Ha scritto Michele Serra in “L’unico teatro ancora aperto” pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” del venerdì 15 di gennaio 2021: Il famoso “teatrino della
politica” è il solo teatro rimasto sempre aperto sotto pandemia, e dunque
dovremmo portargli maggiore rispetto. In mancanza di Pirandello, Shakespeare e
Brecht, anche Mastella può avere il suo pubblico, e la ricerca dei misteriosi
Costruttori, nascosti dietro le tende del Palazzo, non è una trama
disprezzabile, considerati i tempi grami. Noi spettatori ben distanziati, però
partecipi, abbiamo appena assistito, con il fiato sospeso, al colpo di scena di
un comprimario, il Renzi di Rignano, che ha sequestrato il copione e
conquistato, tra gli “oooh” di meraviglia del pubblico, addirittura il
proscenio. I riflettori lo inquadrano mentre avanza verso il pubblico, come
Carmelo Bene nell’Amleto. La trama non lo prevedeva. Fu molto applaudito, attor
giovane di grandi speranze, ma ripetute liti con la compagnia al completo gli
costarono la carriera. Voleva insegnare al capocomico come si recita, al
commediografo come si scrive, alla primadonna come si sviene, al tecnico delle
luci quanti led ci vogliono per ogni singola scena. Fu mandato affanculo quasi
da tutti (come si legge, e ce ne dissociamo, in un copione apocrifo, forse
Ruzante, forse Bersani) ma non si perse d’animo. Covò per mesi la sua vendetta.
Finse di accontentarsi di un’intervista al mese; di mezzo microfono in
comproprietà con Calenda; ma progettava, nell’ombra, il clamoroso ritorno, in
un tripudio di telecamere. Lo ha fatto! Lo ha fatto!, grida il loggione a
perdifiato. Qualcuno lancia pomodori, qualcuno un gatto morto come in Roma di
Fellini: ma l’effetto è assicurato. Questo è teatro, altro che teatrino. Quel
“teatrino”
perenne ed immarcescibile della politica che ad un certo signore di Arcore al
tempo faceva insorgere attacchi repentini di “orticaria”. Per
divenirne poi, di quel vergognoso “teatrino”, il protagonista
principale per sì lungo tempo ed uno dei comprimari quando le vicende
elettorali non gli abbiano arriso il successo agognato. Ma pur sempre presente
sul palcoscenico di quel “teatrino”. A conferma della
stabilità di quel “teatrino” della politica – al confronto di altri “teatri
stabili” - ci soccorre la “memoriadeigiornipassati”, di un sabato 28 di
gennaio dell’anno 2017, “memoria” a firma di Luisella Costamagna, “memoria”
apparsa su “il Fatto Quotidiano” con il titolo “Beata politica che vede sempre tutto rosa”: Avete presente il tradizionale
rito del dopo elezioni in Italia? Mai nessuno ha perso: “Era quello che ci
aspettavamo”, “rispetto al punto di partenza è molto”, “ripartiamo da qui” e
via di unghie sugli specchi. Ora, quella straordinaria (e invidiabile) capacità
dei nostri politici di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno è stata
addirittura anticipata dal dopo voto al pre-pre-voto (la legge elettorale)
grazie alla sentenza della Consulta sull’Italicum. Viene bocciato il
ballottaggio e le pluricandidature dovranno essere sottoposte a sorteggio?
Nessun problema, tutti a urlare “Evviva!”: chi l’ha votato e chi non l’ha
votato, chi vuole andare al voto subito e chi non ci pensa proprio
(possibilmente mai). (…). …la politica – che per 3 anni ci ha tenuti appesi
alla riforma elettorale (invece di occuparsi seriamente di ritardi,
inefficienze, allarmi, cittadini che non ce la fanno ad arrivare a fine mese)
per poi farsene bocciare un bel pezzo – ride beata. Evviva! Il primo a
felicitarsi della sentenza è il papà dell’Italicum, l’ex premier Renzi, che per
farlo approvare ha ricattato la sua maggioranza con 3 voti di fiducia e quando
il gran giorno è arrivato ha esultato: “La miglior legge del mondo. Tra 6 mesi
ce la copieranno in molti”. Ma, pur laureato in Giurisprudenza, in diritto
costituzionale è bocciato. Ammette l’errore? No, anzi fa sapere attraverso i
suoi giornalisti-ventriloqui che “la sentenza ci rimette in partita”, si può
votare subito e i capilista bloccati (sopravvissuti) li sceglierà lui da
segretario Pd: “Le carte le dà Renzi”. Già. Se lui e i renziani ridono,
figuriamoci quelli della minoranza Pd che l’Italicum manco l’hanno votato: è un
coro di “Avevamo ragione”. Spingeranno al voto subito? Eh no, il bilancio della
sentenza è opposto: occorre “armonizzare” Camera e Senato, togliere i capilista
bloccati, mica possiamo finire nel proporzionale, magari si cambia la parolina
“lista” con “coalizione”… Insomma: diamo tempo a Gentiloni di rafforzarsi, se
no ci ribecchiamo Renzi. A festeggiare, e frenare sul voto, anche Forza Italia
(che pure dell’Italicum ha costruito le fondamenta al Nazareno, salvo poi non
votare il collaudo): dove andiamo senza premio alla coalizione? E senza
coalizione? E senza Berlusconi candidabile? Anche qui la parola d’ordine è: “Armonizzare”.
Brindano, giustamente, Salvini, Meloni e Grillo, che dicono “Voto subito”.
Hanno sempre criticato l’Italicum e ora la Consulta gli ha dato (in parte)
ragione. Ma la bocciatura del ballottaggio (che avrebbe favorito il M5S) e il
premio di maggioranza alla lista che supera il 40% (asticella così alta da
imporre alleanze dopo il voto), non sono un amaro calice, soprattutto per i
grillini? Si brinda anche se la paura fa 40. E libano pure i centristi che, con
tutti ’sti Casini, si garantiscono ancora un filo di sopravvivenza. Con partiti
ridotti al lumicino, anche un’ora sola in più in Parlamento (con relativo
gettone) è un dono del Signore. Poi uno dice che
all’Italia manca l’ottimismo, la capacità di vedere il positivo. Ma come? Basta
entrare in politica e tutto si tinge di rosa. E pazienza per chi resta
fuori.
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