"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 17 novembre 2020

Leggereperché. 47 «Junichiro Kawasaki: "Mi sento un sasso lanciato in un lago. Intorno a me, il passato e futuro appaiono cerchi sempre più larghi, ma affondo"».

 

A lato. "Luna crescente" (2020), acquarello di Anna Fiore.

Tratto da “Visti da lontano” di Giacomo Papi, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 17 di novembre dell’anno 2012:

La mamma è una bella donna sui 45 anni. La figlia ne ha dieci o giù di lì. Al ristirante – il tavolo è accanto al mio – non parlano mai. La donna è molto curata, e la sua cura tracima sulla bambina. Poi l’iphone posato sul tavolo fa beep. È un sms. La donna lo prende e lo avvicina agli occhi, ma poi lo allontana, lo allontana di più, il braccio proteso oltre il suo tavolo fin quasi a toccare il mio. Alla fine ritrae la mano e porge il telefonino alla figlia: «Leggi tu, Anna, per favore, che non ci vedo più niente!». Anna prende il telefonino e scoppia a ridere. Si tiene la pancia. Non riesce proprio a frenarsi. «È del papà», sghignazza. «Dice: “Torno stasera, baby, preparati, bella topolona». Per educazione faccio finta di niente, ma è un problema che conosco. Potrei aiutarla: le basterebbe aprire Impostazioni/Generali/Accessibilità e impostare Testo grande. Il mio, ormai, è a 40 pt. La scena mi lascia dentro una sensazione di già visto, ma non so quando, e mi smuove un ricordo, ma non so quale. So soltanto che risale a molto tempo fa. L’illuminazione arriva giorni dopo, passando per caso in piazza Cadorna, sotto l’ago e il filo di Gae Aulenti impacchettati per il restauro. Quando da bambino le donne di famiglia mi facevano infilare il filo nella cruna dell'ago non lo facevano per farmi partecipare, ma perché erano diventate presbiti. Non ci vedevano più. Proprio come oggi capita a me, alla mamma del ristorante e ad altri milioni, faticavano a mettere a fuoco le cose vicine. I gesti quotidiani sono cambiati, gli sms hanno sostituito il cucito e il ricamo, ma il tempo ci scorre sugli occhi alla stessa maniera. Nel 1965 in Italia si registrò il massimo di natalità della storia. Quarantasette anni dopo, oggi, si registra la massima presbiopia. Tutti i neonati di allora si sono accorti di non riuscire più a leggere il giornale, hanno ingrandito le font sul computer, ma alla fine si sono arresi agli occhiali, che un tempo si vendevano solo dall'ottico e oggi si trovano ovunque. Hanno dovuto abituarsi a nuovi gesti e alla loro nuova faccia occhialuta. Una ricerca francese degli anni Novanta distingueva quattro categorie di nuovi presbiti: "l'Occhio pragmatico" (yeux pragmatique) è quello di chi si preoccupa che la correzione sia efficace; chi ha "l'Occhio medicale", invece, vive la presbiopia come una malattia da curare; "l'Occhio elegante" trasforma il difetto in un'ulteriore occasione di consumo di oggetti di marca; "l'Occhio curioso" rimanda per non apparire vecchio, ma finisce sempre per comprare, qualche anno dopo i coetanei, occhiali vistosi e costosi. È strano che non si verifichino, o almeno che non siano state classificate, reazioni più intense. La presbiopia non è soltanto una condizione fisica. Investe l'età e la visione, il tempo e lo spazio. È una invisibile metamorfosi del mondo visibile, situata sul confine tra percezione di sé e apparizione del mondo. Vedersi allo specchio ogni mattina da più lontano - oppure per dettagli ingigantiti e spaventosi, come capita con gli occhiali o gli specchi ingrandenti - significa rinunciare a stare in primo piano. In una società presbite, forse, accade qualcosa. Si rischia di perdere un po' di vista il presente vicino e annebbiato, per trovare conforto in ricordi e progetti. Si rischia di dimenticare la capacità dei bambini di succhiare gioia dal presente. Come scrisse Junichiro Kawasaki, il giorno del suo cinquantesimo compleanno: "Mi sento un sasso lanciato in un lago. Intorno a me, il passato e futuro appaiono cerchi sempre più larghi, ma affondo".

1 commento:

  1. "Ciò che l'occhio ha visto, il cuore non dimentica".(Proverbio Africano). "Nel solco della lontananza si seminano i ricordi".(Paquita). "Anche la vista col tempo migliora.Da giovani vediamo bene, da vecchi guardiamo lontano".(Mirko Badiale). "Come molti viaggiatori, ho visto più di quanto ricordi e ricordo più di quanto ho visto".(Benjamin Disraeli). "Solo gli occhi lavati dalle lacrime possono vedere chiaramente".(Louis L. Mann). Carissimo Aldo, la ricchezza di significati sottesi rende questo post particolarmente affascinante e prezioso. Grazie e buona giornata. Agnese A.

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