“PoterePastrocchi&Fregnacce”. Ha scritto Filippo Ceccarelli in “La parola cazzo (senza ira né malizia)” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” di ieri, 31 di marzo 2023: (…). …senza ira né malizia si vorrebbe qui ripercorrere l'esordio, la frequenza e la centralità della parola "cazzo" nel discorso pubblico italiano per cercare di comprendere se vero scandalo c'è stato oppure no, forse, dipende o chissà. Avvertenza: per ovvie ragioni si userà il termine nudo e crudo, senza abbreviazioni, perifrasi o travestimenti. Di sicuro aiuto il recente testo Brutte sporche e cattive (Carocci) di Pietro Grifone, illustre glottologo, per cui «ai nostri giorni cazzo ricorre spesso non solo nell'uso linguistico degli uomini, ma anche delle donne». Sottolineava del resto un maestro come Luca Serianni «la vitalità e la duttilità del vocabolo», entrato in circolo intorno al 1300 da incerto etimo ipoteticamente rintracciabile fra alchimia, artiglieria e mondo pennuto, il maschio dell'oca, pure detto "ocazzo". Di sicuro, secondo Tullio De Mauro, un altro grande della lingua, i giornalisti «si compiacciono nell'usarlo»; ma per quanto riguarda il servizio pubblico la pietra miliare risale all'ottobre del 1976 quando un glorioso e poliedrico uomo di cultura, Cesare Zavattini, con voce cavernosa volle declamare "cazzo" al microfono di Radio anch'io: «Due zeta - fu il titolo del Corriere della Sera - che hanno fatto tremare la radio». Vero è che «Compagni-dico-cazzo» era già massivamente risuonato nelle assemblee post-'68; e che il diffondersi del lemma fu preceduto da varianti tipo "scazzi", "incazzarsi", "rompicazzo", "supercazzola". Tra i primissimi sdoganatori, fine anni 80, si annovera senz'altro Marco Pannella, mentre a dignità istituzionale la fatale interiezione venne elevata nel 1995 dall'allora premier Lamberto Dini che, interrotto in aula, se ne usci con un rabbioso gorgoglio universalmente interpretato: «Eh, cazzo!». Quindi Fini in polemica con Storace (2005), Macaluso con Giulianone Ferrara (2007); nell'indimenticato pranzo della pajata sotto Montecitorio (2010), molestato dalla vecchietta Annarella, Bossi inveì pronunciando due volte cazzo. Ulteriore momento di svolta il naufragio della Costa-Concordia (2012): «Torni a bordo, cazzo!», là dove l'autore dell'intimazione, comandante De Falco, fu poi eletto deputato. Avvistamenti in tempi più prossimi: un cartello delle Femen "Silvio che cazzo fai?", la cover del telefonino di Alessandra Mussolini "Keep calm un cazzo"; e quindi, ad abundantiam: Grillo, De Luca, De Magistris, Santanché, Casalino in vocale, «'sti 10 miliardi del cazzo» e il senatore Razzi: «Te lo dico da amico, fatte li cazzi tuoi», cosa che in Italia riesce sempre bene, a prescindere da sottigliezze e volgarità. Di seguito, “La sai l’ultima? Le fesserie di Piantedosi sui migranti” di Daniela Ranieri pubblicato su “il Fatto Quotidiano del 28 di marzo ultimo: (…): “Poi c’è anche l’elemento che si percepisce il fattore attrattivo di una opinione pubblica che annovera (sic, ndr) l’accettazione di questo fenomeno, un’ampia fetta di persone che mostra apertura verso l’accoglienza. Nei Paesi più piccoli… io ho registrato un’assoluta intransigenza in maniera abbastanza trasversale tra schieramenti di destra e di sinistra”. Ce lo siamo fatto tradurre da un esperto di lingue morte: il ministro intende dire che i migranti affrontano le traversate per mare verso l’Italia, non solo perché sono irresponsabili e deficitari di patriottismo, come da lui asserito appena dopo la strage di Cutro, ma anche perché “percepiscono” che gran parte dell’opinione pubblica italiana è favorevole agli sbarchi, mentre negli altri Paesi è al 100% contraria. Non si sa se Piantedosi abbia fatto un sondaggio demoscopico, non solo in Italia, ma anche in Svezia, Finlandia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Cipro, Croazia, Malta, Estonia, Lettonia, Lituania etc., e quindi parla in forza di una conoscenza scientifica del fenomeno, o se sta sparando idiozie a caso. Di certo si registra che non è più colpa dei mercenari della divisione Wagner al soldo della Russia, che fino a una settimana fa spingevano i migranti sui barconi diretti in Sicilia o in Calabria per punirci del nostro sostegno militare all’Ucraina, come affermato dal ministro della Difesa Crosetto. Ma se è vero che gran parte dell’opinione pubblica è contraria alle politiche xenofobe del governo, che ci stanno a fare i “sovranisti”? I Fratelli e