Tratto da “Che
rivoluzione, se ricominciamo a dire noi” di Umberto Galimberti, pubblicato
sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 19 di novembre dell’anno
2016: Dagli eccessi dell'individualismo rinasce il bisogno di relazioni, e
tutti i luoghi dove esprimerlo sono preziosi. Sono solo piccoli segnali. Ma se
si fanno sempre più numerosi, come lasciano intendere le lettere che ricevo, allora
possiamo dire che, dopo tanto esasperato individualismo, sta rinascendo un
bisogno di relazioni e quindi di comunità. La storia umana, in tutte le sue
forme anche le più primitive, non ha mai preso le mosse dall'individuo, ma
sempre dal gruppo di appartenenza. Pierre Clastres, antropologo francese che ha
studiato da vicino le società amazzoniche, racconta in La società contro lo
Stato (Feltrinelli) che chi, per qualche grave colpa commessa, veniva espulso
dalla comunità tribale, nel giro di 48 ore moriva, non per qualche accidente,
ma per un dissesto mentale dovuto alla perdita della sua identità, che aveva le
radici nel gruppo. Anche gli antichi Greci anteponevano la comunità
all'individuo. Aristotele, per esempio, scrive: «La comunità esiste per natura
ed è anteriore a ciascun individuo che, da solo, non è autosufficiente.
Pertanto chi non è in grado di entrare nella comunità, o per la sua
autosufficienza non ne sente il bisogno, non è parte della comunità e di conseguenza:
o è bestia, o è dio» (Politica,1253a). Fu il cristianesimo a introdurre il
concetto di individuo, che ha il suo fondamento nell'interiorità dell'anima,
sede della soggettività e della relazione con Dio, con la verità e con la
salvezza. Dice chiaramente Sant'Agostino: «Nell'interiorità dell'uomo abita la
verità». Il suo destino ultimo non è in questo mondo, per cui: «Chi ama il
mondo non conosce Dio». Nasce così la scissione tra individuo e società, che
sarà per secoli il tratto caratteristico del cristianesimo: all'individuo il
compito di conseguire la propria salvezza ultraterrena, alla società e a chi la
governa quello di ridurre gli ostacoli che si frappongono a tale obiettivo. È
la separazione che consente a Rousseau di dire: «Il cristiano non è un buon
cittadino. Può esserlo di fatto ma non di principio, perché l'essenziale per
lui è andare in paradiso». Dopo di che, le cose sono andate diversamente, anche
perché il fondamento del cristianesimo non è tanto nella rivendicazione
dell'esistenza dell'anima (concetto estraneo alla tradizione
giudaico-cristiana), quanto nel riconoscere nel prossimo il volto di Dio. Si
deve infatti alla Chiesa la nascita degli ospedali per l'assistenza, delle
scuole per l'istruzione, degli oratori per l'educazione, la ricreazione, la
socializzazione dei ragazzi. E ora delle mense per l'assistenza a poveri e
migranti. L'individualismo oggi trova invece espressione
soprattutto nella borghesia laica. Il collasso di tutti i luoghi di
aggregazione riduce le occasioni di socializzazione dei giovani, in quella
stagione della vita in cui hanno un gran bisogno di farne esperienza, che non
sia solo quella dell'incontro al bar dove si beve, in discoteca dove ci si
stordisce o della solitudine davanti un computer, persi in un social network.
Perché solo se da piccoli e da adolescenti si socializza, si impara a trattare
i propri simili come persone e non come mezzi, o come estranei accanto ai quali
si passa come vicino ai muri. Del resto il due (qui inteso come l'uno e
l'altro) viene prima dell'uno. Nasciamo come individui quando ci separiamo dal
corpo di nostra madre, che per nove mesi esprimeva due soggettività. Crescendo,
acquistiamo un'identità che non è una dote di natura, ma un puro dono, perché
ci viene dal riconoscimento o dal misconoscimento da parte degli altri, da cui
dipende l'immagine positiva o negativa che ciascuno costruisce di sé. Anche da
questo si deduce che la società viene prima dell'individuo e lo fonda, perciò i
luoghi che concorrono a favorirla, dall'oratorio al condominio, siano i
benaccolti.
"I tempi folli in cui viviamo, purtroppo hanno esaltato l'orgia del consumismo, dell'arrivismo e dell'individualismo e sembrano aver spinto l'amore lontano, altrove. Non c'è più solidarietà, semmai difesa dei propri privilegi. La civiltà capitalistica ci ha indotto a pensare esclusivamente "ai fatti nostri":l'altro non è più né fratello, né amico e neppure prossimo, simile a me, piuttosto è un estraneo da evitare e, possibilmente, da schiacciare e sfruttare".(Don Andrea Gallo). "La persona che prova a vivere da sola non avrà successo come essere umano. Il suo cuore si inaridisce, se non risponde ad un altro cuore. La sua mente si restringe, se ascolta solo l'eco dei propri pensieri e non trova altra ispirazione".(Pearl S. Buck). "L'individualismo sfrenato è la legge dell'animale della giungla".(Mahatma Gandhi).Grazie di cuore anche per questo post da conservare tra quelli preziosi, quelli che non mi stancherò mai di rileggere... Buona giornata e buona continuazione.
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