Da una corrispondenza di Umberto Galimberti – “A proposito del rosario elettronico” – pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” di sabato 18 di dicembre dell’anno 2010: Non è che, nel tentativo di modernizzarsi, le pratiche religiose perdono la dimensione del sacro? Non è proprio il mio campo specifico, ma provo a entrarci, (…).
Quando le pratiche religiose si
"modernizzano" per stare "al passo coi tempi" è il momento
in cui quella religione non crede più in se stessa e, per sopravvivere, si
affida alla "modernità" dei mezzi di comunicazione, negando comunque
quel tratto tipico della modernità che è il rifiuto di una verità assoluta. Il
rosario elettronico fa parte di questa malintesa modernità. Così come quelle
nenie recitate in italiano che in chiesa hanno sostituito il canto gregoriano e
la polifonia. Se la chiesa vuole essere un luogo "altro" rispetto
alla casa, alla strada, all'ufficio, in chiesa si deve parlare un'altra lingua
rispetto a quella che abitualmente usiamo tra noi. "Ma la gente non
capisce", si è soliti obiettare. Ebbene, a mio parere non è importante
capire, ma percepire la dimensione di quell'"altrove" dove abita il
sacro, e che le nostre abituali parole non sono in grado di raggiungere. Perché
altrimenti che ne è dell'"ineffabilità" di Dio? Se non sappiamo
propriamente chi è Dio, e tanto meno possiamo conoscerne il volto, a Dio non si
perviene con le parole che quotidianamente utilizziamo, ma unicamente col
canto, dove le parole si perdono e diventano incomprensibili nel suono. In
questo naufragio del linguaggio, che non è più preghiera per l'esaudimento dei
nostri desideri e neppure invocazione per ottenere grazie, si dischiude una via
che ci porta in una sorta di "dislocazione" rispetto ai luoghi che
solitamente abitiamo, l'unica che ci consente di avvicinarci a quell'Altrove, o
a quel totalmente Altro, con cui i più rispettosi nominano Dio. Per accedere al sacro, occorre infatti percorrere una via
angusta e rischiosa che lascia ai suoi bordi l'intelletto che si rifiuta di
accedere all'invisibile e di proferir parole su ciò che non sperimenta, e
il sentimento che, abbandonato a se stesso, percorre quella deriva dove,
sospeso ogni atteggiamento critico, si abbandona alla devozione incondizionata
che percorre sentieri incomunicabili, dove viene abolita ogni distanza tra
l'umano e il divino, e dove si proferiscono parole vissute come parole di Dio,
quando invece nascondono solo la forza esasperata e incontrollata del bisogno
umano di protezione. Il rosario, simile a un mantra che ripete se stesso, dice
l'incapacità dell'uomo di rivolgersi a Dio, se non ripetendo la stessa parola.
E già proferirne una in nome di Dio è un atto che sfiora l'empietà. Per cui ci
vuole quella mediazione che nel mondo cristiano si chiama Maria. Il rosario
elettronico non capisce nulla di questa via ardua e rischiosa che, nel
rivolgersi a Dio, evita all'intelletto la sua rigidità e al sentimento la sua
deriva. È una via che possono percorrere sia coloro che credono, sia coloro che
non credono, perché sia gli uni sia gli altri, se appena conoscono la fragilità
della coscienza, e non si irrigidiscono scambiando la loro posizione con la
verità, possono disporsi di fronte all'indecifrabilità del sacro, come diceva Tommaso d'Aquino: cum timore et tremore multo.
Ma per questo ci vuole il coraggio di coniugare la forza della fede con
l'umiltà del dubbio.
"La fede è conoscenza del cuore,oltrepassa il potere della dimostrazione".(Khalil Gibran). "La fede,come l'amore,non passa attraverso la ragione".(Hermann Hesse). "La fede coglie la verità molto prima dell'esperienza".(Khalil Gibran). "Più che ragioni per credere,ci sono ragioni per dubitare del dubbio".(Nicolas Gomez Davila). "Una fede che non dubita è una fede morta".(Miguel de Unamuno). "Il dubbio cresce con la conoscenza". (Johann Wolfgang von Goethe). "Col dubbio siamo giunti alla verità".(Cicerone). "Non smettiamo mai di osservare come bambini curiosi il grande mistero nel quale siamo nati".(Albert Einstein). Grazie, carissimo Aldo,per questo stupendo post che ci aiuta a guardare in modo equilibrato e consapevole alla soluzione del problema del conflitto tra fede e conoscenza razionale, tra sentimento e ragione... Si tratta di addolcire il rigore dell'intelletto con il calore del cuore e di illuminare con la luce della ragione la forza incontenibile del sentimento... "In medio stat virtus". Buona continuazione e grazie ancora.
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