A lato. "Sosta sull'erba" (2020), acquarello di Anna Fiore.
Tratto da “Vivere meglio è il solo modo per accettare la fine” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 22 di novembre dell’anno 2014: Scrive Jean Baudrillard: «Parlare di morte fa ridere di un riso forzato e osceno. Parlare di sesso non provoca più nemmeno questa reazione. Solo la morte resta pornografica».
Per chi si sta avviando
verso la fine dei suoi giorni, (…), «le parole sono più potenti di qualsiasi
medicina che la scienza possa offrire». Ma le conosciamo ancora queste parole?
Una volta sì, le conoscevamo, perché avevamo esperienza della morte. I figli
vedevano morire i padri e i padri non di rado vedevano morire i figli, nelle
guerre cadenzate per ogni generazione. Inoltre c'erano epidemie, pestilenze,
frequenti morti infantili e puerperali. Insomma, la morte era di casa e la
nostra psiche aveva le parole giuste da dire a chi se ne stava andando. Oggi
non è più così. Quando uno si ammala viene affidato a quegli istituti di cura
che sono gli ospedali, dove il linguaggio che si apprende è quello della
malattia, mentre le parole che si perdono sono quelle dell'amore, della
comprensione, dell'ascolto. Che tante volte vale di più delle parole,
soprattutto di quelle che tentano di confortare e che non sono credute né da
chi le dice né da chi le sente. Non conosciamo più le parole che l'imminenza
della morte suggerisce al cuore, senza mentire, ma accanto al letto di un
morente le diciamo lo stesso. La (…) esperienza (…) dice che «oggi si muore per
lo più da disperati». Le ragioni possono essere diverse. La prima è che ognuno,
vivendo, si innamora di sé, e congedarsi da sé stessi per sempre significa
perdere quell'amore per sé che, a prescindere dal narcisismo, è la ragione per
cui siamo riusciti a vivere e abbiamo costruito il nostro mondo a cui ora
dobbiamo dire addio. Ma la disperazione può anche riguardare il fatto che ciò
per cui ci siamo affannati nella vita, gli obiettivi che volevamo raggiungere e
che magari abbiamo anche raggiunto forse non erano così importanti come abbiamo
creduto o non valevano i sacrifici che hanno richiesto, perciò abbiamo
l'impressione di aver sbagliato tutto. Di fronte alla morte, infatti, la
gerarchia dei valori che hanno regolato la nostra vita subisce molto spesso un
capovolgimento. Forse nulla era così importante come credevamo che fosse quando
abbiamo intrapreso a perseguire i nostri ideali che forse erano solo abbagli, e
per loro abbiamo trascurato quei percorsi di dedizione, di affetto, di
comprensione, di amore che forse sono l'unica ragione per cui siamo nati. La
vita di oggi così affaccendata, così affrettata, così vissuta sempre di corsa,
non ci ha dato spazio per assaporarla, e come diceva Max Weber: «Mentre i
nostri vecchi morivano sazi della vita, noi moriamo stanchi della vita».
Stanchi e insoddisfatti semplicemente perché la vita non l'abbiamo vissuta
secondo le nostre aspirazioni, ma ci siamo messi sul primo binario che abbiamo
trovato che ci garantiva uno stipendio per sopravvivere. E su quel binario
siamo vissuti. E oggi dobbiamo persino ritenere fortunati quelli che hanno
trovato un binario. Se questo è il tasso di felicità che la nostra società
avanzata ci offre, cerchiamo altri modi di vivere per non disperarci troppo sul
letto di morte. Ma soprattutto anticipiamo l'evento della morte che comunque ci
attende, non per deprimerci, ma per avere la giusta misura e il giusto criterio
per distinguere, tra le offerte della vita, quelle che valgono e quelle per le
quali non val la pena di spendere un giorno.
"Il problema non è se i nostri desideri sono soddisfatti o meno. Il problema è come sappiamo quello che vogliamo".(Slavoj Zizek). "Che cosa non ci soddisfa quando lo abbiamo trovato, non era quello che stavamo cercando".(C.S.Lewis). "La cosa più soddisfacente nella vita è stata quella di poter dare una buona parte di sé agli altri".(Pierre Teilhard de Chardin). "L'avidità è un pozzo senza fondo che esaurisce le persone, nello sforzo incessante di soddisfare il bisogno,senza mai raggiungere la soddisfazione".(Erich Fromm). "Il problema non è il materialismo in quanto tale, ma piuttosto l'implicita convinzione che la piena soddisfazione possa derivare solo dalla gratificazione dei sensi".(Tenzin Gyatso). "La soddisfazione è trovare ciò che è al di là degli occhi, della mente. Senza tempo, senza causa o spazio". (Sivaya Subramuniyaswani). Grazie, Aldo, per i preziosi spunti di riflessione, che offre questo coinvolgente post e buona continuazione.
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