“StoriedallaPasqua”. «E un vecchio sacerdote disse: parlaci della
religione. Ed egli rispose: (…). Religione non è forse ogni atto e ogni
riflessione, e ciò che non è né atto, né riflessione, ma una continua
meraviglia e sorpresa che scaturisce nell’anima, persino quando le mani
spaccano la pietra o tendono il telaio? Chi può mai separare la sua fede dalle
azioni, o il suo credo dalle sue occupazioni? Chi può mai distribuire le ore
davanti a sé e dire: “Questa per Dio e questa per me; questa per la mia anima,
e quest’altra per il mio corpo?”. Tutte le vostre ore sono ali che palpitano
attraverso lo spazio da tutt’uno a tutt’uno. (…). È la vostra vita quotidiana
il vostro tempio e la vostra religione. Ogni qualvolta vi entrate portate con
voi il vostro tutto. Portate l’aratro e la fucina e il mazzuolo e il liuto, le
cose che avete fatto per necessità, o per diletto. Poiché nei vostri sogni a
occhi aperti non potrete andare al di là dei vostri conseguimenti, o al di
sotto dei vostri fallimenti. E con voi portate tutti gli uomini. Poiché
nell’adorazione non potrete volare più in alto delle loro speranze, né
avvilirvi oltre la loro disperazione. E se volete conoscere Dio non siate
dunque solutori di enigmi. Piuttosto guardatevi intorno e lo vedrete giocare
coi vostri bambini. E guardate nello spazio; lo vedrete camminare dentro la
nuvola, protendere le braccia nel lampo e scendere con la pioggia. Lo vedrete
sorridere nei fiori, poi alzarsi per agitare le mani fra gli alberi». (Tratto
da “Il Profeta” di Kahlil Gibran). Di
seguito, “Barabba. Il profeta violento
che oggi farebbe una strage di like” di Stefano Massini pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” del 4 di aprile ultimo: Chi sarebbe oggi Barabba?
Probabilmente un influencer, con milioni di follower, osannato dai suoi perché
violentissimo, esplicito, un campione nell'aizzare le folle. E siccome ogni re
delle masse reclama un nemico, Barabba scaglierebbe i suoi tweet contro Gesù.
Eh già, perché non è vero che Barabba era un delinquente da strada, un
criminale da bassifondi come spesso è stato descritto prendendo per buona solo
la versione del Vangelo di Giovanni, mentre gli altri evangelisti ci consegnano
il ritratto di un quasi terrorista, uno zelota arrestato per sommossa, secondo
Matteo amatissimo, con orde di seguaci che gli avrebbero perdonato tutto,
perfino l'eversione, perfino l'omicidio. Insomma, Barabba potremmo cominciare a
pensarlo come una specie di profeta guerrigliero, un Messia col passamontagna,
un black-bloc urlante slogan contro i Cesari invasori, uno sciacallo da
barricata, forse perfino un Jake Angeli (l’assalitore del Campidoglio
il 6 di gennaio dell’anno 2021, sostenitore di Trump n.d.r.) di
Gerusalemme, al punto tale che il carcere stava diventando per lui un'enorme
occasione di consenso. Sul versante opposto c'era invece quel Gesù, dotato di
un carisma senza precedenti (si pensi al Discorso della Montagna, che nella
preistoria della comunicazione risuonò come l'"I have a dream" del
reverendo King), solo che il suo mantra della non-violenza, dal "porgi
l'altra guancia" in giù, lo designava a naturale competitor mediatico di
uno come Barabba. Uno scontro frontale, il loro. Due leader, due punti di
riferimento, agli antipodi, opposti per toni, modi e contenuti, e dunque
costretti in duello fino a quel brutale televoto in cui Ponzio Pilato chiamò il
tilt e si rimise al pubblico da casa, come in un'arena catodica, magari
selezionando il codice 01 per Cristo sedicente "figlio di Dio" o lo
02 per quel Bar-abbâ che in aramaico significa "figlio del padre".
Più in competizione di così. E scelta fu, com'è noto. Non solo scelta fra due
condannati, ma scelta fra due linguaggi, due visioni del mondo, due possibilità
di reazione all'oggettiva stretta dell'ingiustizia, sociale e politica, perché
laddove Barabba incitava alla rivolta, Cristo spiegava che odio crea odio,
offesa reclama vendetta, e la spirale avvolge vittima e carnefice rendendoli
identici. Non esiste compromesso, devi decidere, devi scegliere, o Gesù o
Barabba. Sta scritto che quel giorno fu un voto pilotato dai Sacerdoti, e certo
sarebbe edificante oltre che rassicurante credere che il popolo, senza
condizionamenti, si sarebbe espresso altrimenti, cosicché avremmo un Barabba in
croce e Cristo in trionfo. Ma onestamente non è mai così che va. La narrazione
dell'ascesa al Golgota è in fondo una lucidissima biopsia sul tessuto
dell'umana violenza, un esame citologico da cui non è escluso alcun aspetto di
quella che Freud avrebbe definito la pulsione distruttiva del nostro essere. E
quindi, nella Passione, c'è spazio anche per quella distorsione della realtà
che è corollario e presupposto di ogni sistema basato sull'aggressione. In
quella folla che scandisce il nome di Barabba c'è racchiusa l'immagine
potentissima della violenza che mentre ti promette terrore riesce a inebriare
gli animi, a esaltare i corpi, per cui sì, ci sembra di vederla quella massa
sterminata di gente che porta in trionfo il tagliagole di turno, facendone un
paladino o un Angelo Vendicatore. Neanche un secolo è passato da quando
conoscemmo l'orrore delle esecuzioni sommarie nei ghetti, le mattanze dei
pogrom, le camere a gas dei lager, eppure i rovi della violenza all'apparenza
estirpati, sono riusciti sempre a rifiorire di nuovo, a resuscitare (anche il
Male, certo, ha la sua Pasqua), ed ecco allora i cadaveri di Srebrenica, di
Bagdad, di Damasco, o adesso di Bucha. A cosa si deve tutto questo, se non
all'evidenza - oggettiva e spietata - che seppure a caro prezzo la folla alla
fine sceglie comunque Barabba? La violenza seduce, eccome. Di più: il genere
umano d'istinto la ama, e finisce per abbracciarla. Cristo trafitto in croce è
insomma uno scandalo ma al tempo stesso, senza ipocrisie, è l'esito indifferibile
di una scelta pro-Barabba, quella scelta che si è ripetuta migliaia se non
milioni di volte nella storia degli uomini, e che tuttora trova il suo sigillo
nelle valanghe di like sui post che invocano i naufragi dei migranti o i
missili sui civili, reclamando un'orgia di morte. Nessuno può dire che fine
abbia fatto Barabba dopo quel giorno, tacendo del tutto le fonti storiche. È
lecito però credere che a furor di popolo egli continuò a predicare il sangue
altrui come unica via di salvezza, attentato dopo attentato, strage dopo
strage. E chissà se, ormai anziano, c'era anche lui fra i 960 zeloti che si
suicidarono in massa nella fortezza di Masada, incalzati dai romani al volgere
della prima guerra giudaica. Fu una carneficina. Ma i sopravvissuti avrebbero
comunque votato Barabba.
Ho molto apprezzato i post di questa settimana,per la ricchezza di significati che mi hanno molto aiutato a meditare sulla figura del Cristo. Grazie!
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