“IMostri”. “Bezalel-Itamar, anime nere della ferocia ultra-israeliana”, testo di Pino Corrias pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, giovedì 25 di settembre 2025: Credono in dio, macellano uomini, donne e bambini in suo nome, ma non li spaventa l’inferno perché sono loro l’inferno. Viaggiano spalla a spalla alla estrema destra del governo israeliano e in cima alle mappe dello sterminio. Sono gli ultra religiosi Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, fanno entrambi i ministri dell’esecutivo che vuole cancellare la Palestina fino al punto di suicidare Israele. Le loro parole d’ordine sono: “Annientamento totale”, “Non c’è posto per i palestinesi sotto il cielo”. Per pigra routine i corrispondenti che raccontano il genocidio in corso a Gaza li definiscono “l’anima nera” del governo di Israele. È vero, ma non è abbastanza. Del sesto governo di Benjamin Netanyahu, loro sono l’alfa e l’omega del furore militare che lo muove. La colonna portante della sua maggioranza che guida il dispiegamento messianico della Grande Israele. E insieme sono il suo destino di fanatico isolamento. Tutto o quasi dipende da loro: il massacro che non si ferma, l’uso della fame, della sete, delle malattie come armi di guerra: “Dio ha dato a noi questa terra, se ne devono andare o morire”. E persino la sopravvivenza politica di Netanyahu dipende da loro, visto che il premier è inseguito dai processi per corruzione che non si celebrano grazie al salvacondotto della guerra. I 13 deputati che posseggono alla Knesset, il parlamento israeliano, sono i voti indispensabili alla maggioranza per stare in piedi. Finché ci sono loro Netanyahu è salvo. Finché ci sono loro Israele e la Palestina sono perduti. Per Bezalel Smotrich, oggi ministro delle Finanze, la guerra ai palestinesi e agli arabi è pratica di vita quotidiana, visto che abita in una fattoria illegalmente costruita su un terreno che sta persino al di fuori dei territori illegalmente occupati dai coloni. Vive armato con moglie e sette figli. Ha respirato vendetta e assedio da quando è nato, anno 1980, sulle alture del Golan, famiglia di profughi ucraini, padre rabbino ultraortodosso. Da ragazzo è stato arrestato dallo Shin Bet, i Servizi segreti militari israeliani, accusato di un attentato incendiario, ha passato tre settimane in carcere prima di essere prosciolto. Anni dopo uno dei responsabili dello Shin Bet ha dichiarato a Channel 12 che Smotrich e i suoi complici, furono liberati “per non rivelare le fonti coperte tra gli estremisti”. Dopo la laurea in Giurisprudenza a 28 anni, ha servito l’esercito nei tre anni di leva. È diventato avvocato e insieme politico a tempo pieno. Ha fondato il Partito nazionale religioso. È entrato nella Knesset al terzo tentativo elettorale nel 2015. Si è distinto nelle battaglie parlamentari trasformando la sua irruenza dialettica in popolarità. Ha fatto sfilare asini e capre a Gerusalemme nel giorno del Gay Pride, ribattezzato “il giorno della vergogna e della impurità”. È contrario ai matrimoni misti. Ha proposto la separazione dei reparti di maternità negli ospedali per le donne ebree e quelle palestinesi: “Mia moglie ha il diritto di non partorire accanto a una donna araba che mette al mondo un figlio che tra vent’anni vorrà uccidere il suo”. In Parlamento ha proposto di mettere fuori legge i partiti arabi “complici dei terroristi” e sotto controllo tutti i palestinesi che dentro la Stato di Israele agiscono “come quinte colonne”. Per farlo vorrebbe cancellare il sistema giudiziario di Israele per sostituirlo con la legge della Torah. Lo ha detto agli studenti del centro rabbinico Mercaz Harav: “Le leggi della Torah sono di gran lunga preferibili allo Stato di diritto”. Proposta che ha accelerato l’iter della legge che definisce Israele come “Stato nazione del popolo ebraico”, approvata nel 2018, e i disegni di legge per togliere all’Alta di Corte il potere di giudicare o annullare “le scelte legislative dei partiti di maggioranza”, dando al governo il controllo sulla nomina dei giudici costituzionali. Due proposte giudicate dalle opposizioni “un tentativo di colpo di Stato” e che per mesi, prima del pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, sono state contestate da manifestazioni imponenti in tutto il Paese. Gli avversari lo considerano “astuto, subdolo, ingannevole, assetato di potere. Ma molto efficace nella propaganda politica”. Giudizio del tutto simile per il suo alleato d’avventura Itamar Ben-Gvir, avvocato anche lui, ministro della Sicurezza Nazionale, considerato, se