“Partiti moribondi, elettori ubriachi”, testo di Maurizio Viroli - filosofo e saggista, professore emerito di “Teoria politica” presso la “Princeton University” - pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, martedì 7 di ottobre 2025: A cominciare dalla fine degli anni Ottanta il patrimonio ideale che i partiti politici nel bene e nel male portavano con loro ha cominciato a essere dissipato lasciando spazio ai leader. Le idee hanno contato sempre meno, le chiacchiere e l’immagine sempre di più. Insieme alle idee declinava anche il pensiero, e i “servi di partito” guadagnavano sempre maggior spazio. Intanto, nel sentire comune la democrazia coincideva sempre più con il suffragio universale. Cosa di meglio, dunque, che ubriacare gli elettori illudendoli di decidere, e far votare direttamente i sindaci e i presidenti di Regione scelti fra i fedelissimi dei leader, dando loro molto potere? Da questo al presidenzialismo il passo sarà breve. Sarà sufficiente narrare la solita storiella: il mondo va così, tutti gli altri Stati con consolidate democrazie liberali funzionano più o meno così; se funzionano così città e Regioni, funzionerà anche lo Stato. Ero contro quella riforma allora, lo sono a maggior ragione ora, dopo che ne ho visto i risultati. I tentativi di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, accomunati dall’adesione alla “terza via” blairiana (un laccio inscindibile che prevede il gioco delle parti), sono l’ennesimo capitolo di quella storia. Per fortuna li abbiamo respinti al mittente, anche se purtroppo hanno fatto scuola. Credo sia lecito ipotizzare che i poteri che li hanno sostenuti e li sostengono continuino a operare. Quando si comincia a indebolire il principio dell’intangibilità della Costituzione antifascista se non per attuare quella che sempre Rodotà chiamava la “manutenzione costituzionale”, non ci sono più argini. Oggi, mentre è in atto l’ennesimo tentativo di distruggere la Carta approvando il premierato, ossia rendendo il presidente della Repubblica una suppellettile nelle mani del governo, si continua a ripetere che viene toccata la seconda parte della Costituzione, non la prima. Nessuno può garantirci che, prima o poi, non si provi a mettere mano anche alla prima parte. La seconda parte è l’inveramento della prima, la sua attuazione. Stravolgere la componente pratica del discorso costituzionale significa rendere i principi enunciati negli articoli fondamentali dei vuoti esercizi di retorica. La Costituzione è come il corpo umano: deve essere conservata nella sua integrità, altrimenti, una volta mutilata, non torna più come prima, con conseguenze catastrofiche per l’Italia. […]. Fondamentale è l’articolo posto al confine fra la prima e la seconda parte, il 54, che concerne l’obbligo, per coloro che sono chiamati a ricoprire funzioni pubbliche, di adempiere il compito “con disciplina e onore”. Disciplina e onore, due parole che racchiudono l’essenza del cittadino repubblicano: il governo intransigente di se stessi, che consiste nel fatto che ciascuno limita la propria libertà in nome della libertà dell’altro, e l’agire con l’onore che è proprio degli onesti. Questo articolo, senza il quale non esiste più la convivenza civile e la politica perde di senso, è un proclama di puro antifascismo. Per i fascisti, l’unica forma di disciplina era ed è l’assoluta obbedienza al capo: erano e sono esseri senza pensiero, senza morale, senza coscienza. Chi non ha autonomia morale, non può avere neppure onore. Gli alfieri del presidenzialismo, cioè di una sorta di potere legibus solutus, privo di vincoli, dovrebbero mettersi d’accordo con se stessi. Sostengono di fare grandi cose per l’Italia e per il mondo, gonfiano il petto e si pavoneggiano nei consessi internazionali, nazionali e alle sagre paesane, si vantano del fatto che il loro governo sia ritenuto il più stabile d’Europa e poi sbraitano e scalciano per modificare la Costituzione che non consentirebbe la governabilità. Due sono le possibilità: o la Costituzione vi impedisce di governare, o governate bene anche con questa Costituzione. Dovete scegliere, perché le due cose, ancorché l’una e l’altra siano fandonie, non stanno insieme. Siete talmente ignoranti da risultare anche contraddittori! […]. Chi si nasconde e agisce nelle tenebre non accetta limiti. Chi intende il governo nel senso di occupazione delle istituzioni e presa