"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 24 aprile 2025

Lavitadeglialtri. 83 Bergoglio: «Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno! Noi… che siamo chiamati alla vita».

 

                    Sopra. La prima pagina de' "il Fatto Quotidiano" di oggi.
 
Il morto piace a tutti, non è un mistero. E lo sport nazionale, dopo il salto sul carro del vincitore, che è un classico, è il salto sul carro del defunto, che non ti può nemmeno dire: “scendi, ipocrita”. E così il cordoglio per la morte di papa Francesco si è trasformato (anche) in un festival del falso ideologico diffuso, com’era previsto e prevedibile. In certi casi, un lutto così maldestramente espresso da non riuscire a mascherare il sospiro di sollievo, perché in un mondo che chiede guerra (i potenti e i loro zelanti camerieri), la voce dell’unico potente che chiedeva pace (insieme alla gente) smette di tuonare, e questo risolve un problema ai signori del riarmo permanente. Lasciamo stare il necro-souvenir, quelli che pubblicano la loro foto insieme al papa appena trapassato, dove l’ego fa premio sul cordoglio e sulla pietà. Peccato di vanità, d’accordo, che è pur sempre una faccenda umana (troppo umana) e ha semmai a che fare con lo spirito dei tempi, l’ansia di comparire, di mettersi in mezzo, di parlare di sé. Più grave sembra invece il cambio di marcia dei vari poteri che di papa Francesco non erano per niente amici, e che oggi sembrano affranti dal dolore. Molti giornali che hanno dedicato al triste evento venti-venticinque-trenta pagine sono gli stessi che mettevano certe dichiarazioni di Francesco a pagina quindici o venti, un trafiletto seminascosto accanto al gattino smarrito che torna a casa, o alle previsioni del tempo. Succedeva quando il papa stonava – e stonava magnificamente – rispetto alla narrazione corrente, fortemente consigliata, quando parlava di trattative invece che di riarmo, per esempio, quando chiedeva di far tacere le armi proprio mentre ogni Stato europeo si affanna a comprarne e fabbricarne di più. E succedeva quando il papa – il papa, non un pericoloso terrorista di Hamas – usava la parola vietata e ormai evidente a tutti in Palestina: “genocidio”. Una parola tabù che se la usa un cantante non passa più a Raiuno, e se la usa il capo dei cristiani di tutto il mondo finisce nelle notiziette brevi, tra le spigolature e le curiosità. Molti, per bypassare questo scomodo nodo pace-guerra (con Francesco dalla parte della pace e tutti gli altri poteri dalla parte della guerra), si occupano dell’aspetto sociale del pontificato. “Il papa degli ultimi” è titolo molto gettonato, e qui arriviamo al cordoglio del governo e dei politici italiani, tutti affranti e addolorati, ma che sugli ultimi distribuiscono solo bastonate. Era il papa dei poveri, che bravo! Ma intanto le politiche economiche (attuali e passate) i poveri li aumentano e li umiliano. Era il papa dei migranti, tanto umano! Ma intanto i migranti vengono bastonati, deportati in manette, a volte lasciati affogare, o ristretti in lager-pollai, qui o in Libia dove occhio non vede. Era il papa dei carcerati, uomo di immensa pietà! Ma intanto cifre e notizie sulle carceri gridano vendetta, tra sovraffollamento, condizioni disumane, suicidi (90 nel 2024, 22 nei primi tre mesi del 2025), con un sottosegretario (Delmastro) che prova “intima gioia” nel sapere che “non li lasciamo respirare”.  Spesso si assiste a una distanza tra parole di circostanza (uh! Il lutto, il dolore!) e azioni concrete, ma in questo caso la distanza è così siderale da esplodere come un petardo davanti agli occhi di tutti. Il degno coronamento, l’apoteosi, sarà vedere Trump al funerale. La messa, il segno della croce insieme a Giorgia, e poi via, tutti insieme a deportare migranti e a comprare più armi. («Salto sul carro funebre. Gli ipocriti al potere piangono il “Papa umile”» di Alessandro Robecchi).