possibile, ancora più estremista. Ben-Gvir è nato nel 1976 nei sobborghi di Gerusalemme. Viene da una famiglia di origine irachena, ultra religiosa. Vive anche lui armato nella zona occupata di Hebron in Cisgiordania, con moglie e cinque figli. Si vanta di essere stato incriminato 53 volte per incitamento alla violenza, la prima a 14 anni. Una condanna nel 2007 per istigazione al razzismo. Respinto alla leva, fonda il partito Potere ebraico. Dopo gli Accordi di Oslo, attacca Itzhak Rabin, il premier che li ha firmati. Esibisce in tv lo stemma della Cadillac del presidente, dichiarando di averlo strappato e rubato: “Siamo arrivati alla sua macchina, arriveremo anche a lui”. Era l’ottobre 1995. Due settimane più tardi, Rabin viene ucciso da uno studente di estrema destra con due colpi alla schiena alla fine di un comizio intitolato “Sì alla pace, no alla violenza”. Nelle interviste di allora Ben-Gvir esibisce nel salotto di casa la fotografia di Baruch Goldestein, un colono che l’anno prima aveva ucciso 29 palestinesi mentre pregavano, era morto dopo l’attentato, celebrato dal rabbino “più santo di tutti i martiri dell’Olocausto”. Specializzato nel fomentare disordini, Ben-Gvir ha messo i suoi uffici nella zona araba di Gerusalemme Est. Fa regolari camminate sulla Spianata delle Moschee. Guida marce di protesta dentro il quartiere musulmano della Città vecchia, gridando: “Siamo i vostri padroni di casa! I nostri diritti sono più importanti dei vostri”. Due mesi fa è entrato con scorta e telecamere nella cella di Marwan Barghouti, 66 anni, il leader palestinese più carismatico, condannato a cinque ergastoli e detenuto da 23 anni. Lo ha irriso e minacciato: “Non vincerete. Chiunque si mette contro Israele, chiunque uccide i nostri bambini e le nostre donne, lo spazzeremo via. Dovresti saperlo”. Poi ha messo il video in Rete e si è goduto l’effetto dirompente della provocazione. Per non essere da meno, dopo gli applausi di tutta la destra religiosa, il suo collega Smotrich ha annunciato un finanziamento speciale di 3.400 nuovi insediamenti dei coloni per tagliare in due i collegamenti tra Cisgiordania e Gerusalemme Est e seppellire definitivamente l’idea stessa dello Stato palestinese. Netanyahu li guida e insieme ne è prigioniero. Tutti e tre sognano “la prossima manna immobiliare”, da costruire sui corpi e le macerie di un inferno che chiameranno patria, e forse addirittura paradiso.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
giovedì 25 settembre 2025
Doveravatetutti. 31 Ben-Gvir a Marwan Barghouti: «Chiunque si mette contro Israele, chiunque uccide i nostri bambini e le nostre donne, lo spazzeremo via. Dovresti saperlo».
Bisogna andare a votare con l'animo leggero
- que sera, sera. Non preoccupati, non incazzati: sereni. Aiuta molto
considerare il voto anche come un gesto di amicizia, di vicinanza, con le
persone che senti simili. La cosa migliore della liturgia cattolica (sulla quale
sono molto poco aggiornato) è "scambiatevi un segno di pace". Voterò
come il vecchio Guccini e come la giovane Elly Schlein, nella stessa regione e
con lo stesso spirito. Voterò pensando anche ai miei amici che non possono più
farlo, perché non ci sono più. Sarebbero contenti di sapere che voto anche per
loro. Di alcuni, anche se i connotati del volto piano piano sfumano, ancora
sento la voce e condivido i pensieri. Con alcuni, anche se è una discussione
postuma, ancora chiacchiero di politica, e a volte litigo. A quelli che non
votano come me, o non votano affatto, mi sento di dire che li rispetto (non
tutti, quasi tutti). E li rispetterò anche se vinceranno, una forma di rispetto
più difficile, più faticosa, ma necessaria per dare un senso compiuto alla
parola democrazia, che altrimenti è solo una indecente finzione. Ma entrambe le
tribù e le sottotribù politiche sappiano, in questa domenica di autunno del
2022, che il futuro non è nostro, e che queste elezioni, rispetto al mondo
nuovo, sono appena un bisbiglio. Il futuro è dei ragazzi che hanno sfilato per
l'ambiente, ovvero per garantirsi una vita e una casa. Molte delle cose per le
quali oggi ci dividiamo saranno, presto, solamente dettagli. E molti dei
ragazzini in piazza saranno, tra poco tempo, i nuovi leader politici. Il
venerdì è quasi più importante della domenica, anche se siamo troppo vecchi per
accorgercene. (Tratto da “Scambiatevi
un segno di pace” di Michele Serra pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” del 25 di settembre dell’anno 2022).
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