"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 5 aprile 2023

Dell’essere. 75 Stefano Massini: «Ponzio Pilato è semplicemente ovunque».


Ha scritto Stefano Massini in “Quell’eterno vizio di girarsi dall’altra parte” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, mercoledì 5 di aprile 2023: (…). No, Ponzio Pilato non era l'animo eletto, vibrante di palpiti e intuizioni, malcelato sotto la lorica. La storiografia ci consegna viceversa l'immagine di un politicante dozzinale, di bassissima lega, un lillipuziano che d'un tratto si scopre davanti a qualcosa di molto più grande di lui: quel giovane profeta che era entrato a Gerusalemme accolto da tripudi di folla, adesso gli veniva consegnato dai Sacerdoti che lo volevano morto, e può perfino darsi che Pilato avesse percepito un'energia insolita negli occhi di quel figlio di falegname, ma resta agli atti che per paura o per menefreghismo egli subodorò che la faccenda stavolta era seria, che c'era da compromettersi, e non si volle sporcare le mani. Pilato è colui che se ne frega, detto in poche parole, e se ne frega pubblicamente, consapevolmente, con quella fierezza ostentata del proprio piccolo cabotaggio, perché niente e nulla può elevare il mediocre dal perimetro consolatorio della sua mediocrità. Se un caicco carico di migranti affonda a Cutro, lui se ne lava le mani, e così se su Kiev piovono razzi, e così se la calotta polare si scioglie, e così se una fabbrica licenzia 400 operai, e così se intorno - a tre passi o a trentamila non fa differenza - qualunque cosa gli chiede un minimo cenno di solidarietà o di cooperazione. Ponzio Pilato salva solo se stesso, e scatta all'indietro come una tartaruga nel carapace non appena si sente sfiorato da qualcosa di più grande di lui, da una misura che travalichi il righello da 30 cm del suo astuccio esistenziale, e allora il virus non esiste, la pulizia etnica è una montatura, i migranti non fuggono da nessuna minaccia, il clima non è per nulla malato, ogni allarme è sovradimensionato, negare, negare, negare, e non c'è via se non darsi latitanti e lavarsene all'istante le mani, proteggendo il rifugio aureo del proprio guscio di noce. Nel marzo del '64, nel Queens, una ragazza di nome Kitty Genovese fu stuprata e uccisa in un cortile di città, sotto lo sguardo di varie decine di persone alle finestre. Nessuno intervenne, nessuno mosse un dito, e se allora l'episodio fece indignare e dibattere a lungo, viceversa a distanza di 60 anni non sporcarsi le mani è l'opzione più scontata e ricorrente, per cui è azzerato lo scandalo. Ponzio Pilato è semplicemente ovunque. Di seguito, “La Pasqua delle domande” di Enzo Bianchi – fondatore e già priore della Comunità Monastica di Bose – pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del lunedì 3 di aprile ultimo: (…). È una vera singolarità cristiana quella di ripetere e tentare di rivivere ciò che ha vissuto Gesù nell’andare verso la propria morte – eventi, gesti che purtroppo sono entrati a far parte del folklore, fino ad attirare turisti curiosi e non certo credenti –: nel cristianesimo si è sentito questo bisogno che si è realizzato tra imitazione e sequela. Si imita Gesù, che entra trionfalmente nella città santa Gerusalemme, agitando palme e rami di ulivo e invocando la venuta del Regno di David; si celebra una cena come ha fatto Gesù per dire addio ai suoi discepoli donando loro nel pane spezzato e nel calice del vino condiviso i segni della sua vita spesa nell’amore fino all’estremo; si fanno processionalmente cammini della croce fino alla crocifissione. Infine si venera la croce: non un patibolo, ma uno strumento di glorificazione, dove Gesù è innalzato e glorificato fino ad attirare lo sguardo di tutti. (…). I cristiani vivono ancora la settimana santa così e da questa “fatica” dovrebbero, coerentemente con i Vangeli, arrivare a farsi domande sul perché il giusto diventa vittima dei malvagi fino a essere perseguitato ed eliminato. Dovrebbero chiedersi perché la violenza prevale dove c’è umiltà, debolezza, solidarietà con tutti gli altri in un atteggiamento che si vuole mai contro gli altri, mai senza gli altri, ma a favore degli altri. Chi è cristiano come può non sentirsi ferito dal fatto che Gesù viene rigettato proprio dal potere religioso legittimo, dall’autorità legittima del suo popolo santo? Questo conflitto tra evangelo e religione che permane ancora oggi non interroga? Sono certe sfavillanti e trionfali liturgie più da corti imperiali che da piccolo gregge che accecano e non permettono di vedere? La vittima è sempre il giusto, il povero, chi è senza diritti e viene chiamato in modi diversi: fuggiasco, migrante, vittima della guerra, esule, oppure semplicemente è una persona che osa sentirsi responsabile di chi ha più bisogno di lui. La settimana santa, (…), mi pone ancora tanti problemi e mi obbliga a ripercorrere questo cammino di sofferenza: perché veneriamo, contempliamo, piangiamo Gesù arrestato, torturato, condannato a morte dal potere religioso – grazie al concordato con il potere politico –, crocifisso e morto? Non è follia questa? Ma nella misura in cui i cristiani credono che Gesù è risorto per aver tanto amato (questo è il segno della sua sofferenza liberamente e per amore patita!) allora la croce non è una follia, ma diventa speranza per tutti.

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