Cesare Pavese ha scritto che “verso il popolo ci vanno i fascisti, o i signori. E andarci vuol dire travestirlo, farne un oggetto dei nostri gusti”. Insomma: “Non si va verso il popolo. Si è popolo”. «(…). Il popolo, qui a Roma, è per esempio Torpignattara, Cinecittà, è tutto il lungo nastro della Tuscolana. Se tu percorri quella strada e ti fermi a ognuno dei semafori, guardi a destra e a sinistra, tutti quei palazzi. Chi ci parla, con quelli che stanno lì dentro, con tutte quelle persone?».
(…). Zingaretti quando è stato eletto voleva spostare la sede in periferia. È finito con le Sardine al Nazareno. «Zingaretti ha fatto una scelta, che ormai seguirà. Si è dimesso, si vorrà candidare a sindaco di Roma: mi sembra normale, dopo due mandati. (…)».
Per fare cosa? C’è spazio per una cosa più di sinistra? «Ma no. Mentre parliamo, l’ipotesi probabile è Enrico Letta, che è una sorta di commissariamento del Pd: non certo da parte dei comunisti. (…)».
Deduco che la soluzione non è gradita. «Letta, da premier, ha abolito i rimborsi elettorali: io sono incompatibile con uno che ammazza i partiti, quindi auspicherei un’altra soluzione».
(…). Il Pd è stato al governo oltre 11 anni su 15, (…). Governare è un vizio? «No: è avere la testa rivolta al potere e non alla società, a quel che vuole la famiglia, il pensionato, il disoccupato, il giovane. Prendiamo l’esempio del cashback: soldi che sono dati a chi ha la carta di credito, a chi ha disponibilità sul conto. Ma oggi noi possiamo dare i soldi a quelli che già ce l’hanno? Ora che c’è Draghi, gli stessi di prima dicono: usiamo quei soldi contro la povertà. Finalmente. Però a suo tempo nessuno l’ha detto: e stavano sempre loro al governo».
Come definisce la situazione del Pd? «È molto semplice: siamo sotto le macerie. Siamo già morti».
E quando è accaduto? «Quando è nato il Pd: male. Non lo dico da nostalgico: ho detto allora che noi saremmo finiti così, perché vedevo che stavamo andando avanti senza robuste radici. Qualunque attività ha bisogno di solide fondamenta. Il Pd non le aveva: era una fuga verso un qualcosa che si pensava avrebbe potuto garantire un futuro. Ma allo stesso gruppo dirigente? Sì, alle stesse donne e uomini: non a una idea nuova. Ecco l’errore».
È finita con le Sardine che occupano il Pd. Che effetto fa? Il leader radicale Marco Pannella nel 1976 si presentò sotto la sede Pci di Botteghe oscure e gli uomini della vigilanza lo presero a ceffoni. «Eh, ma era Pannella, e andava a provocare. Le Sardine non andavano a provocare. Anche un vecchio socialista come Rino Formica ti dice che bisogna creare entusiasmo nel popolo: bisogna che qualcuno gli parli, gli crei voglia di discutere, di esserci. È quello che hanno fatto anche l’anno scorso, in Emilia Romagna. Sono stati di grande stimolo per la mia generazione, li hanno riportati in piazza, al voto. Sono stati i veri vincitori di quelle elezioni».
Noi abbiamo Luigi Di Maio ministro degli Esteri. «Quando lo dicevi a Macaluso ti cacciava di casa. Lo trovava inaccettabile. Ma, come partito, dovremmo fare queste discussioni, perché il governo non le farà».
Santori dice che il Pd è tossico. «Io ho la tessera del Pd, a questo non arrivo. (…). Un’idea. Dobbiamo andare a cercare gli elettori che sono fuggiti».
Dimezzati. Erano 13 milioni nel 2008, 6,5 milioni nel 2018. Secondo Swg adesso il Pd è quarto partito. Colpa di Zingaretti? «Può avere delle responsabilità, però c’è stata una congiuntura che lo ha costretto a fare scelte che lui non aveva in testa. Nel 2019 voleva andare alle elezioni, ed è andata in un altro modo. E adesso, pro Conte-ter, la Direzione aveva votato all’unanimità».
