"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 22 giugno 2025

Lastoriasiamonoi. 69 Omar El Akkad: «Non abbiamo il diritto di arrenderci, per il bene dei nostri figli».


“E adesso Gaza?”, testo della conversazione di Antonio Scurati con lo scrittore Omar El Akkad pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” di oggi, domenica 22 di giugno 2025: Non abbiamo il diritto di arrenderci.  Gaza impone a tutti un esame di coscienza.  Lo impone in particolare a chi ha la possibilità di far udire la propria voce. Personalmente, onestamente, devo allora confessare la mia disperazione. Pur avendo speso, senza riserve né risparmio, tremila pagine e dieci anni della mia vita a raccontare e a denunciare il fascismo novecentesco, le sue violenze, le sue guerre, i suoi genocidi, ogni volta che ho scritto un articolo, rilasciato una dichiarazione, partecipato a un dibattito, firmato un appello per denunciare i massacri della popolazione di Gaza, mi sono subito sentito afferrare nella morsa di sgomento e sconforto. Quando a perpetrare il massacro sistematico di civili è uno Stato democratico, fiancheggiato dai governi di Stati democratici, finanziato e armato dalla più grande democrazia del mondo in nome della democrazia e dell'Occidente, la democrazia si svuota di ogni sostanza e l'Occidente di ogni senso. Ti manca, allora, la terra sotto i piedi. A soffocarti le parole in gola subentra, perfino, una sorta di vergogna. Il crimine è al tal punto spropositato, la carneficina tanto grande, la sofferenza vissuta dal popolo palestinese a tal punto incommensurabile con la nostra esperienza di vita agiata e protetta da farci sentire non solo inetti e impotenti ma perfino inadeguati e indegni di parlarne. Una paradossale pudicizia ci afferra: alcuni di noi, consapevoli del nostro privilegio, addirittura si vergognano di spendere ancora vane e vacue parole sulla immane tragedia, sul gigantesco crimine di Gaza. Ovviamente, non ci sono parole più vane e più vacue di queste. Queste mie parole che, di fronte al massacro di un intero popolo, riflettono sul disagio psichico e morale di chi ne è spettatore. Siamo in un vicolo cieco, il circolo vizioso fa un altro giro. A maggior ragione adesso. Adesso che la nuova guerra di Israele all'Iran confinerà i perduranti massacri di Gaza in un cono d'ombra ancora più fitto. Eppure, non abbiamo il diritto di arrenderci. (…): il genocidio dei palestinesi di Gaza rappresenta una di quelle date luttuose nella storia che costringe ogni generazione a una resa dei conti con le proprie convinzioni e illusioni. Siamo a un punto di rottura, di non ritorno. Secondo El Akkad (Omar El Akkad, scrittore canadese di origine araba, autore del volume “Un giorno tutti diranno di essere stati contro”, edito da “Gramma Feltrinelli”, pagg. 208, euro 18 n.d.r.) con il quale ho avuto la conversazione che segue, proprio chi ha sinceramente creduto nelle democrazie liberali, di fronte a Gaza, per rimanere fedele a sé stesso, deve tragicamente riconoscere che l'Occidente liberale ha tradito tutte le sue promesse.

Antonio Scurati: Genocidio. Partiamo da qui. Da questo neologismo coniato nel 1944 dall'Occidente per comprenderne la storia altrimenti incomprensibile e ridefinirsi. Israele è accusato di genocidio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza da due commissioni indipendenti delle Nazioni Unite, da numerose Ong per i diritti umani, nonché dalla relatrice speciale delle Nazioni unite sui Territori palestinesi occupati Francesca Albanese, da numerosi Stati e da diversi storici esperti di genocidio e Olocausto, tra cui eminenti storici israeliani. Nonostante ciò, i governi di numerosi altri Stati occidentali (tra cui Italia e Stati Uniti) si rifiutano drasticamente di riconoscere il genocidio. Con loro, milioni di cittadini. Lei fornisce una spiegazione semplice e terribile per questo disconoscimento: genocidio è una parola vincolante. Se la si usa, si è obbligati ad agire per fermarla.

Omar El Akkad: Non penso che la mia sia una tesi particolarmente controversa. Il caso dello sterminio del popolo palestinese per mano di Israele non è unico. La stessa riluttanza a definirlo genocidio si è vista praticamente in tutti i massacri che si sono susseguiti nel corso della mia vita, proprio perché la parola genocidio comporta un obbligo - non solo di opporsi a quello che sta succedendo ma, ancor prima, di impedire che avvenga. In questo caso specifico, alla riluttanza si unisce il fatto che lo stato responsabile del massacro è un alleato dell'Occidente, mentre le vittime non lo sono.

