"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 3 dicembre 2020

Leggereperché. 51 «I bambini sono convinti di essere circondati da creature straordinarie».

Tratto da “Anche le montagne a volte si spezzano” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di dicembre dell’anno 2016: La mamma sa tutto. La maestra ha ragione. I papà non piangono. La nonna non dice parolacce. Lo zio ha un mucchio di fidanzate. Il nonno è fortissimo. I bambini sono convinti di essere circondati da creature straordinarie, portentosi X-Men ognuno con il suo super potere. I grandi, ai loro occhi, non vacillano, non dubitano e non si rompono. Possono, e devono, risolvere problemi, proteggere, sorridere, accogliere, conoscere il mondo, distinguere il bene, che va difeso, dal male, che va disintegrato. Sono una sublime sintesi di qualità umane, morali e fisiche. I bambini hanno bisogno di sicurezze per crescere sani e forti e l'ingrato, arduo compito di dispensarle spetta a noi adulti, con i nostri sì e i nostri no, con le nostre verità, con le nostre granitiche certezze e, soprattutto, con la quotidiana messa in scena della nostra presunta invulnerabilità. Quando ero piccola, mia mamma era per me un gigante sorridente e invincibile, anche se, a pensarci oggi, la sua vita di madre separata e lavoratrice lasciava di certo ampi margini di malinconia, solitudine e disorientamento, di cui ero all'oscuro. Ricordo che un giorno, mentre caricava la lavastoviglie in cucina, si mise a piangere. Avevo circa sette anni e avevamo appena perso il nonno, suo padre. Le ragioni per un cedimento erano molteplici, comprensibili e tutte valide. Eppure a me cadde il mondo addosso. Rimasi incredula e paralizzata al cospetto della mia personale montagna che franava. Durò un momento ma bastò ad aprire una voragine nella mia coscienza bambina e un solco imperituro nella mia memoria adulta. Sono cresciuta con il mito dell'inossidabilità dei miei genitori, tanto che trasalii e m'impressionai persino quando mio padre scoppiò in singhiozzi di commossa felicità alla nascita di mio figlio, il suo primo nipote. Ho cercato, con risultati alterni, di fare mio questo modello di ultra-genitore che risparmia ai figli la propria vulnerabilità. Per questo quando ho detto loro che il nonno se ne era andato, non ho versato una lacrima, per questo simulo buon umore anche quando sono esausta, per questo non li metto a parte delle mie paure, delle mie ansie e delle mie inquietudini. Eppure sempre più spesso mi chiedo se invece non sia più utile mostrare le proprie crepe prima possibile, in modo da sgombrare subito il campo da illusioni e malintesi. Mi domando se non sia meglio, e più facile, insegnare la nobile arte del brancolare tra luci e ombre, del capitombolare rovinosamente per poi alzarsi e proseguire acciaccati ma gloriosi. Non siamo eroi, non siamo X-Men e ogni tanto piangiamo un po'. Tanto vale dirglielo subito, no? «No, non ti aiuto a fare l'analisi del periodo. Ti ho mai detto che la odio? Tu invece scordati di dormire con me nel lettone stanotte. Non importa che papà sia via, lasciando libero il posto accanto a me. E tu che vuoi? Cioccolato? No! Se io non mangio cioccolato nessuno mangia cioccolato. L'ho deciso io che sono il capo, sono triste e ho avuto una giornata schifosa. Buonanotte». «Bene, mamma. Brava. Ora che ti sei sfogata, andiamo di là a fare l'analisi del periodo, stanotte dormirai con il piccolo e quel poveraccio del medio può avere un pezzo di cioccolata. Su, su, basta fare la pazza ché tanto non convinci nessuno». Il mio problema non è la presunta infallibilità ma la mancanza di credibilità. I miei figli non mi prendono sul serio quando gioco la carta della vittoria né quando gioco quella della devastazione. Tanto vale abbassare la guardia ed essere me stessa.

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