"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 20 marzo 2021

Paginedaleggere. 06 «Il capitalismo non è coevo di Adamo ed Eva: ha un'origine storica e come tale avrà una fine».

 

Tratto da “Ultime notizie dal progresso”, intervista di Marco Cicala al professor Luciano Canfora pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 12 di marzo 2021: (…). Professore, partiamo da dove parte lei: dall'antichità. La vulgata ci ripete che, ancorato a una visione circolare del tempo storico, il mondo greco-romano fu sostanzialmente estraneo all'idea di Progresso. Ma le cose non starebbero proprio così... "Si tratta di un'immagine perlomeno parziale, unilaterale. Dipende dagli autori. Esiodo, per esempio, ha una concezione della Storia come inarrestabile decadenza rispetto a una perduta Età dell'oro. Tucidide, in compenso, guarda al passato come a un'epoca di barbarie e ritiene di trovarsi nel punto più alto mai raggiunto dalla civiltà, quella ateniese del V secolo. Ma l'idea di un Tempo che si muove 'in avanti' è presente anche in quanto conosciamo del pensiero di Platone, il quale sviluppa la visione utopistica di una Kallipolis, città felice e bene ordinata. Per questo si meriterà i feroci sarcasmi di Aristofane che nella commedia Ecclesiazuse, cioè Le donne all'assemblea, smonta il 'comunismo' platonico. Secondo lui, tra gli uomini, la difesa della proprietà privata, gli egoismi familiari e individuali finiscono sempre per prevalere. È già avviata, insomma, la discussione sul pensiero utopico che attraverserà tutta la Modernità".

Facciamo allora un salto in avanti. Nel 1848 il Karl Marx del Manifesto preconizza con toni epico-lirici quella che oggi chiamiamo "globalizzazione".  A scardinare i vecchi assetti economici, politici, culturali, territoriali è una classe rivoluzionaria: la borghesia. Il terremoto della globalizzazione è ancora ben lungi dall'essersi concluso, ma nel 2021 è possibile tracciarne un primo bilancio in termini di "Progresso"? "Sul piano del Progresso quello che se ne può ricavare è finora un bilancio a due facce. La globalizzazione ha indubbiamente avuto il merito di avvicinare mondi che erano separati, isolati, e di aver fatto toccare loro con mano la Modernità. Moralmente, questo è però avvenuto a un prezzo atroce, fatto di guerre dei forti contro i deboli. Conflitti non solo in senso bellico, ma anche economico, che hanno peggiorato le condizioni dei più sfavoriti privandoli per giunta d'una speranza di riscatto. L'altro aspetto della globalizzazione è infatti l'aver dissolto tutte le formazioni politiche che dall'Ottocento si erano fatte carico della questione sociale. Tanto il socialismo quanto il comunismo o la socialdemocrazia sono stati travolti, lasciando i perdenti senza punti politici di riferimento".

Benché la Cina e altre potenze orientali la stiano cavalcando alla grande, la globalizzazione non resta una "creatura" occidentale, non muove cioè da una nozione "colonizzatrice" di Progresso che magari si è ritorta contro i "colonizzatori" stessi? "Alcuni studi sostengono che i mondi non occidentali non abbiano conosciuto e soprattutto concettualizzato il Progresso. Forse non l'hanno concettualizzato, ma lo hanno praticato, seppure con tempi diversi rispetto a quelli occidentali. Da secoli l'Occidente propone modelli vincenti, spingendo il resto del mondo verso ritmi e velocità molto redditizi sul piano economico, ma che travolgono chi non riesce a stare al passo. È una velocità spasmodica, selettiva, escludente. Il 'piccolo' Occidente, diceva lo storico Toynbee, è per sua natura aggressivo. Il risultato è oggi che la Cina fa a gara con l'Occidente con le armi dell'Occidente, producendo al proprio interno i mostruosi dislivelli sociali e gli sfasci ambientali che conosciamo. È un modello di sviluppo che va ripensato, non certo adorato. Perché può rivelarsi mortale".

In Europa, dov'era stata concepita, l'idea di Progresso entra profondamente in crisi tra il 1914 e il '45. Dopo due guerre mondiali e l'atomica c'è poco da essere ottimisti. Lo sviluppo non può più essere concepito come un avanzamento inesorabile, ma casomai come un processo intermittente, soggetto a battute d'arresto, retromarce, cadute spaventose. "Certo, durante i conflitti le scienze 'dure' si trovano più mobilitate che mai a fini militari. Ma anche in tempi di pace la ricerca scientifica apre problemi etici mica da poco. È vero quindi, come lei dice, che l'immagine di un avanzamento sempre intermittente ha preso il posto delle 'magnifiche sorti e progressive'. No, purtroppo le cose non procedono sempre in avanti".

Il marxista americano Fredric Jameson ha detto che nel XXI secolo è ormai più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo. È come se da forza dinamica il capitalismo fosse diventato un orizzonte inamovibile, capace di riprendersi da ogni crisi sistemica, di riprodursi eternamente. Lei come la vede? "Esiste un pensiero che riconosce nel capitalismo una specie di forma eterna e ne retrodata gli inizi addirittura al mondo antico. Ma il capitalismo non è coevo di Adamo ed Eva: ha un'origine storica e come tale avrà una fine. In quello odierno assistiamo a un predominio sempre più invadente del capitale finanziario che penalizza il capitale produttivo fino a schiavizzarlo".

