Tratto da “Prendere
Grillo sul serio” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale “L’Espresso”
del 14 di marzo 2021: Non è più tempo per le rivoluzioni? Lo
chiediamo nel tempo più rivoluzionario e rivoluzionato che abbiamo vissuto. Una
pandemia mondiale, il rischio biologico di specie, l’economia che funziona su
leggi altre, la politica che si autodichiara insufficiente: non è forse una
rivoluzione? Una rivoluzione è pur sempre una crisi morbosa, che non porta
automaticamente a una soluzione. Rivoluzione significa anche che non si rimedia
al caos così radicale del nostro tempo senza una contromarcia. È labile il
confine tra rivoluzione ed eversione. In entrambi i casi, la nostra attenzione al
fenomeno rivoluzionario deve essere tenace e credere a ciò che le si manifesta.
Dunque il 6 marzo 2021 una piccola rivoluzione è stata annunciata (…). Nella
quale si è misurato l’avvento di una variante aliena e cruciale, cioè il
governo presieduto da Mario Draghi. Il peso enorme, il credito sconfinato di
cui gode l’anomalia Draghi, è risultato capace di mettere tra parentesi la
politica, esponendola in vetrina, con le sue farraginose contraddizioni, con
l’assenza di palpito, con la lugubre assenza di invenzione. C’è un prima e un
dopo Draghi per l’agone politico italiano e il dopo lo si misura da subito,
dalla sua semplice apparizione. Nonostante i tentativi di Salvini di
accreditarsi dell’azione di governo, l’unico protagonista in grado di segnare
politicamente la gestione Draghi è stato Beppe Grillo, che ha imposto il
ministero e l’idea della Transizione Ecologica, ora in mano a uno degli uomini
davvero migliori della nazione, il fisico Roberto Cingolani. Poteva sembrare un
esotismo, un compromesso al ribasso per tenere il M5S in un solco di fedeltà
parlamentare. È diventato il perno di una nuova identità, su cui erigere una
fase estrema di questa formazione politica caotica, che ebbe il merito di
azzeccare il momento social nella storia del Paese. Di fatto, più che verso
un’utopia verde, che non esiste più dal momento in cui il capitale ha scelto la
transizione ecologica come modalità per ristrutturare la realtà, Grillo sposta
il suo Movimento sulle frequenze di un nuovo socialismo e, quindi, nell’angolo
che fu del Partito Socialista. Il M5S si candida a essere la vera alternativa a
sinistra - senza essere più di sinistra, ma nemmeno di destra. Questa strategia
permette al politico genovese il rovesciamento, (…). Se non si comprende il
versante letterario di ciò che da anni Grillo va dicendo, non si capirà fino in
fondo la portata delle sue proposte. Essenzialmente due, al momento. La prima:
un patto sul futuro, suggerito a tutte le forze politiche, con l’invito a
piazzare la data 2050 nel simbolo di ogni formazione. La seconda: in ragione
del patto sul 2050, smetterla con la competizione, che è una strumentazione
inadatta al modello evolutivo. Si tratta di due punti programmatici al contempo
rivoluzionari ed eversivi, appunto. La concordanza comune sul percorso
evolutivo del mondo e delle società da qui a trent’anni (cioè la transizione
ecologica) va di fatto a disabilitare il patto costituzionale. Non è più
semplicemente la Costituzione, la carta fondamentale, a stipulare un accordo
sui valori democratici da parte dei singoli partiti, unificati dal credo
civile; è invece un momento temporale, lo sviluppo sostenibile da qui al 2050,
a essere il centro esplicito di un accordo politico comune. È una sterzata
decisiva, di cui si misureranno gli esiti, che lo si voglia o meno. Nel caos,
che per Grillo è creativo, le soluzioni sono quelle che va ripetendo dai
Novanta. Si tratta di soluzioni tecnologiche. Il suo umanesimo è tutto
tecnologico. Il lavoro del genio collettivo è continuamente una scoperta di
nuovi strumenti. Per Grillo l’intelligenza collettiva è dedicata a preservare
il pianeta, e l’umanità come elemento del pianeta, proprio nella fase in cui la
specie dal pianeta esce e approda su Marte, ben prima che scada il timing del
2050. Non si tratta di visionarietà - qui siamo alla cronaca, non alla
profezia. Grillo sembra l’unico soggetto in Italia, ma anche in certo modo
fuori dell’Italia, a comprendere che la politica è qualcosa di fisicamente
planetario e cosmico, al giorno d’oggi. C’è poi l’abbattimento del discrimine
con cui si gioca la competizione politica. È anche in questo caso una
rivoluzione eversiva. A venire travolta è una questione che ha radici
millenarie nella scienza politica. Senza competizione, non c’è più dialettica.
Grillo non si spinge a proporre un modello umano, troppo umano, in sostituzione
del momento competitivo: sarebbe il cooperativismo, a cui non si fa cenno mai.
Il fondatore 5S ha puntato tutto sull’emersione di competenze dalla rete. E ha
sbagliato, perché dal network digitale è emerso anche e soprattutto ciò che
dell’umano è viscerale, orrendamente emotivo, inconscio. Non la cooperazione ha
sostituito la competizione, bensì l’isolamento progressivo, il termitaio
globale, l’incattivimento degli hater, i bot tesi al condizionamento mentale
delle masse. Qualcosa di metallico risuona nella visione del mondo che Beppe
Grillo propala, eredità anche di Gianroberto Casaleggio. L’intelligenza delle
cose, compresa l’emersione dell’intelligenza artificiale, si sostituisce
all’intelligenza sociale. La tecnologia della sostenibilità pretende di
occupare il luogo dell’invenzione umana, la quale ne diventa un’appendice,
necessitata a scovare gli strumenti migliori per un pianeta sano e ripulito,
rischiarato dal sole di una ragione endemica, che sta nelle cose stesse. La
progettazione sociale in luogo della società è un antico sogno, filosoficamente
coerente, che procede inesausto dai primordi della civiltà. Emendare la realtà
dallo sporco riduce l’umanità sul piano spirituale, arricchendola su quello
materiale. Prendere partito per l’intelligenza delle cose significa non
riconoscerne la mistica, cioè il loro intimo mistero, il che è tutto l’atto
spirituale. L’enciclica di Francesco “Laudato si’”, a cui si richiamano oggi
molti ecologisti, è da questo punto di vista l’autentico avversario della
prospettiva grillina e ambientalista. Quell’enciclica infatti fa perno
sull’idea di spirito, cioè di ambiguità e irresolutezza che domina il fenomeno
umano. Quale tipo umano è sotteso alla visione di Beppe Grillo? È felice? È
pietoso? È ambiguo? È mortale? Qui si palesa il tratto più equivoco della
rivoluzione grillina, probabilmente la più radicale e politica nel tempo che
stiamo vivendo. Chi non la prende sul serio vive in un altro secolo, ormai
scaduto.
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