"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
giovedì 31 dicembre 2020
Cosedaleggere. 93 «Doveva essere una sorpresa per Natale».
mercoledì 30 dicembre 2020
Strettamentepersonale. 31 Catanzaro: «È città rupestre e a pan di zucchero, come Orvieto in Umbria e Avranches in Normandia...»
Questo è un “post” che dedico alla mia “piccola città”, per dirla con Francesco Guccini.
martedì 29 dicembre 2020
Virusememorie. 53 «Come dice Camus: “ci dobbiamo persuadere che non c’è isola nella peste”».
lunedì 28 dicembre 2020
Leggereperché. 56 «"Che fare?", una domanda che la politica, ridotta ad analisi dei sondaggi e a una campagna elettorale senza fine, è incapace di soddisfare».
domenica 27 dicembre 2020
Virusememorie. 52 «Una cosa il Covid ce l’ha insegnata. Che senza riti la collettività entra davvero in sofferenza».
sabato 26 dicembre 2020
Cosedaleggere. 92 Giorgio Bocca: «la vita vera, la felicità cominciavano quel mattino in cui un grido di mia madre mi tirava giù dal letto: “Giorgio, Giorgio, nevica”».
venerdì 25 dicembre 2020
Eventi. 33 «Natale resta una festa dell'intimità, una possibilità di gustare gli affetti e di un po' di tempo insieme, celebrando la vita».
giovedì 24 dicembre 2020
Cosedaleggere. 91 «Oggi in Occidente, come in Oriente, esiste finalmente un solo, vero, e unico dio: il Dio Quattrino».
martedì 22 dicembre 2020
Cosedaleggere. 90 «Un’unica “turba pilleata” invade la città. I Saturnali sono insomma una festa della libertà».
lunedì 21 dicembre 2020
Uominiedio. 30 «La storia del cristianesimo come l'abbiamo raccontata fino adesso è finita».
Operazione telescopica. Soggetta al rischio di qualche deformazione ottica. "Certo. Nessuno degli evangelisti è stato testimone diretto, contemporaneo di Gesù. Ognuno di loro si pone il problema del linguaggio con cui comunicare quella vicenda alla comunità della quale fa parte. La morte di Cristo, quel tipo di morte, ha prodotto un trauma, ha spezzato il legame tra lui e i suoi seguaci, ha scavato un vuoto, una mancanza, un'assenza. Ma proprio di quel vuoto si nutrirà la fede dei credenti".
domenica 20 dicembre 2020
Lalinguabatte. 100 «La sovranità è sempre popolare».
venerdì 18 dicembre 2020
Cosedaleggere. 89 «Babbo Natale l'autocertificazione per "comprovate esigenze lavorative" l'aveva in tasca».
giovedì 17 dicembre 2020
Leggereperché. 55 «La mia vita scolastica era intrisa di religiosità, quella domestica, ai miei occhi infantili e conformisti, di dissolutezza».
mercoledì 16 dicembre 2020
Virusememorie. 51 «L’oscena congrega dei no-mask, che attira le bombe sulle case degli altri».
martedì 15 dicembre 2020
Leggereperché. 54 «Non sappiamo che cos'è bello, cos'è buono, cos'è giusto, cos'è vero, cosa è santo, ma unicamente che cosa è "utile"».
lunedì 14 dicembre 2020
Cosedaleggere. 88 «La morale evapora e tutti possono sentirsi innocenti».
domenica 13 dicembre 2020
Uominiedio. 29 «Essere ad un tempo cristiani e scienziati».
sabato 12 dicembre 2020
Leggereperché. 53 «In ognuno dei commensali c'era un pezzetto di mio padre, che ho catturato, con un apposito retino acchiappa ricordi».
Tratto da “I ricordi abitano nelle case dove hai vissuto” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di dicembre dell’anno 2015:
venerdì 11 dicembre 2020
Cosedaleggere. 87 «Non saremo più “liberisti”, ma finalmente liberi».
giovedì 10 dicembre 2020
Cosedaleggere. 86 «Metà del mondo mi pare superstiziosa quanto i contadini medievali».
martedì 8 dicembre 2020
Virusememorie. 50 «Fiora, ho vissuto tanto, ho vissuto bene. Vivere così non ha senso. Mi manca tutto, mi mancate voi. Mi manca la musica».
lunedì 7 dicembre 2020
Storiedallitalia. 90 «Il Montezemolo, detto “Libera e bella” per il crine fluente e cotonato d’un tempo».
domenica 6 dicembre 2020
Cronachebarbare. 77 «Ora, le fake news sono vecchie come il mondo. Si chiamano bugie, menzogne, balle».
sabato 5 dicembre 2020
Leggereperché. 52 «Dio è solo una metafora di cui ci serviamo per dare un nome al nostro bisogno di trascendenza».