Tutta colpa di quei satanassi della finanza. "La Storia non è un fatto di 'colpe', ma è innegabile che oggi gran parte delle lamentele del capitale produttivo non si rivolgano ai lavoratori, con i quali le piccole e medie imprese spesso solidarizzano, bensì allo strangolamento da parte delle banche".

Intanto l'automazione industriale progredisce: incrementa la produttività a livelli mai visti, ma eliminando forza lavoro e creando disoccupazione riduce anche la massa di coloro che quelle benedette merci dovrebbero consumarle. Questa contraddizione, già rilevata da Marx, funziona ancora o è obsoleta? "A me pare che riemerga più forte che mai. Non si tratta naturalmente di frenare il Progresso, ma di fare in modo che i nuovi detentori della ricchezza consentano una vita decorosa a chi è stato espulso dal mercato del lavoro con la crescita dell'automazione. Il lavoro intellettuale non sarà mai sostituito dalle macchine: dovrebbe diventare quello più diffuso".

Mentre noi ce ne stiamo in poltrona a leggere Tucidide o Condorcet, le macchine fanno tutto da sole.

"Una parte del lavoro manuale sarà sempre controllata dall'uomo, ma riducendosi permetterà a molte più persone di dedicarsi ad attività diverse".

Tipo? "La formazione, l'educazione permanente, la cultura in ogni sua forma avranno sempre più bisogno di strutture e personale qualificato. L'automazione non può essere lasciata a se stessa, va governata".

Oggi però l'idea di Progresso sembra schiacciata sulla sfera unidimensionale dell'innovazione tecnologica, dove tutto ciò che è "nuovo" dev'essere per forza anche "buono". Dunque indiscutibile. "È una visione che per ora ha fatto la fortuna di alcuni e la miseria di molti. Andrebbe contrastata, regolata".

Ma come? E da chi? Il suo ultimo libro, La metamorfosi (Laterza) è l'autopsia di una "sinistra" diventata semplice declinazione del liberismo egemone. Quindi, a occhio nudo, difficilmente distinguibile dalla "destra". "I partiti sono organismi umani: nascono, prosperano e muoiono. Ma la distinzione tra 'destra' e 'sinistra' è radicata nella realtà, definirla superata sarebbe come negare il cammino del Sole o i cicli della Luna. Se mi chiede poi da quali mondi verranno ripresi i temi della giustizia sociale e dell'uguaglianza, è difficile dirlo. Non è materia da storici, ma da profeti".

Lei fa spesso riferimento a papa Francesco come se fosse l'ultima autorità morale rimasta a battere sui valori dell'eguaglianza e della solidarietà. Con tutta la simpatia per il Santo Padre, ma se ciò che - magari per una forma di superstizione - chiamiamo ancora "sinistra" deve affidarsi alle parole di un pontefice significa che siamo messi maluccio... "Quello religioso è un mondo che io guardo dall'esterno. Però il papa argentino è indubbiamente un fenomeno di formidabile portata storica. Oggi che le formazioni tradizionalmente votate alla difesa degli sfruttati sono scomparse era inevitabile, e in fondo perfettamente logico, che un pontefice arrivasse dall'America Latina. Cioè da un mondo contrastato ma ancora profondamente cattolico, molto distante dalle nostre scettiche, raffinate metropoli occidentali sulle quali la Chiesa non ha praticamente più incidenza. Con Bergoglio è venuto al pettine un problema enorme. Conquistando altri mondi, il proselitismo della Chiesa ha prodotto un cattolicesimo sui generis: quello incarnato oggi da papa Francesco. Non sarà un grande pensatore né un grande oratore, ma è dotato di una sua forza semplice, elementare, di un carisma che viene dalle sue origini e dalla realtà che si trova ad affrontare".

In Occidente, dopo secoli di conflitti, la Chiesa è venuta a patti con il laicismo, il pensiero critico, l'eredità dell'illuminismo, per capirci. Lo stesso non può dirsi di altri grandi universi religiosi, Islam in primis. "Ma perché l'Islam è cominciato molti secoli dopo! Oggi attraversa una fase più o meno comparabile a quella delle guerre di religione nell'Europa del Cinquecento. Le maturazioni religiose dei popoli hanno tempi lunghi che non si possono accorciare a volontà. Non la vedremo, ma anche l'Islam raggiungerà la sua maturità, il suo ecumenismo, il suo 'illuminismo'".

Torniamo al "Progresso". Quando, un anno fa, il Covid è esploso in Europa ci siamo accorti che ogni uomo occidentale era dotato di un computer o di uno smartphone, ma non si riusciva a trovargli un accidenti di mascherina. Ci siamo insomma scoperti pateticamente vulnerabili. Due milioni e mezzo di morti dopo, la pandemia scuote la fede progressista? "Sì e no. La scienza ha trovato, speriamo, un rimedio al virus. Ma, al contempo, si è subito scatenata sui vaccini la corsa al profitto. Con acquisti sottobanco, gare al miglior offerente. Quasi che il vaccino fosse una merce qualsiasi, mentre dovrebbe essere universale e gratuito. La logica del profitto s'è infilata anche qui".

Per consolarci non ci resta che l'abusato adagio gramsciano del pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà? "Perché abusato?"

Perché citato fino alla saturazione, all'autocommiserazione di sinistra. "Trova? Se viene citato da chi non sa più che cosa voglia dire, pazienza. Io non me ne vergogno affatto. Anzi, continuo a ritenerlo un'ottima ricetta".

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