"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 22 aprile 2025

Lavitadeglialtri. 82 “Di Bergoglio”.


Per un non credente, che non confida nello Spirito Santo, il fatto che un uomo simile sia diventato papa può essere spiegato in due maniere. La prima è che sia stato, oltre che un fortunato intermezzo, una specie di incidente. Quasi una disattenzione, un capitolo che è sfuggito di mano ai suoi autori, qualcosa di inedito e di imprevedibile, un unicum certificato dal fatto che l’uomo in questione è stato il primo, dopo tutti quei secoli, a volersi chiamare Francesco, il rivoluzionario che con grande scandalo voltò le spalle al padre, alla ricchezza, all’agio sociale. La seconda spiegazione, per un non credente meno comoda, meno pigra, è che non solo non sia stato un incidente, ma la Chiesa cattolica contenga in sé, oltre ai tanti vizi che questo papa non ha mai smesso di rinfacciarle, anche la facoltà di guardare al mondo - quando vuole, e se lo vuole - con un carico di speranza, e di fiducia negli uomini, che altrove sembra del tutto perduto. Considerata la frequenza con la quale le nazioni si affidano ai prepotenti, ai vanitosi e agli avidi, ha fatto spicco la salita al governo della Chiesa di una persona così mite, così devota al rispetto di tutti gli esseri umani, così semplice nei modi, così serenamente estranea ai giochetti della politica, che spesso culminano nel gioco infame della guerra. Chi di noi non ha mai pensato: per fortuna che c’è questo papa, con tutti i mascalzoni saliti al governo del mondo? Lo abbiamo pensato in tanti. L’elezione del prossimo papa ci aiuterà a capire se Francesco sia stato un incidente, oppure una facoltà che la Chiesa ha riscoperto, e molti altri poteri hanno perduto. Da laico, non mi disturba più di tanto sperare che sia vera la seconda ipotesi. (Tratto da “È solo un incidente?” di Michele Serra, sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, 22 di aprile 2025).

“Papa Francesco, pietra d’inciampo in Occidente”, testo di Barbara Spinelli pubblicato su «il Fatto Quotidiano» di oggi, 22 di aprile 2025: “Vorrei che tornassimo a sperare e a avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio. Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile”. Lo ha detto Papa Francesco il giorno di Pasqua, già agonizzante, nell’Urbi et Orbi letto in sua vece dall’arcivescovo Rovelli. Non è la prima volta che invoca la pace, ma forse intuisce che questa è l’ultima. E come sempre da più di tre anni denuncia la frenesia che sta accecando le menti dei governi europei, primi fra tutti quelli dell’Unione europea: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo. L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo”. (…). Papa Bergoglio ha visto quel che sta accadendo e ripetutamente ha negato il proprio consenso. È stato una pietra d’inciampo, un po’ come Benedetto XV che definiva “inutile strage” la Prima guerra mondiale. D’altronde il presente ha tante somiglianze con lo scivolamento europeo nel conflitto seminale del 1914-’18. Prima sulla guerra in Ucraina, poi sull’offensiva israeliana a Gaza e in Cisgiordania – dopo il massacro del 7 ottobre a opera di Hamas – il Pontefice ha pronunciato parole mai ascoltate, e tuttavia molto potenti per la traccia lasciata nella vita delle singole persone. È la “potenza disarmata della vita” che ha evocato nel suo ultimo messaggio Urbi et Orbi. È così che per le classi dominanti – in politica, nei media occidentali, in Israele – Francesco è diventato Papa scomodo e più volte scandaloso (Gesù non cessa di scandalizzare, nei Vangeli). Sconcertare e denunciare sono stati al centro della sua missione durante le guerre in Ucraina e Palestina, e ogni volta il suo agire scandaloso consisteva nell’andare alle radici dei conflitti, nel dar loro nomi sempre più precisi. Poco più di due mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il Pontefice getta una luce di verità sulla genealogia della guerra: è stato “l’abbaiare della Nato alla porta della Russia”, che ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. “Un’ira (russa) che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì”. Anche sull’efferata vendetta israeliana per il massacro di Hamas il Papa si è pronunciato con durezza, pur ricorrendo a formule dubitative. Nel libro La speranza non delude mai ha scritto: “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. Nel novembre 2024 accolse una delegazione di Palestinesi di Gaza. “Il Papa ha riconosciuto che viviamo un genocidio”, ha dichiarato Shrine Halil, cristiana di Betlemme, citando altre parole che aveva udito: “Siamo andati oltre le guerre. Questo non è guerreggiare, questo è terrorismo”. Dice il «Corriere della Sera» che Francesco passerà nella storia ed era “dentro lo spirito del tempo”. Il commento quasi si appropria della sua persona, come si fa spesso con i morti amati dai popoli: troppo amato forse, perché “la rivolta di Francesco contro establishment e élite… porta con sé il rischio del populismo”. È il verdetto dei benpensanti in quest’Europa che, a furia di abbaiare, perde il senno, smussa le pietre d’inciampo. Bergoglio passerà alla storia, certo, ma è assai dubbio che fosse “dentro lo spirito del tempo”.

