Ha scritto la sociologa Chiara
Saraceno in “Dalla parte dei bambini”,
pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 15 di febbraio dell’anno 2011: I
bambini hanno, prima ancora che diritto, necessità che qualcuno assuma nei loro
confronti responsabilità e comportamenti genitoriali, ovvero la responsabilità
di dare loro un posto nel mondo. E dove possano stare e crescere con fiducia.
Alla maggior parte dei bambini ciò è garantito dai genitori naturali, ovvero da
quelli che li hanno concepiti. Ma per molti bambini, perché privi di genitori,
o perché questi non sono in grado di fare fronte alle proprie responsabilità,
chi si prende questa responsabilità sono altri: uno o più nonni, degli zii, dei
genitori adottivi, o anche dei genitori affidatari. Opportunamente la
Convenzione dei diritti del fanciullo non specifica la forma istituzionale che
devono avere questi "altri": se debbano essere per forza una coppia,
e se questa debba essere eterosessuale e sposata. Perché nelle culture e
pratiche familiari presenti nei vari paesi la responsabilità genitoriale può
essere più o meno condivisa e la coppia avere maggiore o minore centralità. Ciò
che conta, per un bambino, è di essere accolto. Tanto più quando è segnato da
un'esperienza di abbandono o di perdita. (…). Non è sempre detto che due
genitori, che siano naturali o adottivi, siano meglio di uno. La capacità
genitoriale non è il risultato di un rapporto di coppia (e solo se questo è
sanzionato dal matrimonio), ma in primo luogo una capacità che emerge e
sviluppa nella interazione con un bambino. Il rapporto di coppia può rafforzare
questa capacità nella comune assunzione di responsabilità. Ma può anche
configgere con essa, o farvi resistenza. Quindi non può essere assunto come un
requisito dogmatico imprescindibile. Soprattutto, quando un bambino privo di
genitori incontra l'amore e l'accoglienza di un adulto, è alla capacità
genitoriale di questi, e alla sua adeguatezza ai bisogni di quel bambino che
occorre guardare. Sapendo che crescendo quel bambino, come tutti gli adottati,
dovrà elaborare sia la conoscenza della perdita o abbandono dei genitori, sia
l'acquisizione di almeno un genitore. Tratto da “Diritti veri e coscienza falsa” di Umberto Galimberti, pubblicato
sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di marzo dell’anno
2016: L'appello ai principi, quando si tratta di riconoscere l'uguaglianza
senza discriminazioni in base all'orientamento sessuale, copre interessi
politici e ipocrisie. (…). Quando un problema è sottoposto all'attenzione
legislativa non ha più alcuna possibilità di essere preso in considerazione nei
termini in cui si propone, perché diventa una occasione di contrapposizioni
politiche generate non dalla natura del problema, ma dal consenso e quindi dal
vantaggio elettorale che si può trarre dicendo sì o no alle varie soluzioni. Naturalmente
questa logica, sottesa a tutte le discussioni parlamentari, non è solo
sottaciuta, ma del tutto taciuta e ammantata da appelli a principi, neppure
esaminati o discussi ma espressi in forma di slogan del tipo: "Tutti i
bambini hanno diritto a un padre e a una madre", per ottenere un facile
consenso da quanti non hanno tanta consuetudine col pensiero, con
l'argomentazione, con la riflessione. Tutto ciò, quando è ben confezionato,
viene venduto come democrazia, anche se Platone, che l'ha ideata, diceva che
senza un'adeguata istruzione il popolo si lascia sedurre dalla falsa retorica
dei sofisti. (…). Non trascuriamo poi l'uso e l'abuso della parola
"coscienza", carica di tutte quelle "obiezioni" che nascono
dalle convinzioni personali, dall'educazione ricevuta, dalla convenienza
politica, dalla volontà di non apparire troppo lontani dal magistero dei
vescovi. Come se tutti questi criteri soggettivi e interessati fossero idonei,
anche se ammantati dalla nobiltà della parola "coscienza", a decidere
sul dato oggettivo che è l'esistenza di coppie di fatto senza diritti, e di
bambini che già vivono con genitori nessuno dei quali è adottivo perché uno è
naturale e l'altro non può adottare. A legge fatta, sarebbe bello che chi l'ha
votata facesse questa volta sì l'esame della propria coscienza, sulle ragioni
che hanno determinato il suo voto. Non ragioni scientifiche, perché nessuna
ricerca dimostra che i figli adottati da coppie omosessuali crescono
squilibrati. Non ragioni religiose, perché in uno stato laico queste non
dovrebbero intervenire. Non ragioni a difesa dei principi (come oggi vengono
impropriamente chiamate le consuetudini sociali provenienti dalla tradizione)
perché, come insegna Papa Francesco, le persone vengono
prima dei principi. E allora in base a che cosa una classe politica decide
che i diritti degli omosessuali debbano essere inferiori a quelli degli
eterosessuali, e che l'orientamento sessuale debba essere una discriminante
tale da invalidare il principio costituzionale dell'uguaglianza davanti alla
legge? (…).
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