del potere aspira alla massima segretezza e alla massima licenza. Mi limito a dire che il potere, se democratico, dev’essere chiaro e ben visibile, dev’essere “potere in pubblico”. La segretezza del potere, il suo arroccamento, il suo rinchiudersi in stanze segrete, l’accentrarsi nelle mani di pochi a scapito dei più procedono di pari passo con l’attacco alla centralità del Parlamento, che già è stato colpevolmente dimezzato (così è più facile comprare chi lo frequenta). È evidente che si sta mettendo in discussione persino quello che è il principio fondamentale dell’assetto istituzionale britannico, ossia King in Parliament, che sancisce la monarchia parlamentare, privando il monarca di poteri assoluti. Questo ritorno all’assolutismo medievale, ossia al sovrano incontrastato, è la cartina al tornasole dell’eclissi dell’Occidente che abbiamo conosciuto e della perdita di ruolo e di senso dell’Italia e dell’Europa, per non parlare di ciò che accade negli Stati Uniti per arrivare, grazie anche agli Stati Uniti e all’Europa, alla tragedia che è in atto in Medio Oriente. Che problema potranno mai avere gli statunitensi di fronte a un genocidio quando essi stessi hanno sterminato i popoli nativi for the greater good of all? Come ci ricorda Noam Chomsky, se lo hanno fatto loro è bene per definizione; quindi, che male c’è se lo fanno altri? Siamo di fronte a una “nuova preistoria”, come aveva ben visto Pasolini più di sessant’anni fa, o a una “notte maledetta”, come canta Roberto Vecchioni.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
martedì 7 ottobre 2025
MadeinItaly. 64 Maurizio Viroli: «La segretezza del potere, il suo arroccamento, il suo rinchiudersi in stanze segrete, l’accentrarsi nelle mani di pochi a scapito dei più procedono di pari passo con l’attacco alla centralità del Parlamento, che già è stato colpevolmente dimezzato».
(…). Il gioco dell’opinione è orizzontale e senza esiti
predeterminati. Nel tentativo di influenzare l’opinione delle persone a seguire
o a respingere alcune pratiche di vita, non possiamo evitare di essere a nostra
volta interpellati e portati a riflettere sulle nostre posizioni. Il gioco
dell’opinione è un ping pong, chi lo mette in moto e lo anima ne viene tirato
dentro e influenzato. La corrente che determina non è mai unidirezionale.
Questo rende l’opinione una forza formidabile, in virtù della quale, scriveva
David Hume, i molti sono governati dai pochi e i pochi non possono sottrarsi al
controllo dei molti. Lo vediamo accadere ogni giorno, con qualunque leader si
metta in relazione al pubblico. Anche quando a parlare è il rappresentante di
Dio. (…). In età predemocratica i papi scrivevano encicliche che giungevano ai
fedeli tramite i pastori e gli interpreti. Oggi scrivono encicliche che
diventano bestseller e vanno direttamente al lettore e al grande pubblico del
quale essi si fanno oratori. Questo comporta accettare la sfida di entrare nel
circolo dell’opinione, che come sappiamo non ha riguardi nei confronti
dell’autorità e interviene, cercando di discutere e influenzare, mettendosi
cioè sullo stesso piano, come appunto nel ping pong. (…). Il Sinodo, ha detto
il Papa proprio per spiegare la distanza tra l’opinione del mondo e la verità
dei Pastori della Chiesa, non è come il Parlamento dove «per raggiungere un
consenso o un accordo comune si ricorre al negoziato, al patteggiamento o ai
compromessi». Ma da questa comparazione il Parlamento ne esce bene, poiché la
discussione tra diversi e la ricerca di una soluzione per via di compromessi è
segno di una pratica nobile e civile - l’opposto sarebbe la violenza o
l’unanimità, la quale, a meno di non emergere spontaneamente in un solo afflato,
deve comunque essere conquistata. E per muovere le convinzioni degli
interlocutori verso un esito unanime non è escluso che non si usino forme di
persuasione e di mediazione. Il fatto è che il Sinodo lavora a porte chiuse per
non mostrare come discute e non essere sotto l’occhio giudicante del mondo,
mentre il Parlamento non può esimersi da questo controllo e mostra al mondo
tutti i pregi e i difetti della deliberazione pubblica. (Tratto da “La
Tonaca e il Parlamento” di Nadia Urbinati - politologa, storica della
filosofia e giornalista italiana - pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”
del 7 di ottobre dell’anno 2015).
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