Ha scritto Michele Serra nella Sua rubrica di oggi domenica 2 di gennaio 2021 – “In difesa dell’anno scorso” – pubblicata sul quotidiano “la Repubblica”: Il 2020, bisesto e funesto, se ne è andato in mezzo a un tale coro mondiale di improperi, maledizioni e gesti dell'ombrello (compresi i miei), che forse vale la pena spendere due righe per salutarlo meglio. È stato un anno duro, ma rispettabile. Implacabile, ma onesto. Ci ha fatto memoria della nostra vulnerabilità, specie noi occidentali meno avvezzi, rispetto ad altri popoli, a sentirci in pericolo. Ci ha scaricato davanti alla porta di casa, in disordine, molte delle nostre omissioni: nei confronti della salute pubblica, dell'ambiente, della scienza, della scuola. Ci ha costretti a valutare seriamente il nesso tra il nostro respiro e l'aria di cui si nutre, specie sotto il cielo stantio del Nord, discarica permanente di un benessere che ci presenta i suoi costi. A capire che l'utilità degli ospedali si misura in letti, non in clientele. Che la medicina di base, quella di territorio, di quartiere, di famiglia, è la fanteria che fa vincere le guerre, e deve essere difesa e valorizzata tanto quanto le famose eccellenze di cui ci riempiamo la bocca: è la norma, che rende forti, non l'eccezione. Ci ha fatto riscoprire che senza lo Stato, e senza quel multiStato che è l'Europa, si è abbandonati al proprio destino, più soli, più deboli: il 2020 è stato l'anno che, sotto emergenza, ha ribaltato il tavolo nella dialettica pubblico/privato, che da troppo tempo pendeva dalla parte del solo privato. Infine ci ha consegnato, nei suoi ultimi giorni, l'antidoto contro la malattia, ovvero la pala per seppellirlo. Ma seppellirlo e dimenticarlo sarebbe davvero uno sperpero, dopo tutto quello che abbiamo passato. Il 2020 è un morto da ricordare. Penso si faccia un torto enorme (tanto non importa a nessuno) all’anno 2020 quando lo si voglia catalogare come “annus horribilis”. Potesse esprimere il suo parere ci porrebbe l’inevitabile sua domanda: “Ma perché, gli anni passati sono stati migliori di me?”. Gli sfracelli che hanno imperversato negli anni passati in altri angoli di questo pianeta chiamato Terra perché non ci han portati a definire quei suoi “confratelli” come “annus horribilis” al pari di quest’ultimo che ci ha appena lasciati? È quella miopia da tenutari arroganti del pianeta Terra che imperversa e che detta quelle regole che ci condurranno a ben altri sfracelli futuri. Dove sono finiti tutti quei proponimenti di non tornare ad essere e a vivere come nel prima della pandemia, d’essere diversi? È bastato lo sbracamento dell’estate per far comprendere che il primate “uomo” padrone si sente e padrone vuole restare dell’aria, dell’acqua e di tutto ciò che concorre a fare “sistema” sul pianeta. Scrive la virologa dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Milano Maria Rita Gismondo – “Il tempo non esiste. I vaccini sì” - su “il Fatto Quotidiano” sempre del 2 di gennaio: Eccoci nel 2021. Viviamo l’illusione che il 31 dicembre sia davvero una porta che si chiude verso un passato che, solitamente, non ci ha soddisfatto a pieno. Eppure in realtà, il primo giorno dell’anno non è diverso dal precedente. Felicità o tristezze non ci abbandoneranno, ignari del “passaggio” che ci ostiniamo a festeggiare in una sorta di illusione collettiva.
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