Ha scritto Natalia Aspesi in “Giovani, tristi e depressi. Com’è avvenuto tutto ciò”, pubblicato
sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 5 di novembre 2021: “(…).
È successo qualcosa di imponderabile, di misterioso, che io non so decifrare,
per cui il lavoro sta perdendo valore, se lo trovi devi essere grato, se lo
perdi temi di non trovarne un altro e quindi accetti tutto, pochi soldi, orari
pesanti, senza accorgertene abbassi la testa, ti deprimi, pensi che non avrai
un futuro, finisci con l’essere grato a chi ti schiavizza. Come è avvenuto
tutto ciò? Perché io, settant’anni fa, con un modesto diploma, ho trovato
lavoro nel momento stesso in cui l’ho cercato, e la scelta era ampia, un lavoro
qualsiasi è vero, ma è anche vero che non sapevo fare nulla? Come mai mi sono
sentita protetta da uno stipendio, dal denaro mio che consegnavo orgogliosa a
mia madre, e quindi in grado di aspirare al meglio e di ottenerlo? (…)". Tratto
da “Quando chiama il call center siate
gentili...” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del
quotidiano “la Repubblica” del 7 di novembre dell’anno 2015: Se
Marx chiamava alienazione lo sfruttamento del lavoratore, oggi ci troviamo di
fronte a un'alienazione più grande che potremmo chiamare deumanizzazione. I
lavoratori dei call center sono per me la conferma più evidente che, come a più
riprese nel secolo scorso avevano annunciato Heidegger, Jünger, Jaspers e
Günther Anders, è finita l'età umanistica, quando l'uomo era il soggetto della
storia e gli strumenti che utilizzava per il suo lavoro erano i mezzi con cui
realizzava nell'opera le sue ideazioni ed esprimeva e sue capacità. Oggi non è
più così perché, nell'età della tecnica, l'uomo non è più il soggetto del suo
operare, ma il semplice esecutore di azioni descritte e prescritte
dall'apparato tecnico regolato dai soli criteri di efficienza e produttività. La
razionalità che regola le procedure tecniche prevede che si raggiunga il
massimo degli scopi con l'impiego minimo dei mezzi, per cui un telefonino di
piccole dimensioni che svolge molte funzioni è più razionale di un telefono di
una volta che, oltre ad essere di dimensioni maggiori, svolgeva una sola
funzione. Per adeguarsi a questo tipo di razionalità, chi lavora deve
subordinarsi agli strumenti con cui lavora e porsi al loro servizio. Günther
Anders, allievo di Heidegger, traferitosi in America per sfuggire alle
persecuzioni naziste, dopo aver trovato lavoro alla Ford, scrisse al suo
Maestro: «Lei mi ha insegnato che l'uomo è il pastore dell'essere, ma io qui
alla Ford mi sento il pastore delle macchine. Nel nostro lavoro non dobbiamo
avere alcun interesse per ciò che eseguiamo, dobbiamo lavorare senza scopo. Se
uno di noi domandasse al caposquadra qualcosa sullo scopo del nostro fare, nel
migliore dei casi passerebbe per un tipo strano e inidoneo al lavoro. Dato che
si svolge alla cieca rispetto allo scopo, il nostro lavoro è simile a una
ginnastica, a esercizi a corpo non libero perché dettati dalla catena di
montaggio. E dobbiamo essere persino grati che ci è concesso di eseguirla, a
differenza dei disoccupati che chiedono il diritto a questa ginnastica come un
diritto politico fondamentale». Questa condizione io la vedo riprodotta nei
call center, dove la soggettività dell'operatore è annullata o subordinata ai
ritmi di produzione misurati sui numeri dei contatti per soddisfare il cliente,
che riceve informazioni spesso inadeguate alle sue domande. Per non parlare dei
call center adibiti a offerte e promozioni che, quando chiamano, non di rado
ricevono insulti per il disturbo arrecato. A questo proposito faccio un invito
a chi riceve queste telefonate: siate almeno gentili nel rifiuto, perché
dall'altra parte c'è qualcuno costretto a lavorare nelle condizioni che la
lettrice ha descritto. Rovesciando la teoria del filosofo francese Lamettrie,
che concepiva l'uomo come una macchina, potremmo dire che nell'età della
tecnica l'uomo deve farsi simile alla macchina, prendere esempio dal computer
che ha davanti agli occhi, perché la macchina non si assenta, non prende ferie
o malattie, non va in depressione come talvolta capita agli umani, non si demotiva,
non si distrae, non è turbata da sentimenti o problemi familiari, non cerca la
propria autorealizzazione. Per tutte queste ragioni, come scrive Günther
Anders: "l'uomo è antiquato". E nell'età della tecnica deve portarsi
all'altezza delle prestazioni del suo computer, se vuol salvare il posto di
lavoro, condizione del suo vivere. Siamo a questo.
"Credo che l'orribile deterioramento del comportamento etico della gente oggi derivi dalla meccanizzazione e disumanizzazione della nostra vita, un disastro sottoprodotto della mentalità scientifica e tecnica." Nostra culpa". L'uomo si raffredda più velocemente del pianeta".(Albert Einstein). "Il pericolo del passato era che gli uomini diventassero schiavi. Il pericolo del futuro è che gli uomini possano diventare robot".(Erich Fromm). "Se è il ritmo della macchina a dettare il ritmo del lavoro del servitore della macchina,l'uomo deve identificarsi con qualcosa di non-umano, e questo processo di disumanizzazione oggi si chiama specializzazione. Specializzato non è solo chi serve la sua macchina come va servita, ma l'impiegato, il funzionario, il dirigente, l'operatore di mercato, che servono i rispettivi micro- o macro-apparati come vanno serviti. Solo se la loro specializzazione tiene il passo con l'innovazione tecnica, solo se saranno all'altezza delle esigenze richieste dalle loro macchine e dai loro apparati, allora il loro servizio sarà perfetto".(Umberto Galimberti). "Se in noi non c'è una compassione profonda, diventeremo sempre più spietati e disumani nelle nostre relazioni reciproche. Avremo delle menti meccaniche che funzionano come computer, addestrate a compiere determinate funzioni. Continueremo a cercare la sicurezza,sia fisica che psicologica, e perderemo il contatto col senso della vita, con la sua straordinaria profondità e bellezza".(Jiddu Krishnamurti). "È così stupido chiudere gli occhi al mistero, così disumano...". (Federico Fellini). Carissimo Aldo, grazie per questo importantissimo e coinvolgente post che è una nuova perla del tuo blog. Se si prendesse coscienza veramente dei grossi danni che l'indirizzo dato alla nostra società sta arrecando all'uomo, sicuramente si cambierebbe rotta, ma pare che ormai siamo giunti a un punto di non ritorno e sinceramente mi fa spavento pensare ad una umanità così tremendamente disumanizzata...
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