Cognati d’Italia, più la Lega del Salvini delle ruspe, hanno tanto faticato per salire al vertice del potere e proteggere gli italiani dall’invasione dei migranti (che ci rubano il lavoro, le case e le prestazioni sanitarie) per niente? Ci sta dicendo, Piantedosi, che una “grande fetta” degli italiani è nemica degli italiani che loro rappresentano, e che il fatto di non governare la mente di 60 milioni di persone li rende inabili al potere? Preparano forse il terreno per una guerra civile? Una cosa patente è che Piantedosi non sa l’italiano, che in teoria sarebbe un problema per un patriota: “Noi non arretreremo rispetto a un auspicio di mettere sotto controllo il fenomeno migratorio”; “L’Europa e i Paesi che incrociano principalmente questo tema devono fare qualche passo in più verso l’inevitabile egoismo dei movimenti secondari secondo la regola di Dublino”, mah. Forse si è reso conto che i Paesi amici di Meloni (compresi i neo-acquisiti amici ultra-atlantisti come la Finlandia), sono più sovranisti di lei. In merito Piantedosi afferma: “Il tema è tornato al primo posto dell’agenda europea e bisogna dare atto a Giorgia Meloni del grande merito che ha”. In verità la sortita di Meloni al Consiglio europeo è stata un buco nell’acqua: il discorso sui migranti è durato una mezz’oretta perché le priorità erano altre, compresa la solita videochiamata di Zelensky che presenta all’Europa la lista delle ordinazioni, nello specifico “un milione di proiettili di artiglieria” e l’addestramento di 30 mila soldati ucraini. Infine hanno rimandato la discussione a giugno dando a Meloni il contentino di questa risoluzione: “La migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea”, non caraibica o australiana. A ogni modo, attribuire agli italiani la colpa del boom degli sbarchi (triplicati rispetto all’anno scorso) fa parte di un’escalation di barzellette. Dopo la fanfaluca dei “porti chiusi” (se non altro perché il precetto “L’immigrazione non è un diritto” di cui alle Tesi di Trieste si scontra col diritto d’asilo sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dalla Costituzione italiana) e quella del “blocco delle partenze dalla Libia” (si sono accorti che è complicato mettere dei questurini lungo 1.770 km di costa), i post(?)fascisti hanno sempre bisogno di un nemico: prima “la sinistra”; poi Soros che finanzia i migranti al fine di realizzare la “sostituzione etnica”; poi i migranti stessi, che ignorano i rischi della traversata anche se hanno “telefonini e parabole” (Rampelli) e fanno morire i loro figli facendo molto arrabbiare Piantedosi; poi gli scafisti, che coincidono coi trafficanti; poi i trafficanti veri, da stanare “lungo tutto il globo terracqueo”, si suppone presso gli ordini professionali degli scafisti; poi i mercenari della Wagner che ci lanciano “bombe migratorie”; ora l’opinione pubblica che non si lascia addomesticare. Qui ci vuole la dittatura!
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
sabato 1 aprile 2023
ItalianGothic. 36 M. P.: «Poi c’è anche l’elemento che si percepisce il fattore attrattivo di una opinione pubblica che annovera l’accettazione di questo fenomeno, un’ampia fetta di persone che mostra apertura verso l’accoglienza» (?).
«I cani che sono nati e vissuti intorno a
Cernobyl risultano geneticamente modificati. Anche se ancora gli scienziati non
hanno capito in che modo queste alterazioni abbiano inciso sui nostri amici a 5
zampe. Io amo tutti gli animali, sia chiaro. Ma le cavallette, per esempio, si
stanno mangiando la Sardegna. Quindi, siccome la Commissione europea ha dato il
via libera al primo Novel Food con insetti commestibili, sarebbe ora che la
Sardegna cominci a mangiarsi le cavallette: si chiama legittima difesa. In
qualche modo bisogna uscire dallo stallo; se non altro per non ritrovarsi come
la regione Sicilia, che non riesce ad assumere personale vincitore di concorso,
perché non ha abbastanza personale per farlo. È come la vecchia storia del
permesso di soggiorno senza cui non puoi lavorare, ma che ti danno solo se hai
già un lavoro: un simpatico paradosso che a Escher titillerebbe le meningi, ma
che a un immigrato fa ruotare i maroni come dervisci. Perché sono problemi. Non
certo grossi come mangiare in un hotel alla presenza di un disabile rumoroso,
ma sono problemi». Da “Paradossi
alla Escher” di Dario Vergassola pubblicato sul settimanale “il Venerdì di
Repubblica” del 31 di marzo 2023.
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