i cittadini ripongono nell’operato, nei progetti e nelle promesse
degli altri, soprattutto del ceto politico, a cui spetta istituzionalmente il
compito di formulare progetti e promesse.Questo all’inverso si aspetta di
essere sostenuto dai cittadini fiduciosi con il loro consenso, con le tasse che
pagano, con il loro voto.(…). Questo è ciò che postula la teoria. Se
ci sporgiamo sull’Italia per vedere come vanno le cose, ci accorgiamo però che
il circuito – promessa-fiducia-attuazione – non funziona.Gli
italiani sono intrinsecamente, per tradizione antica, un popolo minato dalla
sfiducia. L’italiano “non la beve”. E siccome non si fida è risentito contro
tutto e tutti. Ora,
il “risentimento” è il contrario esatto della fiducia, la reazione tipica di
chi non trova nulla che lo soddisfi o lo appaghi, di chi sospetta di tutto e di
tutti.Consiste nel mugugnare senza posa, ripetendo che niente va bene, niente
è a posto, tutto è da rifare, che chiunque faccia una cosa la fa solo per
interesse personale …È anche l’atteggiamento di chi, tra una
soluzione innovativa e progressista e una autoritaria e conservatrice, tende a
preferire la seconda. È insomma la posizione tipica delle plebi, che non sono
in grado di attingere un livello di considerazione che permetta di guardare
agli interessi generali.Il risentimento (…) non ha solo effetti sul
singolo, ma pesa anche sulla collettività, perché interdice la speranza di
futuro. Infatti, le società che lo praticano come costume si abituano
lentamente a non sperare in nulla e diventano ostili al futuro e in generale al
cambiamento: siccome il risentimento ‘ favorisce la supremazia del passato
sull’avvenire ‘, rimpiangono il passato anche nei suoi aspetti più ostici.Chi
può fidarsi di quel che ci viene promesso, chiunque sia la persona che
promette? Per converso, in un contesto in cui la fiducia non ha posto, gli
uomini pubblici non considerano vitale, né per la loro reputazione né per il
paese, mantenere le promesse. Un così radicato movente di risentimento toglie
agli italiani (…) il respiro inventivo, il gusto della profezia, la visione, il
sogno e l’utopia, li appiattisce sul rimpianto un po’ querulo di un passato
immaginario e fantasioso e su un presente voracemente consumato.L’idea
di un “mondo migliore”, se non del tutto scomparsa, è evaporata allo stato di
rivendicazioni contingenti di gruppi e categorie. (…). Ha scritto Marco
Travaglio in “Il Paese di Sottosopra”,
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, sabato 20 di novembre 2021: Nel
Paese di Sottosopra una ministra vota alla Camera contro il suo governo con due
partiti della maggioranza, che va in minoranza; ma il premier, anziché salire
al Quirinale, fischietta. Nel Paese di Sottosopra tutti applaudirono Renzi
quando fece fuori tutti i partiti dalla Rai tranne il suo; oggi, per coerenza,
applaudono Draghi perché fa fuori un solo partito, quello che ha vinto le elezioni,
per spartirsi la Rai con tutti gli altri, quelli che le hanno perse; e la colpa
è del leader dell’unico escluso. Nel Paese di Sottosopra, le Regioni sabotano i
centri pubblici per l’impiego che dovevano attivare con 1 miliardo dello Stato;
il governo, anziché obbligarle a farlo o riprendersi il miliardo, licenzia i
navigator dopo averli formati e s’affida alle agenzie di Confindustria; Chiara
Saraceno, consulente del governo, dice che “la stretta del governo sul Reddito
non si basa su dati, ma su una narrazione fantasiosa e ideologica sui
beneficiari nullafacenti”. Nel Paese di Sottosopra il governo annuncia per mesi
che cercherà “casa per casa” i 3,5 milioni di over 50 non vaccinati (che
rischiano più dal Covid che dal vaccino); poi, siccome non riesce a convincerne
uno, prova a farlo imponendo il Green Pass per lavorare; ma i non vaccinati,
non essendo obbligati dal governo, non si vaccinano e si fanno i tamponi;
allora il governo, per fare numero, minaccia di vaccinare i bambini (che
rischiano più dal vaccino che dal Covid). Nel Paese di Sottosopra, quando il
governo impone il Green Pass per lavorare, le imprese fanno notare che
perderanno manodopera con gravi danni all’economia; allora il governo non fa i
controlli (mille multe in due mesi), così i No Pass continuano a lavorare senza
neppure il fastidio del tampone; ma tutti restano convinti che lavori solo chi
ha il Green Pass e l’Italia sia un modello per il mondo intero (che però si
guarda bene dall’imitarla). Nel Paese di Sottosopra, deve avere il Green pass
chi lavora da solo in un ufficio di 100 mq o a distanze siderali dai colleghi,
o viaggia su un vagone Frecciarossa o Italo semivuoto (sennò l’intero convoglio
viene fermato in aperta campagna); invece non deve averlo chi si ammucchia nei
carnai di bus, metro e treni per pendolari e studenti; e a scuola il metro di
distanza è obbligatorio “ove possibile”. Nel Paese di Sottosopra, alcuni
spostati che si fanno chiamare “governatori” o “ministri” chiedono il “lockdown
per i non vaccinati” (ideona già fallita in Austria), come se questi fossero
fosforescenti, distinguibili a occhio nudo dalle decine di milioni di
vaccinati, ergo facili da scovare e rinchiudere ai domiciliari. Nel Paese di
Sottosopra, questa allegra brigata di buontemponi viene chiamata “Governo dei
Migliori”.
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