Tratto
da “Noi che siamo sospesi” di Marco
Damilano, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 15 di agosto dell’anno 2020:
Negli
ultimi due anni abbiamo avuto prima l’estate 2018 dell’Italia cattiva,
razzista, senza limiti, come se il sovranismo che aveva preso il potere a Roma
con il governo gialloverde fosse stato vissuto da un pezzo di società come un
via libera, un lasciapassare, un liberi tutti per comportamenti censurabili che
potevano uscire allo scoperto. E poi l’estate 2019, quella dei pieni poteri
invocati su una spiaggia da Matteo Salvini e della sua caduta rovinosa. Due
anni vissuti dall’Italia in copia conforme con quanto stava succedendo nel
mondo e in Occidente, dopo il 2016 della Brexit e dell’elezione di Donald
Trump, ampiamente annunciata da sommovimenti di lungo corso, sociali,
culturali, mediatici. Il trumpismo era stato anticipato da fenomeni come quelli
raccontati da The Loudest Voice, la serie tv uscita un anno fa in America e poi
in Italia, che racconta la nascita di Fox News e la storia del suo inventore Roger Alies, travolto da una catena di scandali
sessuali, morto nel 2017 dopo aver condizionato per due decenni la politica
americana, e non solo quella americana, con il suo modo di fare informazione. Notizie
false, avversari politici gettati nel fango, scorrettezza politica. «Diamo al
pubblico ciò che vuole, anche se non sa ancora di volerlo», dice Alies. E
ancora: «Noi non seguiamo le notizie, le fabbrichiamo. Le persone non sanno più
a cosa credere. Se dici loro cosa devono pensare le perdi, se dici loro cosa
devono provare le conquisti». Cosa pensare, cosa provare. Tutto questo è
sembrato interrompersi con la pandemia. Si è inceppata la macchina militare
comunicativa imposta dalla destra mondiale e subita dalla sinistra evanescente,
quella che in Italia lottizza i direttori dei tg Rai ma non sa fare cultura,
non sa parlare al Paese, preferisce occupare i minuti dei pastoni dei
telegiornali della sera piuttosto che qualche angolo dell’immaginario. Non è
stata una reazione di segno opposto a impantanare i sovranisti nelle loro
contraddizioni, ma la realtà incontrollabile di un virus che ha sbugiardato
molti luoghi comuni dei custodi della limpieza de sangre nazionale, la purezza
dei popoli, rispetto agli invasori esterni: gli stranieri, i migranti,
l’Europa, l’Onu, Soros... Il covid circola in noi, è dentro e non fuori, per
combatterlo non serve recintare i confini, occorre responsabilità, rispetto di
sé e degli altri, conoscenza, parole insopportabilmente retoriche e uscite
dalla circolazione. Ha richiesto il recupero di un altro senso della sicurezza,
la prevenzione e la cura, la salute pubblica. È qui la sostanza di una
possibile sconfitta del sovranismo internazionale, prima culturale e psicologica
che politica. È questo che oggi fa tremare il mondo di fronte a un Trump in
ipotesi perdente alle elezioni di novembre e deciso a ricorrere all’arma più
scontata che si usa in questi casi: il rialzo della tensione internazionale,
che può arrivare a scatenarsi nel Mediterraneo. L’esplosione di Beirut ha
polverizzato il porto ma soprattutto ha fatto saltare in aria la fragile
costruzione politica su cui si reggeva il Libano. La Libia è una nazione senza
Stato, almeno dal 2011 è preda degli interessi dei più forti, oggi Turchia e
Egitto. E intorno alla piccola isola di Kastellorizo-Megisti, Castelrosso, dove
Gabriele Salvatores ambientò il suo film vincitore dell’Oscar, di
amministrazione greca ma distante pochi chilometri dalle coste turche, si confrontano
pericolosamente la Turchia e la Grecia, due paesi della Nato, sulle
esplorazioni di fonti energetiche nell’Egeo. Sono i venti di guerra, di varia
intensità, che soffiano nel Mare Nostrum, attorno all’Italia ferragostana. L’attesa
è tutta per il Recovery Fund: come saranno spesi i miliardi in arrivo. Il
dibattito che si è aperto sulla detassazione delle imprese nel Sud, tra gli
esperti e all’interno del Pd che esprime il ministro dell’Economia e del
Mezzogiorno ma anche un bel pezzo di classe dirigente del Nord, è solo un
anticipo. Il divario tra le due Italie, in questi mesi, è aumentato, come si
legge nel rapporto Svimez: più disoccupati e crescita dimezzata nel 2021. Ma la
politica è scelta, non accademia. E l’idea che si possano separare le scosse sismiche
che infrangono la struttura economica di un Paese dallo stato psicologico dei
suoi cittadini è una pura illusione. La parola di questa estate 2020 per la
maggior parte degli italiani è: sospensione. È la compagna di viaggio per chi
ha deciso comunque di spostarsi da casa. La sospensione per le strade del Sud,
con le loro curve, i loro smottamenti e le loro crepe, l’immagine dell’Italia
da riparare, da rammendare, e per le strade del Nord che invece continua a
costruire, lavorare, produrre, nonostante il lockdown e la crisi. La
sospensione nei discorsi tra familiari e amici: l’incognita della ripresa, un
approccio rarefatto alle vacanze e al divertimento, nonostante i tanti
reportage moralistici sulla movida, parola inesistente se non sui media, dei giovani
che fa aumentare il contagio. Sospeso il ferragosto che non c’è, stretto tra i
mesi dell’isolamento con tutti gli enormi costi psicologici che non calcolano
gli istituti di statistica e di cui non si occupa nessuno e i mesi che
verranno, con la paura della seconda ondata. Sospesa la scuola, chiusa dal 3
marzo, un’eternità, e senza nessuna vera certezza che con la riapertura di
settembre tutto andrà bene. Sospesa la vita delle istituzioni. In questa estate
2020 hanno ricevuto un gravissimo colpo la magistratura, ingiustamente
trascinata tutta sul banco degli imputati dall’ex presidente dell’associazione
delle toghe Luca Palamara, e i carabinieri, con la vicenda letteralmente oscena
della caserma Levante di Piacenza. (…). …la vera questione di cui si dovrebbe
dibattere a proposito di numero dei parlamentari. La qualità della
rappresentanza, ovvero chi rappresentano oggi i deputati e i senatori della
Repubblica. La risposta è amara: questo Parlamento eletto nel 2018 è il più
giovane e il più femminile della storia, con il più alto numero di neo-eletti,
ma non cambia il metodo di elezione. La scelta avviene per mano dei
capi-partito, in forma diretta o sotto le sembianze della piattaforma Rousseau,
e dunque non si cancellano i vizi. L’auto-referenzialità, il non dover rendere
conto di niente a nessuno, anche il rendiconto dei 5 Stelle è infatti sparito,
il durare per durare e altri veleni letali per la democrazia. L’opposto di
quanto fanno altre figure della politica: i sindaci, gli assessori, i
consiglieri comunali, mai così in trincea come nell’anno del covid. Ecco un
altro divario che si sta allargando. Tra chi fa politica sul territorio e chi
la fa a livello nazionale, come un albero senza radici. Il Parlamento va difeso
come istituzione anche dagli inquilini che lo occupano pro tempore. È la regola
numero uno, (…). Questo non significa che non si possa toccare nulla,
ovviamente: (…). È la sospensione lo stato della politica italiana, quello in
cui i politici italiani si sentono più a loro agio. La transizione infinita del
passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica è arrivata al nulla, alla fine
non si capiva dove fosse cominciata e dove dovesse approdare. (…).
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