A.S.: «Per ogni generazione arriva un momento di totale disgusto che ci lascia totalmente svuotati. La storia è un cimitero di questi momenti». Tu affermi che vedere il leader della più potente nazione del mondo - nominalmente alfiere del liberalismo occidentale mainstream (Biden) - che avalla e finanzia un genocidio suscita una presa di distanza definitiva: «Non voglio averci più niente a che fare». Siamo davvero al punto di rottura definitivo? Ma non è paradossale che a rompere, cocentemente delusi, con le illusioni della democrazia liberale debbano essere proprio quelli che hanno sinceramente creduto in essa e lottato per essa?

O.E.A.: Lo trovo non soltanto paradossale e ironico, ma anche sconcertante. Quando parlo di chi ha creduto in questo genere di democrazia liberale, non intendo persone lontane: parlo di me. C'è stato un periodo, non molto tempo fa, in cui questo tipo di liberalismo esibito mi sarebbe andato bene. Ma ho visto troppi bambini trucidati per riuscire ad accettare ancora questa farsa. Non posso più fingere, e non penso di essere l'unico ad aver raggiunto questo punto di non ritorno. Ciò detto, non mi aspetto in alcun modo che i fascisti pronti a prendere il potere possano in qualche modo migliorare le cose. In America l'amministrazione Trump ne è la prova innegabile. La differenza è che non mi aspetto niente di meglio dai fascisti. Ma quando un politico si fa eleggere sostenendo di avere a cuore i principi della democrazia liberale, sono tenuto ad aspettarmi qualcosa di meglio.

A.S.: Veniamo all'analisi di questa fine dell'illusione liberale. Lo sterminio dei reporter palestinesi è l'emblema, secondo te, del crollo di uno dei pilastri del liberalismo: l'idea della libera informazione. Sull'altro versante, infatti, anche giornali simbolo della stampa indipendente praticherebbero secondo te una metodica «alterazione della lingua mirata a sterilizzare la violenza» di Israele.

O.E.A.: Anche in questo caso, non mi sembra un'affermazione particolarmente controversa. Quando la Russia bombarda un ospedale ucraino, è difficile immaginare che i media occidentali presentino la storia come se l'ospedale si fosse misteriosamente fatto saltare in aria da solo. Eppure, abbiamo visto che è la norma quando si parla dello sterminio dei palestinesi per mano di Israele. Se anche qualcuno non avesse a cuore la sorte del popolo palestinese, dovrebbe comunque ricordare che un'intera generazione è testimone in tempo reale di questa manifesta ipocrisia, che porterà i giovani a fidarsi sempre meno dei media in generale, una sfiducia che li accompagnerà per tutta la vita. Nell'ultimo anno e mezzo, l'industria dell'informazione ha arrecato danni incalcolabili al proprio futuro.

A.S.: Altra menzogna disgustosa è quella della reiterata professione di fede nei cosiddetti valori occidentali. Gli esponenti più brutali della destra trumpiana e israeliana manifestano aperto disprezzo per i palestinesi assassinati in quanto considerati sub-umani ma anche i democratici americani non sono da meno: la strage quotidiana di bambini innocenti non impedisce loro, al di là dei proclami retorici, di continuare a sostenere Israele, così come non impedisce a milioni di cittadini comuni di perseverare in quel sistema di vita che avalla la strage.

O.E.A.: Penso che siano due i fattori fondamentali che contribuiscono a questo sostegno bipartisan - o perlomeno a questa ambivalenza - nei confronti dello sterminio del popolo palestinese. Il primo è che, dal punto di vista politico, i palestinesi non hanno nessun peso nei centri del potere occidentale. Semplicemente, se si decide di fare qualcosa per aiutarli non si guadagna nulla in termini politici. Certo, questa situazione sta cominciando a cambiare, ma solo e unicamente grazie all'enorme pressione delle manifestazioni popolari. Il secondo fattore è che sia i democratici che i repubblicani, a livello istituzionale, devono rispondere agli stessi finanziatori di grandi imprese. Di conseguenza, la loro capacità di fare qualcosa per i più vulnerabili - e non parlo solo dei palestinesi, ma anche dei cittadini più fragili del Paese in cui vivo - è fortemente limitata. In questo modo, abbiamo due partiti che condividono un'enorme fetta di priorità politiche e di bilancio, e concordano sul servire i miliardari e i loro interessi a spese praticamente di tutti gli altri, scontrandosi poi solo in patetiche scaramucce sugli slogan esibiti su cartelli e spillette. È a dir poco esasperante.

sabato 31 maggio 2025

Lavitadeglialtri. 95 «Quei “Lazzari” di Gaza».

