Ha scritto Michele Serra in “Il cervello sotto l’elmetto” pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” di oggi, primo di marzo 2022: La guerra è orribile anche perché è il
trionfo della semplificazione. Costringe a schierarsi (…) ma tende a
costringere ogni discorso, ogni sentimento, in un rude sistema binario. O con
noi, o contro di noi. Questa rudezza calza benissimo alle dittature, che di
semplificazione vivono, e di dialettica morirebbero. Dividere il mondo in Amici
e Nemici è il loro metodo e il loro fine. Ma non si addice, questa rudezza,
alle democrazie, che al contrario di dialettica vivono. Per questo la guerra
delle democrazie è difficile. Perché sotto l'elmetto è previsto un cervello in
attività. Dobbiamo dunque temere l'insorgere di una logica di guerra anche nel
dibattito che ci riguarda, noi che siamo dalla parte giusta. Si sentono toni e
giudizi animosi, per esempio, nei confronti di chi ha dubbi sull'espansione
della Nato a Est; o ritiene che il Pentagono non sia, per diritto naturale, la
Sede dei Giusti. Ci deve essere, in una guerra come questa, uniformità di
condotta e di schieramento. Non uniformità di pensiero: non appartiene al
nostro campo. Il nostro campo - se è vero che difendiamo la democrazia - ci
costringe alla tolleranza, all'ascolto, al dibattito, anche al litigio, perché
largo è il confine intellettuale che ci siamo conquistati. Ma ci sconsiglia
fortemente un atteggiamento da propaganda bellica, che rischia di classificare
tra i cacasotto, se non tra gli amici di Putin, chiunque voglia continuare a
discutere le responsabilità e i doveri impliciti nel definirsi "campo democratico".
Il campo democratico, se veramente democratico, ha l'onore e l'onere di non
diventare, in guerra, intollerante e ottuso. Il problema della democrazia è che
è costretta a essere democratica. Ha scelto la via più difficile. Ma non ne
conosce altra. Scriveva Romano Prodi su il “Corriere della sera”
(2015): "Se vuoi che l'Ucraina non sia membro della Nato e dell'Ue, ma sia
un Paese amico dell'Europa e un ponte con la Russia, devi avere una politica
coerente con questo obiettivo. Se l'obiettivo è portare l'Ucraina nella Nato,
allora crei tensioni irreversibili". Una “voce” contro? Una profezia.
Di seguito, “Una guerra nata dalle
troppe bugie” di Barbara Spinelli, pubblicato su «il Fatto Quotidiano» del 26
febbraio 2022: (…) …l’11 settembre aveva una sua genealogia, sia pure confusa, ma lo
stesso non si può certo dire dell’aggressione russa e dell’assedio di Kiev. Qui
le motivazioni dell’aggressore, anche se smisurate, sono non solo ben
ricostruibili ma da tempo potevano esser previste e anche sventate. Le ha
comunque previste Pechino, che ieri sembra aver caldeggiato una trattativa
Putin-Zelensky, ben sapendo che l’esito sarà la neutralità ucraina chiesta per
decenni da Mosca. Il disastro poteva forse essere evitato, se Stati Uniti e
Unione europea non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di
una immensa incapacità di autocritica e di memoria. È dall’11 febbraio 2007 che
oltre i confini sempre più agguerriti dell’Est Europa l’incendio era
annunciato. Quel giorno Putin intervenne alla conferenza sulla sicurezza di
Monaco e invitò gli occidentali a costruire un ordine mondiale più equo,
sostituendo quello vigente ai tempi dell’Urss, del Patto di Varsavia e della
Guerra fredda. L’allargamento a Est della Nato era divenuto il punto dolente
per il Cremlino e lo era tanto più dopo la guerra in Jugoslavia: “Penso sia
chiaro – così Putin – che l’espansione della Nato non ha alcuna relazione con
la modernizzazione dell’Alleanza o con la garanzia di sicurezza in Europa. Al
contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello della
reciproca fiducia. E noi abbiamo diritto di chiedere: contro chi è intesa
quest’espansione? E cos’è successo alle assicurazioni dei nostri partner
occidentali fatte dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi
quelle dichiarazioni? Nessuno nemmeno le ricorda. Ma io voglio permettermi di
ricordare a questo pubblico quello che fu detto. Gradirei citare il discorso
del Segretario generale Nato, signor Wörner, a Bruxelles il 17 maggio 1990.
