Netanyhau ha spiegato che chi lo critica per lo sterminio di migliaia di civili a Gaza è antisemita. Non fa un plissè: come dire che processare il cannibale di Milwaukee fu scortesemente diffamatorio nei confronti degli abitanti dello Stato del Wisconsin. E poi diciamolo: affamare la popolazione palestinese non fa di Netanyhau un criminale di guerra. Al massimo un dietologo un po' severo, di quelli che "se bello vuoi apparire un po' devi soffrire". così come assetare gli sfollati pare brutto ma in realtà non lo è, visto che notoriamente "troppa acqua fa male". Ma adesso per Israele si è aperto anche il fronte iraniano, nonostante il ministro Tajani, autorevole e persuasivo com'è, abbia fermamente chiesto a entrambe le parti in causa di darsi il mignolo e dire "mannaggia al diavoletto che ci ha fatto litigare": un intervento così decisionista e coraggioso da essere diventato sul social un meme più virale del Bombardino crocodilo. Provateci voi, se siete così bravi. Sì, in questo periodo il mondo se la passa male, ma per nostra fortuna in Italia siamo in ottime mani. (Tratto da “Più virale di Bombardino Crocodilo” di Dario Vergassola, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” di oggi, 27 di giugno 2025).
«Il poker di sangue di Bibi, “dono di dio” che si nutre di guerre», testo di Pino Corrias pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, giovedì 26 di giugno 2025: Al netto dei 60 mila cadaveri accatastati sulle macerie di Gaza e dell’intero Medio Oriente, l’immagine più oscena di queste ore è quella di Benjamin Netanyahu che prega davanti al Muro del Pianto, nella Città vecchia di Gerusalemme, per “la buona salute” del suo vecchio amico Donald Trump, mentre i loro missili, i jet, le bombe, eseguono gli assalti da Khan Younis a Teheran, dal Golan a Damasco, dallo Yemen all’Iraq. Tutto il rosso del sangue che si porta addosso, tutto l’odore di morte che lo circonda, Netanyahu ha provato a infilarlo dentro l’azzurro-cielo della kippah che indossava in quella oltraggiosa messa in scena nella quale incoronava il massacro di Gaza e l’aggressione a Teheran con l’eterno inganno che nutre di furore ogni religione maneggiata per la conquista del potere. E a ben vedere, tutta la sua storia sta in quella passeggiata insieme crudele e grottesca che ha voluto offrire al mondo insieme con la nuova guerra contro la teocrazia sciita, sempre la penultima da combattere, prima della prossima. Lo ha fatto camminando in quello spazio simbolico per celebrare il trionfo del suo potere assoluto di re della guerra perpetua e del perpetuo sterminio. Usando gli abissi di Gaza e della Cisgiordania per replicare, sui palestinesi, la tragedia della cancellazione del popolo ebraico, riproducendola a specchio nei 360 chilometri quadrati della Striscia, che l’Occidente guarda e tollera in forza del suo superiore cinismo, proprio come accadde ottant’anni fa quando solo a guerra vinta, oltrepassò il filo spinato di Auschwitz per inaugurare un po’ di commozione. E insieme prepararsi a scaricare l’Olocausto, fabbricato dall’Europa dei nazionalismi, sulle spalle dei lontanissimi palestinesi. Tragica e trionfante è la storia di Benjamin Netanyahu, detto Bibi, nato nell’anno 1949, padrone di Israele e insieme nemico di Israele. Eroe ai suoi occhi fu il padre Benzion, polacco, professore di Storia, militante sionista radicale, emigrato a Gerusalemme negli anni 20, dove cambiò il proprio cognome da Milejkowski, “uomo del mulino”, in Netanyahu, “dono di Dio”, e che per insegnare emigrò di nuovo negli Usa, dove coltivò i suoi studi sull’antisemitismo, al quale era possibile opporsi solo creando uno Stato più armato e più forte dei suoi nemici da battere e terrorizzare nella battaglia, prima di trattare. Insegnamento che trasmise all’altro eroe di Bibi, il fratello maggiore Yonathan, arruolato nei reparti speciali dell’esercito, ucciso durante il blitz per la liberazione degli ostaggi israeliani a Entebbe, anno 1976. Anche lui icona venerata dal fratello minore che a 18 anni, si arruola nell’esercito, partecipa alla Guerra del Kippur, anno 1973, guidando incursioni in Egitto e in Siria. Dopo il congedo, aderisce al partito di destra del Likud, fondato da Menachem Begin, il futuro premier, che inizia la carriera politica guidando l’Irgun, l’organizzazione terroristica che nel 1946 fece esplodere il King David Hotel, sede del quartiere generale britannico, 90 vittime. E due anni dopo guidò il massacro di Deyr Yassin, villaggio palestinese a ridosso di Gerusalemme, dove l’Irgun e la Banda Stern entrarono e uccisero 250 tra uomini inermi, donne e bambini, presi casa per casa, radunati nelle strade, spogliati, seviziati, macellati, bruciati, proprio come un 7 ottobre capovolto, che segnò l’inizio della Nakba, l’esodo di 700 mila palestinesi dalle loro terre. Bibi viene da quel sangue, da quella determinazione per lo Stato forte che ha gonfiato la marcia elettorale del Likud fino alla storica vittoria del 1977, dopo 28 anni di predominio laburista, con Begin che da premier apre all’Egitto di Anwar Sadat, invitandolo addirittura a Gerusalemme per la riconciliazione. E che, dopo il Nobel per la Pace (condiviso con Begin) costerà la vita al leader egiziano, ucciso da un estremista islamico, anno 1981. Finito il servizio militare, Bibi torna negli Usa, si laurea in Business Administration al Mit di Boston e conclude un dottorato in Scienze politiche a Harvard. Il suo primo incarico di rilievo è rappresentante permanente di Israele all’Onu, dal 1984 al 1988, anni in cui conosce e frequenta Donald Trump, la sua scia di controversi affari immobiliari, ma specialmente di stelline da jet set e scandali in formato tabloid. I quali diventeranno anche una costante della vita privata, tre mogli in una trentina d’anni, divorzi dirompenti, accuse di tradimenti, scandali, amanti, ricatti sessuali.
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