venerdì 4 dicembre 2020
Cronachebarbare. 76 «La fiammata dopaminica che segue l’acquisto, totalmente solipsistica e consolatoria, è vissuta come una specie di rinascita collettiva».
giovedì 3 dicembre 2020
Leggereperché. 51 «I bambini sono convinti di essere circondati da creature straordinarie».
martedì 1 dicembre 2020
Virusememorie. 49 «Ciò che chiamavamo vita normale è stata in realtà la condizione di possibilità di questa tragedia».
lunedì 30 novembre 2020
Memoriae. 23 «Questa è anche un´epoca di restrizione delle cerchie della socievolezza».
domenica 29 novembre 2020
Cosedaleggere. 85 «La storia non è una inevitabile ascesa verso il mercato e il denaro».
sabato 28 novembre 2020
Leggereperché. 50 «Diventare grandi sta proprio nella consapevolezza che non lo saremo mai».
venerdì 27 novembre 2020
Lalinguabatte. 99 Mark Twain: «Nel tempo in cui una bugia fa il giro del mondo, la verità non si è ancora allacciata le scarpe».
Perché questa volta sarebbe diverso? «La tecnologia ha reso la velocità di propagazione infinitamente maggiore. È un acceleratore pazzesco di quel che succedeva già prima. Attraverso la rete un politico può impiantare un’idea in dieci milioni di menti ancor prima di essere sceso dalla tribuna. E le dinamiche virali dei social network offrono pochissimi incentivi alle persone per assumere un tono riflessivo e moderato. Piuttosto il contrario. Detto questo sono anche sorpreso quando i miei amici di sinistra trovano assolutamente ovvio che Facebook debba censurare affermazioni ritenute offensive. Per me non è affatto ovvio. Perché di quel passo finiremmo come la Cina, dove lo Stato censura le voci fuori dal coro con la scusa di proteggere il popolo».
E pensare che all’inizio della rivoluzione digitale si diceva che internet avrebbe allargato il dibattito, dando voce a tutti: cosa non ha funzionato? «Era un ottimismo acritico come acritico è il pessimismo attuale verso tutto quello che riguarda la rete. (…). …tento un’analogia con l’invenzione della stampa. C’è voluto tempo per capire che non bastava che qualcosa fosse stampato perché fosse vero. Forse ne serve altrettanto per conquistare la stessa consapevolezza con la rete. Ho fiducia nella capacità delle persone di discriminare tra vero e falso, ma è più difficile farlo avendo davanti solo 140 caratteri. La tecnologia è come un velo supplementare».
Vivere in mezzo alle fake news non dovrebbe essere il paradiso dei giornali, come fornitori di notizie vere? «Certo. Il problema è di sostentamento, non di necessità della professione. C’è chi, come il Guardian, fa un punto di principio nel non fare pagare il sito sostenendo che sia una scelta democratica. Ma noi, mentre accumulavamo sei milioni di abbonati paganti, a marzo abbiamo avuto anche 240 milioni di visitatori al sito. Si può fare l’uno e l’altro».
L’altra deriva populistica che denuncia è la morte dell’expertise: perché non ci fidiamo più dei competenti? «Il Covid ha fornito un ottimo esempio del perché anche gli esperti hanno responsabilità nel loro ridotto status. Prima ci hanno detto che le mascherine non servivano, poi che erano indispensabili. Avrebbero dovuto dire, trattandoci da adulti, che servivano ma era meglio lasciarle ai medici e a chi ne aveva più bisogno. Hanno contaminato il loro discorso di considerazioni politiche e si sono fatti male da soli. Già la crisi del 2008 aveva screditato un gruppo ristretto di esperti, gli economisti. Questa volta è stato il turno dei virologi».
Eppure, tornando alla retorica, Trump ha vinto pur essendo uno degli oratori più rozzi ad aver varcato la soglia della Casa Bianca… «Non sono d’accordo. Trump ha una sua antiretorica, fatta di paratassi (Salvini è suo fratello in questo), che è a sua volta retorica. Nato ricchissimo, ha trovato un modo di convincere masse di dimenticati che era in grado di capirli e aiutarli. Non è impresa di poco conto. Senz’altro gli è servita l’esperienza televisiva del reality show The Apprentice. Lui interpreta quella versione di sé stesso e gli viene benissimo».
Ma la stessa volgarità funzionerà anche in tempi drammatici come quelli che stiamo vivendo? «Non vedo perché no. Una lingua rabbiosa si addice a momenti arrabbiati. Come fanno il rap e l’hip hop, molto più rivelatori dell’anima dell’America di quanto molti intellettuali siano disposti ad ammettere. E come dimostra il successo di Hamilton, il musical che è riuscito proprio col rap a restituire la sofisticazione e la ricchezza espressiva di un libro di ottocento pagine».