Tratto da “Il
mondo salvato dagli animali” di Michele Serra pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” dell’11 di novembre 2020: I
capelli, le foglie, le piume degli uccelli sono un'unica cosa... la natura è un
unico sistema fatto di infinite e meticolose connessioni,
e il mondo ha un'unica anima fatta di tutto ciò di cui noi, come dice il nostro
nome, animali, siamo specchio". È questa l'anima mundi sulla quale in
molti (non tutti) abbiamo riflettuto sotto pandemia, e dentro clausura. È il
nostro essere intrinseci alla natura - siamo una specie tra altre specie, lo
siamo oggettivamente - e poi il nostro averlo dimenticato, rischiando di
perderci e di dannarci. In mezzo alla retorica (tanta) e allo spavento (tanto)
questa traccia è quanto di solido, di potente e di virtuoso l'anno del Covid
può lasciarci in eredità: a patto di saperlo capire e soprattutto di saperlo
dire. (…). …il peccato originale dell'uomo non è la
conoscenza, è la dimenticanza. È avere dimenticato di essere natura, non
altro, e di dipendere da quelle "meticolose connessioni", da quella
"unica anima", che è il motore della vita e della morte. (…).
All'aquila, al leone, alla balena, ai sovrani selvatici che sono i leader
dell'assemblea degli animali, il compito di dare un avvertimento agli uomini
sovvertitori dell'ordine naturale. Il virus, come tutti i suoi predecessori
pestilenziali, sarà il regolatore della nostra specie. Poi arrivano la morte e
il dolore, che accomunano bestie e umani. E al cane e al gatto, in
"religiosa" simbiosi con la bestia uomo, (…) il compito di soccorrerci,
fino a che una nuova fusione, e immaginifiche metamorfosi, daranno vita a una
nuova assemblea dei viventi. Per un finale che non va svelato, ma si fonda,
comunque, sulla comunione delle specie viventi. (…). …"già sapevamo",
volendo, quello che bisognava sapere. Che a questo serve la cultura (altra
grande tradita dalla specie umana, insieme alla natura...). Che tutto era
scritto, che i miti, i poemi, la tradizione sacra e quella profana grondano di
una sola interminabile preghiera, quella che l'uomo rivolge al cielo stellato,
al mare in tempesta, alla magnificenza della natura, alla potenza simbolica
delle bestie senza le quali noi saremmo analfabeti, ovvero sprovvisti dei segni
che servono a leggere l'universo. Ecco, gli animali sono, (…), l'alfabeto. Sono
le singole lettere, specie per specie, che permette (permetterebbe) all'uomo di
parlare nuovamente il linguaggio della natura. Il più savio, enorme e
misterioso, la balena, offre all'umanità il passaggio di salvezza: la specie
umana non dovrà perire, ma imparare da una lunga pena. "Quelli che servono
idoli falsi e abbandonano l'amore della natura siano gettati nell'abisso, nel
cuore del mare, le correnti li circondino, le onde passino sopra di loro,
l'alga si avvinghi al loro capo. La terra spranghi i suoi cancelli per sempre
dietro a loro, dal profondo degli inferi gridino. Ma se con voce struggente
canteranno, e impareranno dalla sventura, e adempiranno il voto fatto alla
natura, che si salvino e siano rigettati sulla terra". È il discorso della
balena, è una delle (tante) pagine potenti del racconto (Filelfo, “L’assemblea degli animali”, Einaudi Editore,
pagg. 184, euro 15 n.d.r.), forse troppe - finalmente mi concedo il
lusso di una critica - rispetto al bisogno di tregua che ogni tanto il lettore
avverte. Pochi alleggerimenti comici (il politicantismo del re dei topi,
l'entusiasmo incontrollato del cane) non impediscono agli animali il trionfo
"morale" che l'autore assegna al loro stesso esistere. "Ora
l'epidemia, la morte, lo svuotarsi del mondo che li circondava (gli uomini, ndr)
avevano fatto risorgere la memoria dell'arca che era in loro e li avevano
ricongiunti alla grande anima in cui ogni animale è immerso... Quelli che dalla
sventura avevano imparato, come voleva la balena, a cantare con voce struggente
la gioia del lignaggio animale ritrovato". Quanti di noi hanno davvero
imparato? Secondo Filelfo, ne basterebbero pochi per salvare il mondo e insieme
a esso l'uomo: sono la stessa cosa.
"Una delle prime condizioni di felicità è che il legame tra l'uomo e la natura non si rompa".(Lev Tolstoj).Ogni volta che gli esseri umani riscoprivano di essere parte della natura, sapevano che una speranza c'era ancora ".(Antonio Manzini)." Alla natura si comanda solo ubbidendole".(Francis Bacon). "Ogni particolare in natura, una foglia, una goccia, un cristallo, un momento del tempo è legato al tutto e partecipa della perfezione del tutto".(Ralph Waldo Emerson). "L'uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge la Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando".(Hubert Reeves).
RispondiEliminaQuesto meraviglioso post è molto vicino al mio sentire, anche se concorda molto più con la Cultura Orientale che con quella Occidentale. Grazie e buona continuazione.