"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 12 dicembre 2020

Leggereperché. 53 «In ognuno dei commensali c'era un pezzetto di mio padre, che ho catturato, con un apposito retino acchiappa ricordi».

 

A lato. "Porto di San Francisco" (2019), acquarello di Anna Fiore.

Tratto da “I ricordi abitano nelle case dove hai vissuto” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di dicembre dell’anno 2015:

Niente come un trasloco fa ripartire il treno della memoria. Delle persone che hanno lasciato traccia in quelle stanze. Tre anni fa, circa a quest'epoca, traslocammo per spostarci in un appartamento in grado di contenerci tutti. Eravamo terribilmente affezionati al luogo che lasciavamo perché, lì, erano successe un sacco di cose belle. Abitavamo sotto quel tetto quando nacquero il figlio medio e quello piccolo, da quelle finestre guardavamo passare il treno che ci metteva allegria. Lì, per la prima volta, tutti e cinque, ci siamo sentiti a casa. Ricordo l'ultima sera, prima di trasferirci. Me ne stavo, malinconica e malmostosa, sdraiata sul letto, a guardare il soffitto, prigioniera di una foresta di scatoloni, cercando invano di convincermi che la felicità non sarebbe rimasta impigliata tra le mura di quelle stanze, ma ci avrebbe seguito anche altrove. Perché sono gli abitanti a dare l'impronta e l'umore alle case e non viceversa. Tuttavia, nonostante i ripetuti richiami al buon senso e alla razionalità, restavo schiacciata da un senso di ineluttabile, straziante perdita. Poi, finalmente, l'indomani, guardando ipnotizzata la nostra vita che veniva calata giù dal balcone, su una piattaforma semovente, capii il perché di tanto struggimento. Mio padre, quella casa che stavamo svuotando e lasciando, la conosceva e l'aveva frequentata. Aveva cenato in quella sala da pranzo, sul divano aveva raccontato la storia dell'Orlando Furioso ai miei bambini, si era aggirato per la cucina infilando, curioso, il naso nelle pentole, era uscito sul balcone, a fumare una sigaretta, scrutando, sognante e assente, la ferrovia di fronte. Quel luogo conservava le tracce di chi non c'era più. Lasciarlo, era un po' abbandonare i ricordi che vi erano racchiusi. Con il tempo ho capito che i ricordi restano legati alle persone, ancor prima e ancor più che ai luoghi. Ho imparato che chi se ne va lascia pezzi di sé in coloro che lo hanno incrociato e gli hanno voluto bene. Ho preso coscienza che il collage delle orme, dei racconti e delle memorie è un tesoro inestimabile, capace di riempire vuoti, assenze e languori. Così, quando gli spazi del nostro nuovo appartamento sono diventati finalmente casa, ho deciso che quel luogo che mio padre non aveva avuto il tempo di conoscere, calpestare, incidere con la sua presenza, avrebbe accolto, almeno una volta all'anno, i suoi amici, affetti, colleghi, compagni di viaggio che avevo incontrato o solo sentito nominare ma che facevano parte del suo mondo. Sarebbero stati loro, in quel rito che immaginavo festoso e conviviale, a riempire i vuoti lasciati da lui e per lui, nella nostra casa. L'ultima volta è stata qualche settimana fa. Io avevo cucinato per un esercito e, allo specchio, mi vedevo stropicciatissima, mio marito portava una maglietta con la scritta «I' so d'Bari», al cospetto della quale mio padre avrebbe riso, scuotendo la testa sconsolato, i miei figli avevano deciso che l'occasione richiedeva la camicia («Ah però!», avrebbe commentato) ma si sono dimenticati le calze e le scarpe e hanno accolto gli ospiti a piedi nudi. E, intorno a un tavolo, a cui lui non si è mai seduto, ho ritrovato il suo sguardo sornione, la sua ironia lieve, la sua buffa galanteria, il suo stupore, la sua risata, la sua arguzia sottile, la sua curiosità, il suo incanto, il suo punto di vista, divertito e un po' sbilenco. In ognuno dei commensali c'era un pezzetto di mio padre, che ho catturato, con un apposito retino acchiappa ricordi. Perché i simili si somigliano e si scelgono, perché siamo vasi comunicanti e regaliamo un po' di noi per far spazio a chi amiamo, perché siamo il frutto delle reciproche contaminazioni, perché c'è chi, nel suo passaggio, lascia più tracce di altri e chi ha antenne speciali per riconoscerle. Ci sono tanti modi, alcuni formidabili, per non farsi risucchiare dal buco nero dell'assenza, per risalire la china e ritrovare la luce, per dare un senso all'insensato, per sorridere, nonostante tutto, per riempire ogni stanza di un'eco e sentirsi meno soli.

3 commenti:

  1. "Il tempo porta via quasi tutto, ma non i momenti vissuti, non le emozioni. Il tempo trattiene i ricordi... Quelli restano. (G. Stella)." Ci sono persone, pensieri e ricordi, che verranno sempre con te, ovunque tu vada ".(Anonimo)." I ricordi sono tesori che teniamo rinchiusi in profondità, nel deposito delle nostre anime, per mantenere caldi i nostri cuori quando siamo soli".(Becky Aligada). "Spesso sono le assenze a farci compagnia. Non si possono toccare né sentire, ma le portiamo dentro".(S.Lion)."Il ricordo è il tessuto dell'identità".(Nelson Mandela). "Il ricordo è un poco di eternità".(Antonio Porcia). "Il ricordo è un modo d'incontrarsi".(Kahlil Gibran).Grazie Aldo per la condivisione di questo straordinario post che rispecchia gli stati d'animo delle persone sensibili, ma tanto forti da essere capaci di mantenere in vita, rendendoli presenti, le persone e gli affetti del loro passato.

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  2. "Che cosa è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?".(Isabel Allende).

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  3. "Il dubbio non vince le convinzioni profonde, ma le arricchisce".(Nicolas Gomez Davila).

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