Allora lui diceva: ‘Il fatto che noi siamo pronti a non schierare un esercito
della Nato fuori dal territorio tedesco offre all’Urss una stabile garanzia di
sicurezza’. Dove sono queste garanzie?”. Per capire meglio la sciagura ucraina,
proviamo dunque a elencare alcuni punti difficilmente oppugnabili. Primo: né
Washington né la Nato né l’Europa sono minimamente intenzionate a rispondere
alla guerra di Mosca con una guerra simmetrica. Biden lo ha detto sin da
dicembre, poche settimane dopo lo schieramento di truppe russe ai confini
ucraini. Ora minaccia solo sanzioni, che già sono state impiegate e sono state
un falso deterrente (“Quasi mai le sanzioni sono sufficienti”, secondo Prodi).
D’altronde su di esse ci sono dissensi nella Nato. Alcuni Paesi dipendenti dal
gas russo (fra il 40 e il 45%), come Germania e Italia, celano a malapena dubbi
e paure. Non c’è accordo sul blocco delle transazioni finanziarie tramite
Swift. Chi auspica sanzioni “più dure” non sa bene quel che dice. Chi ripete un
po’ disperatamente che l’invasione è “inaccettabile” di fatto l’ha già
accettata. Secondo punto: l’Occidente aveva i mezzi per capire in tempo che le
promesse fatte dopo la riunificazione tedesca – nessun allargamento Nato a Est
– erano vitali per Mosca. Nel ’91 Bush sr. era addirittura contrario
all’indipendenza ucraina. L’impegno occidentale non fu scritto, ma i documenti
desecretati nel 2017 (sito del National Security Archive) confermano che i
leader occidentali– da Bush padre a Kohl, da Mitterrand alla Thatcher a Manfred
Wörner Segretario generale Nato – furono espliciti con Gorbaciov, nel 1990:
l’Alleanza non si sarebbe estesa a Est “nemmeno di un pollice” (assicurò il
Segretario di Stato Baker). Nel ’93 Clinton promise a Eltsin una “Partnership
per la Pace” al posto dell’espansione Nato: altra parola data e non mantenuta. Terzo
punto: la promessa finì in un cassetto, e senza batter ciglio Clinton e Obama
avviarono gli allargamenti. In pochi anni, tra il 2004 e il 2020, la Nato passò
da 16 a 30 Paesi membri, schierando armamenti offensivi in Polonia, Romania e
nei Paesi Baltici ai confini con la Russia (a quel tempo la Russia era in
ginocchio economicamente e militarmente, ma possedeva pur sempre l’atomica).
Nel vertice Nato del 2008 a Bucarest, gli Alleati dichiararono che Georgia e
Ucraina sarebbero in futuro entrate nella Nato. Non stupiamoci troppo se Putin,
mescolando aggressività, risentimento e calcolo dei rischi, parla di “impero
della menzogna”. Se ricorda che le amministrazioni Usa non hanno mai accettato
missili di Paesi potenzialmente avversi nel proprio vicinato (Cuba). Quarto
punto: sia gli Usa che gli europei sono stati del tutto incapaci di costruire
un ordine internazionale diverso dal precedente, specie da quando alle
superpotenze s’è aggiunta la Cina e si è acutizzata la questione Taiwan.
Preconizzavano politiche multilaterali, ma disdegnavano l’essenziale, cioè un
nuovo ordine multipolare. Il dopo Guerra fredda fu vissuto come una vittoria
Usa e non come una comune vittoria dell’Ovest e dell’Est. La Storia era finita,
il mondo era diventato capitalista, l’ordine era unipolare e gli Usa l’egemone
unico. La hybris occidentale, la sua smoderatezza, è qui. Il quinto punto
concerne l’obbligo di rispetto dei confini internazionali, fondamentale nel
secondo dopoguerra. Ma Putin non è stato il primo a violarlo. L’intervento Nato
in favore degli albanesi del Kosovo lo violò per primo nel ’99 (chi scrive
approvò con poca lungimiranza l’intervento). Il ritiro dall’Afghanistan ha
messo fine alla hybris e la nemesi era presagibile. Eravamo noi a dover
neutralizzare l’Ucraina, e ancora potremmo farlo. Noi a dover mettere in
guardia contro la presenza di neonazisti nella rivoluzione arancione del 2014
(l’Ucraina è l’unico Paese europeo a includere una formazione neonazista nel
proprio esercito regolare). Noi a dover vietare alla Lettonia – Paese membro
dell’Ue – il maltrattamento delle minoranze russe. Non abbiamo difeso e non
difendiamo i diritti, come pretendiamo. Nel 2014, facilitando un putsch
anti-russo e pro-Usa a Kiev, abbiamo fantasticato una rivoluzione solo per metà
democratica. Riarmando il fronte Est dell’Ue foraggiamo le industrie degli
armamenti ed evitiamo alla Nato la morte cerebrale che alcuni hanno giustamente
diagnosticato. Ammettere i nostri errori sarebbe un contributo non irrilevante
alla pace che diciamo di volere.
Nessun commento:
Posta un commento