Ha scritto Michele Serra in
“Mozione congressuale” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”
del 27 di febbraio 2021:
(…). …perché a dare un colpo decisivo allo
sfruttamento dei rider non è stata la politica, ma la magistratura? Una buona
risposta a questa domanda potrebbe, quasi da sola, far ripartire la macchina
inceppata della sinistra. Ridarle identità, restituirle una funzione,
rivalutare la sua storia (anche gloriosa) e prometterle un futuro. Perché i
rider sono esattamente come i braccianti di Pellizza da Volpedo a fine
Ottocento, come le mondariso nel Dopoguerra, come gli operai arruolati in massa
nel primo boom industriale: proletariato senza diritti. Il procuratore Greco,
che di mestiere non fa politica ma cerca di applicare le leggi, lo ha spiegato
benissimo: "Non sono schiavi, sono cittadini". L'organizzazione
sindacale e politica dei senza voce, degli sfruttati, della carne da profitto,
è stata, per circa due secoli, la ragione stessa dell'identità, della cultura e
dell'azione della sinistra. Oggi si direbbe: il suo core business. Per quanto
ingannevole possa essere la vetrina dei tempi (il rider impugna lo smartphone e
non la vanga) la sostanza è ancora quella. E per quanto l'epoca abbia
affastellato problemi nuovi, e molteplici, complicando di molto la dialettica
capitale-lavoro, l'assenza di una soluzione politico-sindacale di un
macroscopico caso di sfruttamento come quello dei rider dice molto, alla
sinistra, della sua crisi profonda. In un congresso nel quale si discuta
davvero di questo, nessuno oserebbe perdere tempo parlando di correnti e di
sottosegretari. È il “marcio” di tutta la politica del “bel paese”, in
tutto il suo arco costituzionale, politica da me definita “inane” ed “imbelle”,
con una “colpevolezza” aggiunta per quelle forze impropriamente
auto-denominatesi “di sinistra”. Una storiaccia deplorevole, confermata anche
nel “colpo basso” del governo dei “migliori”, nel quale la sedicente “sinistra”
svolgerà a menadito il ruolo del “convitato di pietra”. Tratto da
“Adesso al governo c’è una tecnocrazia per
la restaurazione”, intervista di Daniela Ranieri al filosofo Gennaro
Carillo -
(professore ordinario di Storia del pensiero politico e di Filosofie
della polis, studioso degli antichi e di Vico, di potere e democrazia)
- pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi giovedì 4 di febbraio 2021:
(…).
Professore, cosa è tecnicamente questo Governo dei Migliori? Una forma della
democrazia? Un suo commissariamento? Un’oligarchia? - È un referto
anatomo-patologico, piuttosto. La certificazione che quella che continuiamo a
chiamare democrazia rappresentativa non esiste più o gode di pessima salute.
Quello che è salutato come governo dei migliori è l’ennesima conferma di un
processo di trasformazione della democrazia in tecnocrazia e, più in generale,
del governo in governance. La sede della decisione politica si sposta verso
poteri senza delega, legittimati solo dal possesso esclusivo di un sapere
tecnico -.
Quali sono i rischi della tecnocrazia? -
L’opacità della decisione politica, presa in nome di una tecnica non
discutibile e sciolta dall’obbligo di rendiconto. Già Erodoto, invece,
sosteneva che non c’è democrazia dove non c’è bisogno di rendere ragione delle
decisioni. E quanto più il potere è invisibile, scrive Spinoza, tanto più si
alimentano la superstizione, l’infelicità e la tristezza del popolo -.
A leggere i giornali, sembrerebbe una nuova
aristocrazia dei competenti. Una Repubblica platonica. È così, anche se 15
ministri su 23 sono in politica da anni? - In un Paese come il nostro, incline
alla genuflessione, l’apertura di credito verso il governo ha toccato vertici
grotteschi di quello che Arbasino definiva “leccaculismo”, malattia nazionale.
Se è indubbio che una parte della compagine governativa, a cominciare da
Draghi, è fatta di esperti, la parte restante contraddice la retorica dei
migliori. Anzi, rivela le ragioni meno confessabili della caduta del secondo
governo Conte. Al quale nessuno ha perdonato il vizio d’origine: essere un
outsider, non riconducibile a nessuna delle “famiglie” politiche che bloccano
il sistema. La continuità è quanto di più antiplatonico possa immaginarsi: la
polis perfetta presuppone l’azzeramento del personale della polis storica, una
rifondazione radicale dell’assetto politico -.
È una reazione delle élite contro gli
incompetenti? - Non vedo élite all’orizzonte. Non le vedevo prima, non le vedo
oggi. La retorica dell’uno vale uno ha fornito un assist formidabile alla
retorica del merito. Ma il paradosso è che populismo e tecnocrazia sono il
recto e il verso di una stessa medaglia: la crisi della democrazia
rappresentativa. Che la competenza si formi in ambiti distinti dalla politica,
dovrebbe poi far piangere lacrime amare a chi oggi, invece, esulta -.
Se questa è una restaurazione, quale evento
è stato la rivoluzione delle masse? Il Sussidistan, come lo chiama il capo di
Confindustria? - Il reddito di cittadinanza è stato un tentativo di risposta,
per molti versi sbagliata, a un problema reale. Che la sinistra abbia
rinunciato a politiche redistributive del reddito e non abbia fatto argine alle
derive censitarie della società italiana, accettate come se obbedissero a una
legge di natura, è la causa principe del suo declino. Anche l’ostinazione a non
vedere che il costo della crisi pandemica non è ripartito equamente produrrà
conseguenze drammatiche. Ma è difficile che, con Salvini al governo, si possa
anche soltanto pensare di onerare i garantiti con un tributo di solidarietà
nazionale -.
Il rischio è perdere anche quei minimi
diritti sociali che i cittadini e i lavoratori del ’900 hanno conquistato? -
Molti governi di centro-sinistra hanno fatto a gara con quelli di centrodestra
nello smantellamento dei diritti sociali. La crisi pandemica sta completando
quest’opera -.
I giornali influenti sono posseduti da
editori che hanno interessi nella finanza e nell’imprenditoria. È per questo, e
per l’arrivo di 209 miliardi, se la figura di Draghi narrata dai media è quella
di un demiurgo? - Il sistema dei media è un sistema bloccato. L’effetto loop
prodotto da certi talk show politici, il cui format ripete i canovacci della
commedia dell’arte, con maschere fisse, è nauseante. Nel discorso pubblico,
anche Draghi diventa un costrutto semiotico, il re taumaturgo -.
Il Governo dei Migliori è il governo di
quelli che hanno sempre maneggiato i soldi? - Si è rivelato finora quello della
restaurazione, del ripristino dell’ordine infranto. È qualcosa di più profondo
dell’enorme massa di denari in arrivo -.
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