Ho scritto il mercoledì 5 di
ottobre dell’anno 2005: Nella policroma
composizione della figura dell’educatore che si va ricercando, aggiungiamo a
mo’ di tessera la paginetta tratta dal volume “Voi, Noi” di Paolo Crepet. In essa vi è rappresentato, forse per
la prima volta, l’educatore in veste inconsueta, non tanto il missionario di
sempre dedito alle opere buone e meritevoli, quanto il competente istruttore di
volo che guida nei cieli immensi della vita, cui si affacciano, i giovanissimi
loro affidati. E nelle poche righe riportate traspare l’inevitabilità insita nel
lavoro a termine di ogni educatore, per la qualcosa non di meno occorre
intelligenza, saggezza ed amorevolezza per realizzarlo nel migliore dei modi. “(…). In fin dei conti il mestiere
dell’educatore – genitore o insegnante che sia – somiglia a quello
dell’istruttore di volo: simile, a sua volta a quello dello psicoterapeuta.
L’obiettivo è lo stesso: fornire
elementi che aiutino la persona a crescere, a raggiungere progressivamente
livelli sempre più alti di libertà e autonomia, ad acquisire confidenza in se
stessa, - cioè autostima -, a liberare le proprie capacità creative. E se siamo veri istruttori di volo vuol
dire che nel nostro compito è previsto l’arrivare un giorno a sederci sul bordo
del nido e vedere i nostri allievi volare via veloci e sicuri: sarà un giorno
difficile, ci verrà un nodo alla gola, ma sarà ciò che la nostra responsabilità
ci porterà a fare. (…)”. Ha scritto Umberto Galimberti in “Il compito più importante è diventare
umani”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 7
di marzo dell’anno 2015: Meglio studiare i verbi greci e latini o la
biologia? La domanda giusta non è questa. Quello che bisognerebbe domandarsi è
come si possono formare, prima ancora di fornire loro delle competenze
specifiche, persone capaci di comprendere la vita. A mio parere tutti gli
ordini di studi sono buoni, a condizione che gli studenti abbiano voglia di
studiare. Cosa che oggi non è assolutamente ovvia. Un po' per colpa di molti
insegnanti: alcuni sono troppo anziani, altri demotivati, altri ancora del
tutto disinteressati nei confronti degli studenti che hanno davanti agli occhi
tutti i giorni, e questo a scapito degli insegnanti impegnati, che con il loro
lavoro e la loro dedizione devono supplire all'indolenza dei colleghi. Se poi
usciamo dalla classe e andiamo nelle famiglie, vediamo genitori interessati più
alla promozione dei figli che alla loro formazione. Per questo, pur sapendo
quanto poco tempo i loro ragazzi dedicano allo studio, certi genitori si
promuovono sindacalisti dei figli, minacciando ricorsi quando questi rischiano
di non essere promossi. Qualche mese fa l'Ocse ha collocato gli studenti
italiani all'ultimo posto in Europa per la capacità di comprendere un testo
scritto. E questo evidentemente dipende dal fatto che la scuola, fin dalle
elementari, non ha insegnato loro a leggere. Questo spiega anche perché i
giovani non comprano i giornali, dove tra l'altro a volte gli articoli, accanto
a grandi foto, sono scritti così in piccolo che neanche i vecchi, che ancora
comprano i giornali, riescono a leggerli. Capisco che siamo nell'età in cui
trionfano le immagini, ma se non siamo più capaci di leggere non dobbiamo
sorprenderci se negli ultimi due anni i libri di saggistica hanno perso il 50 %
di vendite e i libri di narrativa il 30%. Sono convinto che sia inutile
insistere perché frequentino scuole superiori e università ragazzi che non
hanno alcuna voglia di studiare, dal momento che, pur promossi, alla fine dei
loro corsi di studio dovranno fare i conti con la loro ignoranza, che farà la
sua sgradevole comparsa già nei primi colloqui di lavoro. Ma sono anche
convinto che un Paese con un così basso livello culturale non possa avere alcun
futuro per quante riforme si facciano. Per venire allo specifico (…) circa
l'utilità o l'inutilità del liceo classico, mi pare che questa disputa nasca
dal fatto che spesso genitori e studenti ritengono che il liceo scientifico sia
più idoneo del classico a preparare i ragazzi al mondo di oggi, governato
fondamentalmente da scienza e tecnica. In realtà fino a 18 anni le scuole,
tutte le scuole, non sono scuole di avviamento al lavoro, ma scuole di
formazione. Si tratta cioè di formare l'uomo prima di insegnargli abilità o
competenze che si possono acquisire tranquillamente nelle specialità
universitarie, perché un medico che non è un uomo, un ingegnere che non è un
uomo, un economista che non è un uomo, non faranno mai bene il loro lavoro. E
qui mi pare di poter dire che gli studi umanistici sono i più idonei a formare
l'uomo e a insegnargli, come a più riprese ricorre nei testi greci e latini,
cos'è giusto, cos'è bello, cos'è buono, cos'è vero, cosa significano
sofferenza, dolore, disperazione, morte. Ma anche gioia, coraggio, ideazione,
utopia, gusto per la ricerca e, mi si permetta di dire, anche "figure
della felicità", perché se non si conoscono questi scenari, che solo la
cultura umanistica sa insegnare, come si fa a pensare che un uomo possa fare il
bene il mestier suo, senza avere ben radicato dentro ciò che fa di un uomo,
prima e a sostegno delle sue competenze, un uomo?
"Nella scuola lo sviluppo dell'attitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente, e non l'acquisizione di conoscenze specializzate, dovrebbe essere al primo posto".(Albert Einstein). "L'educazione dovrebbe cominciare con l'insegnare il valore della non violenza che ha a che fare poi con tutto".(Tiziano Terzani). "L'educazione dovrebbe inculcare l'idea che l'umanità è una sola famiglia con interessi comuni. Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione". (Bertrand Russell). "Sviluppare la mente è importante, ma sviluppare una coscienza è il dono più prezioso che gli educatori possono fare ai giovani".(John Edward Gray). "Il grande problema della scuola oggi è insegnare ai giovani a filtrare le informazioni di internet, cosa di cui non sono però capaci neppure i professori, perché sono neofiti in questo campo".(Umberto Eco). "Alla scuola chiedere innanzi tutto di insegnare cosa è bello, di divulgare l'armonia, di spiegare il senso dei valori".(Roberto Vecchioni). "Mi piace un insegnante che ti dà, da portare a casa, qualcosa da pensare, oltre ai compiti".(Lily Tombin). Anche se in ritardo, carissimo Aldo, consentimi di ringraziarti poiché il tema trattato in questo post mi coinvolge particolarmente e mi è ancora tanto caro. Buona continuazione.
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