"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 8 novembre 2020

Virusememorie. 46 «Il "libera tutti" autodecretato dall'Italia disobbediente per ignoranza e stupidità».

Ha scritto Michele Serra in “Antigone e Gassman” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 29 di ottobre 2020: Vale la pena, ogni tanto, tentare la sintesi. Si rischia la semplificazione ma si evita di menare il can per l'aia. E la sintesi potrebbe essere questa. Molti italiani, probabilmente la maggioranza, già all'inizio della pandemia hanno capito che era meglio rispettare le regole (dovere e convenienza a volte coincidono) e lo hanno fatto. Parecchi altri, probabilmente una minoranza, no. È soprattutto a causa di costoro che paghiamo tutti il prezzo, altissimo, della seconda ondata e della seconda imminente clausura. Le inadempienze di governo e Regioni incidono sicuramente, ma mai quanto il "libera tutti" autodecretato, a partire dall'estate, dall'Italia disobbediente per ignoranza e stupidità, magari anche per sfizio, non certo per audacia o sacrificio: non è Antigone il modello, è il Gassman del Sorpasso, che per sentire l'ebbrezza del vento in faccia ammazza gli altri, mica sé stesso. Si tratta di politici che devono il loro bottino di voti al culto del menefrego, masanielli da talk-show, filosofi maccheronici convinti che libertà sia sinonimo di affari miei, ordinari imbecilli e qualche cosciente mascalzone che conta di sopravvivere al macello (degli altri). Il ristoratore, il gestore di cinema, il barista, il commerciante che hanno rispettato le regole sanitarie ora cadono sotto la stessa mannaia che altri meriterebbero. Il nostro Paese, del resto, è sede abituale del ricatto e della sopraffazione che minoranze gaglioffe esercitano su maggioranze inermi, chiamate a pagare anche per loro conto. Le mafie sono il volto efferato del fenomeno, gli evasori fiscali quello ordinario, ora ci sono anche i no-mask a esigere (da noi) il loro pizzo. Tratto da “Combattiamo tra di noi, ma non contro il Covid” di Pino Corrias, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 29 di ottobre 2020: Doveva accadere. E dunque accade che invece di fare la guerra al virus, abbiamo cominciato a farcela tra noi. Da settimane stiamo tutti parlando, anzi strillando, come se il contagio non fosse molto semplicemente, molto umanamente, colpa nostra, ma dipendesse dal destino, dalla sfortuna, dalla politica, dal governo. Specialmente dal governo: “Era annunciatissima, prevedibilissima la seconda ondata!” scrivono i professionisti da divano, puntando il dito dell’accusa. Anche se i più svelti a farlo sono gli stessi, proprio gli stessi, che fino a quindici giorni fa dicevano il contrario. A cominciare dai giornali della destra cialtrona: “Basta con la dittatura sanitaria!”, “Siamo al Covid terrorismo!”, “Riaprite gli stadi!”, “Lasciateci lavorare”, “Libertà! Libertà!”. Che poi sono le frasi urlate nei cortei di queste notti, al netto dei sassi, dei saccheggi e delle molotov accese dai neofascisti e dagli ultras in crisi di astinenza da stadio. Dal pulpito di Confindustria oggi ascoltiamo la stessa musica: “Il governo si è fatto cogliere impreparato su scuola, trasporti, sanità, locali pubblici” si lamentano. Dimenticandosi di tutte le spallate date al governo in questi mesi dal presidente Carlo Bonomi “per accelerare la ripresa concentrando i soldi sulle imprese”, altro che trasporti e sanità. E i contro-appelli degli industriali a febbraio e marzo, specialmente nelle aree più industrializzate del Veneto, Lombardia, Piemonte, per non chiudere nulla, lavorare, lavorare, lavorare, fino a quando le strade dei capannoni hanno coinciso con quelle attraversate dai camion dell’esercito che trasportavano le bare. Tutti veloci, quanto lo sono i borseggiatori, a scaricare le proprie responsabilità e a illuminare quelle altrui per dichiarare, finalmente, guerra al bersaglio grosso. Come se non fossimo stati noi tutti piccoli cittadini – i nostri figli, i nostri parenti, i nostri amici, i nostri vicini di casa – a esserci infettati a vicenda, negli abbracci e nella dimenticanza, salendo in ascensore o scendendo in metropolitana, in ufficio o al bar. A cominciare da questa estate, davanti al mare, nelle piazze, ai mercati della festa, tutti con così tanta voglia che l’onda nera del contagio fosse passata per sempre da aver creduto che sarebbe bastato pensarlo per renderlo vero. Il virus è mutato, il virus si è indebolito, il virus va scomparendo: via le cautele, basta con le mascherine, con le restrizioni, lasciateci vivere: l’assedio era diventato un fantasma e finalmente il fantasma si stava dissolvendo. E invece stava proprio accadendo il contrario. E cioè che muovendoci tutti, muovevamo anche la pandemia, nostra compagna di viaggio dalla Lombardia alla Sardegna, da Venezia alla Versilia, dalle Dolomiti al Salento. Siamo tutti andati e tornati con il virus in valigia in un collettivo e spensierato free delivery che ci ha spinto nella trappola di oggi. Guardate le cento foto che avete (che abbiamo) archiviato a luglio, agosto, settembre nelle nostre memorie portatili. In ognuna c’è una cena, un compleanno, una festa all’ora dell’aperitivo, un tramonto sul lungomare. Moltiplicatele per gli spostamenti che avete (che abbiamo) fatto e troverete il danno che insieme abbiamo allestito. La rabbia che ha acceso gli scontri nelle nostre città è esattamente figlia di quella frustrazione per una colpa che non vogliamo ammettere, insieme con il baratro economico che di nuovo si spalanca. Viviamo nella bambagia dell’Occidente, insofferenti all’altruismo e ai sacrifici, persuasi che il danno, la malattia, addirittura la morte, siano eventualità remote. Interferenze da cancellare con tutte le procedure della modernità e le endorfine dei consumi. Meno che mai ci sfiora il sospetto che sia proprio la nostra vita a riprodurre e moltiplicare il Covid. Per questo andiamo costantemente a caccia di un colpevole. Per assolvere noi stessi e farci così tanta guerra tra noi, da dimenticarci del nostro nemico comune, il virus, che ci divide anziché unirci.

Nessun commento:

Posta un commento