"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 28 novembre 2020

Leggereperché. 50 «Diventare grandi sta proprio nella consapevolezza che non lo saremo mai».

Tratto da “Diventare grandi è un mestiere che dura tutta la vita” di Claudia De Lillo – in arte Elasti - pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 28 di novembre dell’anno 2015: Ricordo un pomeriggio di tanto tempo fa. Non so con precisione quanti anni avessi, ma non erano molti. Ero a casa di mia nonna, nel suo salotto con il parquet scuro, su cui era vietato camminare scalzi («Attenta! Ti entrano le spine nei piedi!». Sarà stato vero? O era solo una delle tante invenzioni degli adulti per tenerci in scacco?). C'erano delle poltrone e un divano di velluto verde, con i piedi a forma di zampe di leone - inquietanti, a pensarci adesso, ma allora mi sembravano normali, quasi inevitabili -un grande tavolo di legno, quadrato, un grammofono e io che piangevo. In quel periodo, il pianto era un'attività che mi riusciva piuttosto bene e che, forse per questo, praticavo con assiduità. Piangevo perché mi mancava la mamma e lei, la nonna, contravvenendo alla sua natura eterea e al suo candore immacolato e algido, mi prese sulle ginocchia e mi strinse, perché la tenerezza è un infallibile passepartout, non solo con i bambini lacrimosi. D'un tratto, travolta dall'empatia del momento, mi sentii improvvida e fuori luogo. La mia mamma sarebbe rientrata a casa entro sera. Invece, la mamma della nonna no, non c'era e non sarebbe tornata. «Tu non soffri mai di "mal di mamma", nonna?». Lei sorrise, del suo sorriso timido, disarmante, da bambina. «Io sono grande. I grandi imparano a vincerlo, il mal di mamma». Da quel momento non vidi l'ora di diventare grande. Mio figlio minore ha quasi sei anni e va in prima elementare. A chi gli dice: «Sei grande ormai!», risponde malmostoso: «Io non voglio crescere. Voglio rimpicciolire. E tornare minuscolo, come quando sono nato». «Perché?». «Perché i minuscoli non vanno a scuola». Per lui l'obbligo scolastico è evidentemente una piaga ben più annosa del mal di mamma. Mio figlio maggiore ha 12 anni e ci guarda con sufficienza. Sembra convinto che per fare un uomo bastino due spalle improvvisamente larghe e una voce di colpo maschia. Crescere è conquistarsi spazi d'indipendenza, di autonomia, di manovra. Crescere è andare a scuola non accompagnati, uscire con gli amici, cucinarsi due uova strapazzate, guardare un telegiornale e porsi cento interrogativi, scoprire una passione e coltivarla, riconoscersi dentro i valori più che dentro uno specchio, trovare la strada per uscire dal tunnel, imparare a nuotare dentro e fuori dall'acqua. «Mamma! Annusa! Mi puzzano le ascelle finalmente! Evviva! Sono diventato grande», esulta mio figlio di mezzo. Ho tre figli, lavoro da vent'anni, ho la patente da una vita, ho perso mio padre e sono riuscita a smettere di piangere, so cucinare le uova strapazzate e non solo, anche a me puzzano le ascelle, se non uso sapone e deodorante. Non credo tuttavia di essere guarita dal mal di mamma. Se mia nonna fosse qui, le chiederei: «Allora? Posso dirmi grande?». Anagraficamente di certo. Soggettivamente? Dipende dai giorni. Da piccola pensavo che il passaggio all'età adulta fosse un momento preciso, netto, palpabile. Un rito di passaggio, una linea che segnasse un prima e un dopo. «Sarò grande quando avrò vinto il mal di mamma. Anzi, quando amerò sul serio, per la prima volta. No, quando andrò a vivere da sola, quando avrò uno stipendio degno di tale nome, quando sarò madre, quando non avrò paura di sbagliare, quando non mi sentirò più in colpa, quando saprò parlare in pubblico senza tremare, quando smetterò di sognare gli esami di maturità, quando non avrò soggezione di nessuno, quando…». Da quel giorno, sul divano verde della nonna, quella linea si è spostata sempre più in là, a ogni conquista, a ogni traguardo, senza trovare pace né fermarsi. Forse, diventare grandi sta proprio nella consapevolezza che non lo saremo mai, nel tendere a un obiettivo immaginario, nato nelle nostre teste bambine e cresciuto insieme a noi, luminoso e inarrivabile. Ci basti mantenere accesa la voglia di crescere, senza cedere mai alle lusinghe tentatrici del rimpicciolimento.

1 commento:

  1. "La crescita deve cominciare alla nascita e cessare solo alla morte". (Albert Einstein). "Gli alberi che sono lenti a crescere portano i frutti migliori".(Moliere). "Ho imparato... che tutti vogliono vivere in cima alla montagna, ma tutta la felicità e la crescita avvengono mentre la scali". (Andy Rooney). "La perfezione non esiste, puoi sempre fare meglio e puoi sempre crescere".(Les Brown). "La perfezione non è essere perfetti, ma tendere continuamente ad essa".(J.G.Fichte)."Quando si smette di crescere, si incomincia a morire". (William Burroughs). Carissimo Aldo, grazie di questo stupendo post che consolida in me la convinzione e il desiderio di riuscire sempre, fino alla fine,come afferma Elasti, a "mantenere accesa la voglia di crescere, senza cedere mai alle lusinghe tentatrici del rimpicciolimento". Buona continuazione e buona domenica. Agnese A.

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