“Quel viatico indimenticabile”, testo di Paolo Rumiz sulla stessa edizione odierna del quotidiano “la Repubblica”: “Riposare? Ma quando mai. La vita va bruciata fino in fondo”, rispose. E aggiunse, con un sorriso ironico: “Avremo tutto il tempo di riposare… dopo”. Gli avevo appena comunicato, congedandomi da lui, la preoccupazione mia e di tanti per il suo spendersi senza risparmio, e gli avevo raccomandato di tirare il fiato ogni tanto. Quella sua frase che non ammetteva dubbi, e in particolare la parola “bruciata”, mi iniettarono una carica energetica che a distanza di anni sento ancora in me e che mi fa vergognare di ogni esitazione, dubbio o lentezza nel bene operare. A potenziare l’effetto di quella scarica di adrenalina fu il calore trasmesso dalla stretta di mano, anzi di due mani, grandi come di contadino, che avevano afferrato la mia quasi per non lasciarla andare. Mi resi conto, in quegli attimi, di come Francesco comunicasse a tutto campo, e considerasse il corpo – e quindi la carne - una macchina di comunicazione spirituale, e non un impiccio all’elevazione di sé, come secoli di catechismi sessuofobi ci avevano inculcato. Era un papa fisico. Ed era davvero così: Wojtyla era stato un papa da guardare, Ratzinger un papa da ascoltate, Bergoglio un papa da toccare. Capii, dopo quell’incontro, che si sarebbe speso fino all’ultimo e soprattutto che avrebbe lavorato in ogni attimo libero per spianare le strada a un successore capace di continuare la sua battaglia. In quale direzione, era chiarissimo. In quello stesso incontro, quando – facendo sobbalzare l’uditorio - Mi mi presentai a lui dichiarandomi provocatoriamente “mangiapreti”, lui reagì augurandomi “buon appetito” e poi, di fronte allo sconcerto generale, ribadì il concetto dicendo: “Forse non lo avete capito. Qui dentro, se c’è un anticlericale, quello sono io”. Cosa accadrà adesso? Un alto prelato mi ha fatto intendere a mezze parole che senza un segnale verde di Bergoglio, un film come “Il conclave” non si sarebbe potuto girare. Solo i vertici del Vaticano potevano dare l’assenso a un accesso così intimo alle stanze cardinalizie per la realizzazione di una pellicola dove un papa tremendamente simile a Francesco fornisce – guarda un po’, da morto - al primate incaricato le carte necessarie a incastrare i nemici. Un papa che riesce persino a nominare in extremis un giovane cardinale completamente fuori schema, che poi salirà al soglio di San Pietro. Rividi Francesco tre anni dopo, per un incontro plenario con i medici italiani in Africa. Era già sulla sedia a rotelle, stanco, ma tremendamente vigile. Si fermò a salutare un po’ di personalità, e salutò anche me. Mi ricordava bene, per via del “mangiapreti”, ma anche perché mio padre, come lui stesso, era nato da emigranti italiani in Argentina. Gli dissi: “Lei deve benedire tutti, ma non ha mai bisogno di essere benedetto?”. Rise e disse: “Mai come adesso”. “Posso farlo io?” osai replicare. Lui assentì e così, in nomine Patris et Filii et Spiritus sancti, gli diedi un viatico per me indimenticabile. Poi se ne andò, mentre un’orchestra intonava “My way” come un congedo. Fu lì che pensai che non lo avrei più incontrato. E così, quando in Tv l’ho visto ricevere in Vaticano James D. Vance e regalargli uova di Pasqua, mi è parso di scorgere nel suo sguardo una luce che faceva capire di essere già oltre e avere già preparato la valigia. Francesco era ormai in contatto con l’Altissimo e non gli importava nulla di messaggeri di omuncoli come Donald Trump che osavano millantare di essere stati scelti da Dio. Forse non li vedeva nemmeno.

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