Per lei la pandemia è un problema sociale, non solo medico, in una "società di seconda classe" dove si scopre che "la morte non è democratica". Quali potrebbero essere le conseguenze politiche? "Sì, la pandemia è un test del sistema. Rivela problemi sociali rimasti finora nascosti. È un indicatore dello stato di ogni Paese. In Germania sono morte meno persone a causa del virus in confronto ad altri paesi europei e agli Stati Uniti, perché ha un sistema sanitario migliore. E i problemi sociali non sono così gravi come negli Stati Uniti dove i poveri e la popolazione di colore sono particolarmente colpiti dalla pandemia. Solo i ricchi possono permettersi il distanziamento sociale. Inizialmente anche in Germania il virus si è diffuso tra i lavoratori delle fabbriche di carne che lavorano in condizioni disumane e vivono ammassati in alloggi collettivi angusti. Non solo un corpo umano, ma anche un corpo sociale può resistere alle infezioni quando il sistema immunitario è intatto. L'Europa dovrebbe usare la pandemia come opportunità per rafforzare il sistema immunitario sociale e la co-immunità sociale. I politici devono garantire alla società lo sviluppo di un forte sistema immunitario. La pandemia rende quindi necessaria una politica immunologica".
La paura è la culla dell'autocrazia. E "uomini forti" come Viktor Orbán hanno già beneficiato del concetto di stato di emergenza come nuova normalità. Secondo lei, in che modo questo nostro utilizzare gli smartphone come rosari, ovvero la nostra assuefazione digitale, ci fa rendere meno consapevoli della minaccia alla nostra libertà? "La sola autocrazia non aiuta contro il virus. Il virus difatti dilaga anche in Ungheria e Russia. L'Europa deve essere molto vigile e garantire che la pandemia non metta a repentaglio il liberalismo. Per la Cina la riuscita della lotta contro la pandemia è la prova della superiorità del suo sistema totalitario. Il liberalismo occidentale è minacciato non solo dalla pandemia, ma anche dal totalitarismo digitale. Lo smartphone si sta affermando come oggetto devozionale del regime neoliberista. Gli oggetti devozionali stabilizzano il dominio abituale ancorandolo nel corpo. Cliccando sul pulsante "mi piace", ci sottomettiamo al contesto del dominio. Il like è un amen digitale. Lo smartphone è un confessionale mobile. Le informazioni che divulghiamo ci controllano e ci guidano. Il governo neoliberista non sopprime la libertà, fa uso della libertà stessa. Viviamo oggi in questo paradosso dell'autosfruttamento volontario che va di pari passo con la percezione della libertà. Il potere intelligente dello smartphone non spinge a fare o non fare le cose, ma ci rende assuefatti e dipendenti. Ci invita e ci incoraggia costantemente a raccontare le nostre vite. Il potere intelligente rende invisibile la sua intenzione di governare, apparendo molto amichevole. Il potere intelligente ci infetta con un virus digitale invisibile. Viviamo in una pandemia digitale, ma non ce ne rendiamo conto. Le corporation digitali stanno diffondendo questo virus insidioso e allo stesso tempo stanno indebolendo il nostro sistema immunitario al fine di renderci ancora più dipendenti e assuefatti, così da poterci controllare meglio. Quindi oggi non abbiamo a che fare solo con un virus, ma con due virus, che rappresentano una minaccia per il liberalismo. Il virus digitale minaccia la nostra libertà, trasformandola in controllo e guida".
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