Solo pochi giorni fa diceva che “il Pd non è mai stato unito come ora”. «È un falso. Quando leggevo, o sentivo alla radio, che la Direzione aveva votato all’unanimità, dicevo: “Sono dei falsi”. Quando si sta in una comunità, si alza il ditino e si dice “scusa, non sono d’accordo. Voto contro”, e poi si rispettano le decisioni della maggioranza. Questa è la storia da cui vengo. Io ci stavo bene, ero in dissenso quanto volevo. Ma quando, oggi, votano all’unanimità e due ore dopo rilasciano dichiarazioni contro quello che hanno deciso, non funziona».
Di chi parla? «Non voglio fare nomi. (…)».
Insomma, Pierluigi Castagnetti e Luigi Zanda, ad esempio, dovevano difendere Zingaretti, non attaccarlo. «Bisogna ricollegare. Adesso, dopo i nomi di Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, Piero Fassino, il giovane Provenzano, c’è Letta. Quindi ci sono alcuni soggetti che ci danno Draghi. E altri che ci danno Letta».
Quali soggetti? «La finanza internazionale. E la finanza europea. (…)».
Di subalternità è stato accusato anche Zingaretti, nei confronti di Conte, che è arrivato a definire “punto di riferimento dei progressisti”. «Un’esagerazione. Ma il punto è che in questa legislatura siamo al terzo presidente del Consiglio che non è stato eletto e non ha fatto neanche il consigliere circoscrizionale. Trovatemi una democrazia occidentale nella quale il capo del governo non è passato per un voto. In Europa, nel mondo, non c’è nessuno. È un problema per la democrazia italiana».
È colpa del Pd? «Non solo del Pd, in questo caso».
A proposito di eccezioni, quale effetto le ha fatto che la linea del Pd sia stata indicata, per mesi, via intervista, da personalità come quella di Goffredo Bettini, che non erano neanche in Direzione? «Mi ha sempre disturbato. Esiste la segreteria, che parli la segreteria».
Cosa si aspetta da questa Assemblea (l’assemblea plebiscitaria di acclamazione per Enrico Letta nuovo segretario n.d.r.)? «Non accadrà, ma vorrei si dicesse: le primarie per il segretario non le facciamo più».
Perché? «È un meccanismo che non funziona. Le primarie non danno una linea politica; si elegge un organismo pletorico, ingovernabile; si formano al suo interno delle correnti che hanno un peso enorme. Risultato: 12 anni, 7 segretari!»
Durata media: 22 mesi. Il segretario come lavoratore stagionale: i bagnini, i raccoglitori di pomodori, i capi del Pd. Ma c’era questo cannibalismo prima? «Non era così, figuriamoci. Le primarie vanno bene come inizio di campagna elettorale: quelle di Prodi nel 2005, ad esempio. Invece il segretario lo devono eleggere gli iscritti, la comunità. Su una proposta politica, un progetto. Non il primo che passa sul marciapiede di fronte, pagando due euro».
Cosa cambia? «La comunità che elegge il segretario ha fatto una battaglia per riuscirci, e dopo lo segue, lo difende. Una bella differenza: (…). Parliamoci chiaro: ci ricordiamo quante volte è dovuta intervenire la magistratura sulle primarie?»
Cosa altro spera accada in assemblea? «Ho detto ai quarantenni: se non vi intestate una battaglia politica, non avete futuro».
E che battaglia si possono intestare? «Ribellarsi agli accordi tra tre persone».
Nel Pd i giovani non si sono mai ribellati. Per paradosso, l’unico è stato Renzi. «Ma lui non si è ribellato: ha occupato il potere, quando quel partito era già contendibile. Non era una battaglia. (…)».
Comunque i quarantenni, sopravvissuti anche al renzismo, sono pochi. «Se non si sbrigano, muoiono pure loro. Mi auguro che ci sia un dibattito vero e un gruppo dirigente che giri l’Italia: serve che ascolti, non che parli. Dopo il Covid-19 nulla sarà come prima: vale per la società, ma vale pure per la politica. Le vede quelle? Sono le vecchie bandiere del Pci».
Stiamo per ammainare anche quella del Pd, siamo alla fine di un’altra storia? «È quello che ho cercato di dire fin qui».
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