“Ora chi alzerà la voce per chi è senza lacrime?”, testo di Enzo Bianchi: (…). Francesco, un papa che voleva essere fratello come noi senza nessuna superiorità. Per questo all’inizio del pontificato, mostrandosi per la prima volta dinanzi ai fedeli raccolti in piazza San Pietro, non si presentò in una forma ieratica, benedicente, come il satrapo di un bassorilievo assiro, ma si inchinò e chiese umilmente al popolo di invocare prima su di lui la benedizione. Per questo negli ultimi giorni si fece vedere in San Pietro come un vecchio uscito da un ricovero, con una coperta, i pantaloni neri, una maglietta bianca, senza croce pettorale e abiti pontifici, quasi a dire: “Sono con voi, fratelli e sorelle, solidale nella vicenda umana fino alla debolezza, all’infermità…”. Francesco sarà ricordato come il papa umano già da come professava la fede in Gesù uomo, realmente uomo, e per questo rivelatore di Dio suo Padre, ma anche perché lui stesso narrava e testimoniava Dio. Ha vissuto un pontificato faticoso anche se le sue forze e le sue speranze non sono mai venute meno perché era un uomo di preghiera. Io l’ho conosciuto bene e della preghiera mi parlava come chi la vive costantemente, come chi ha fatto della preghiera il suo respiro. Ma se questa è la sua postura di credente cristiano ciò che in lui risplendeva come magistero scaturito in modo autorevole, oserei dire ossessivo, è il messaggio del Vangelo della pace. Francesco si accorgeva che stava dilagando una seduzione della guerra in molte parti del mondo, soprattutto presso le grandi potenze. Tornava una terribile corsa al riarmo motivato non tanto da una reale paura dell’altro, di un nemico, quanto dal bisogno del capitalismo di produrre armi e venderle, soprattutto ai Paesi più poveri. Questo riarmo, che molti vorrebbero giustificare con ragioni di difesa, risponde a una inconfessabile sete di potere che non può non essere sete di sangue. Quel che avviene a Gaza non è solo la vergogna di Israele, ma di chi in Occidente fornisce le armi e appoggia la guerra di Israele contro quel popolo di palestinesi, ridotti a straccioni senza più patria, senza cibo, senza più diritti riconosciuti. Solo Francesco, a costo di essere accusato dal governo di Israele di antisemitismo, gridò e urlò in difesa di chi non ha più lacrime per piangere.  Chi adesso alzerà la voce, si farà voce di tutti quei gemiti e quei pianti di vittime innocenti? Non mi sembra che anche nella chiesa cattolica ci siano altre voci, altrettanto limpide, non ambigue e forti! Perché in Papa Francesco c’era la profezia che non abita mai la burocrazia. “No al riarmo!” è il grido di pochi, ormai soffocato dallo strepito di chi chiede di armarsi in vista della difesa. E confesso la mia tristezza per il fatto che anche voci di amici, solidali fino a ieri nelle battaglie per la libertà, la giustizia e la pace, oggi parlano un’altra lingua: non li riconosco più. Sono un cittadino europeo, ma anche cristiano e leggo l’Apocalisse che mi ammonisce e mi invita a discernere la presenza della guerra come idolo che seduce all’orizzonte della storia. E se la seduzione avviene accenderà la devastazione, una de-creazione del mondo, e rispunteranno l’odio, la violenza e la morte. In realtà gli umani non vogliono questo, eppure possono essere ancora una volta ingannati dall’idolo del riarmo come difesa e possibilità di pace. Ma questa è una falsità. Le ultime parole dette in pubblico da Papa Francesco in pianto: “Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno! Noi… che siamo chiamati alla vita”.

N.d.r. I testi sopra riportati sono stati pubblicati su “il Fatto Quotidiano” di ieri, mercoledì 23 di aprile 2025.

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