 Sopra. “Resurrezione di Lazzaro” affresco (Giotto, 1303-1305 circa) del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.

mercoledì 28 maggio 2025

Lastoriasiamonoi. 62 «Genoveffa, la maga pescatrice»


Titolo dato alla “Storia” di Genoveffa Colica amorevolmente e magistralmente “raccolta” dall’amica Franca Sinagra – pubblicista, con Laurea in Materie Letterarie, già insegnante nella Scuola pubblica Italiana – che la ha recentemente data alle stampe. Grazie. A est del promontorio tirrenico chiamato Capo d’Orlando, proteso di fronte alle Isole Eolie, cent’anni fa il paesaggio costiero della baia di San Gregorio presentava un’insenatura paradisiaca orlata da spiaggia chiara e soffice, estesa per almeno cinquanta metri sotto il pelo dell’acqua luccicante e tanto trasparente da potervi riconoscere i grandi carapaci intarsiati delle tartarughe, così docili che si pescavano afferrandole a braccia nude. C’è ancora oggi un hotel connotato sulla facciata da grandi sagome ferree di tartarughe marine, di cui non c’è spiegazione se non nel ricordo storico di una donna speciale che visse sapientemente fra terra e mare, in incontrastata fluida contiguità. C’era là un tempo la pescatrice Genoveffa, giovane vedova fra i pochi abitanti dell’isolata frazione a mare dell’antica Naso, quando nei mesi estivi l’arenile era arredato vivacemente dalle strisce multicolori dei piccoli gozzi all’ancora e in secca, attorno ai quali si muoveva varia umanità, anfibia se percepita nell’immaginario. Dietro le barche un gruppo di casette a pianterreno stava pigiato fra la battigia e l’aspra altura retrostante che ne chiudeva l’accesso alla terraferma. Tutte le giornate di tempo buono Genoveffa andava a pesca sul suo gozzo che scivolava bordeggiando fra grandi faraglioni e affioranti scogli rocciosi rivestiti di gustose patelle, anticamera alla cala. Oggi una strada asfaltata, solcando la roccia dietro i faraglioni, conduce verso l’abitato della nuova cittadina migrata da San Gregorio oltre il rosso faro erto a guardia del Capo di Orlando da cui prese il nome. Il romanziere Vincenzo Consolo ci ha lasciato della baia una descrizione evocativa di antichi fatti ricchi di avventura e di tragicità: «In cima al capo, i ruderi d’un castello e un santuario della Madonna dei pescatori pieno d’ancore, timoni, ex-voto di caicchi, gozzi, velieri in balia di fortunali. Il capo prende il nome da Orlando, il più furioso dei paladini di Carlo Magno. Doppiato il capo, v’è la cala di San Gregorio, il villaggio dove di notte sbarcavan i pirati. “Terrore a la riva: la furia dei ratti trae fra gli strilli la gonna come bandiera / e il corsaro dagli occhi di nera porcellana / da la barba serpentina: / la scimitarra stride con l’arma paesana…”». Poi, scovato il ritratto vivente di una donna dalle qualità magiche, ce lo regala: «Qui abitava zia Genoveffa. La vecchia fattucchiera che tagliava col coltello dal manico bianco le trombe marine toglieva il malocchio con fumigazioni di rametti d’alloro, erica, rosmarino. Qui era un tempo la città antica di Agatirno». La figura di Genoveffa Colica (o Collica) (Castell’Umberto 1873 – Capo d’Orlando 1961) non è solo folclorico, ma individua il locale pionierismo imprenditoriale femminile, in questa pescatrice di professione, anomalia nell’epoca maschilista e che oggi è considerata donna eccentrica ed emblematica. Andava infatti a pesca sul gozzo come gli uomini, navigava a remi e come loro conosceva la rotta costiera e le costellazioni. A renderle attributi eccezionali c’è il fatto che praticava magie sia per contrastare le cattive situazioni personali di compaesani e compaesane con risoluzioni di immediato intervento nello “sbuddere” (sciogliere) il malocchio, sia per affrontare gli elementi naturali, tempeste a mare e tornado che lei sapeva “tagliare”. Genoveffa possedeva delle caratteristiche magiche insite nelle possibilità individuali femminili, acquisite fin dall’antichità classica tanto che erano considerate nella normalità del suo vivere sociale. La sua figura evoca un ruolo quasi leggendario in cui è possibile dunque riconoscere varie eccezionalità. Fu governatrice riconosciuta del buon vivere nella sua minuscola comunità e, nella descrizione della pronipote Daniela Trifilò, Genoveffa fu «donna stimata da tutto il paese, una donna che da sola teneva a bada tutti i pescatori andando in mare anche lei, diventando ben presto donna temuta ma rispettata, tanto si faceva con il suo permesso, nulla si faceva senza il suo benestare, era una forza di inspiegabile caparbietà, una donna dal carattere duro ma nello stesso tempo di una generosità infinita con un indefinibile amore verso il prossimo».

lunedì 26 maggio 2025

Lavitadeglialtri. 93 “Pagina muta, terza”.





 


 

N.d.r. Devo alla carissima amica Agnese A. la prontezza con la quale queste immagini di strage possono essere portate alla visione dei cosiddetti uomini di "buona volontà". Grazie Agnese, amica carissima.

lunedì 19 maggio 2025

venerdì 9 maggio 2025

Lavitadeglialtri. 88 “Una pagina muta”. #ultimogiornodigaza



                                                                                

                                                               


 N.d.r. Devo tutto, per aver potuto realizzare questa dolorosissima “pagina muta”, alla carissima amica Agnese A. che mi ha fornito tutte le citazioni sopra riportate.