A lato. "Il Cristo risorto" (Firenze) di Donatello.
“Doveravatetutti”, come dire “tutti noi”, poiché, per dirla con José Saramago - in “Cecità” - “i buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono”.
Ha scritto
oggi – mercoledì 30 di marzo 2022 – Michele Serra in “Trent’anni di cecità” che “Il Medioevo lo si immagina esattamente
così, come in questo pazzesco inizio di 2022: avvelenamenti, epidemie, despoti
bellicosi, congiure di palazzo evocate (dal capo mondiale della democrazia!)
come sola salvezza, eserciti in marcia, preti esaltati che levano la croce e
benedicono la guerra nel nome di Dio. La tecnologia muta, in molto peggio,
l'entità delle distruzioni. E i media esaltano fino al parossismo lo spettacolo
della morte. Ma è la struttura del potere a ricacciarci indietro di qualche
secolo se è vero che basta un solo uomo, con pochi accoliti, a scatenare
l'inferno. Ci eravamo illusi? Ora il problema è proprio questo sentimento di
impotenza, come se la realtà fosse questa, e il lungo periodo di pace che l'ha
preceduta fosse stato solo un'illusione. Come se non fosse un incubo, quello
che stiamo vivendo, ma il risveglio da un lungo sogno, e da un lungo sonno.
"Accecamento", lo chiama Bernard Guetta (…). Un accecamento durato
trent'anni, dalla caduta del Muro a oggi. Magari bastava guardare appena più in
là del nostro naso per capire che, sotto la crosta esile della civilizzazione,
il mondo era feroce e primitivo come è sempre stato. Dall'impiccagione di
Saddam all'esecuzione sommaria di Gheddafi, dall'assedio di Sarajevo alla
distruzione di Aleppo e Grozny, e le persecuzioni delle minoranze etniche e
religiose in Asia, il lungo martirio dell'Algeria, la segregazione delle donne
afghane... Elenco approssimato per difetto di quanto poco pacifico, e poco
conciliante, sia stato il mondo negli ultimi trent'anni. Se davvero ci fosse
stata la globalizzazione, non avremmo potuto illuderci che il mondo fosse il
nostro tranquillo cortile. Di seguito, “Questa guerra piace tanto a chi non l’ha mai vissuta” di Tomaso
Montanari, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di lunedì 28 di marzo ultimo: Questa
Europa in guerra è governata da una generazione che non sa cosa sia la guerra. Quella
che si era trovata costretta a fare la Resistenza, aveva fondato su
quell'esperienza lacerante un'idea di Europa radicalmente diversa. Alle Fosse
Ardeatine si legge: "Qui fummo trucidati, vittime
di un sacrificio orrendo. Dal nostro sacrificio sorga una patria migliore, e
duratura pace tra i popoli". Nessuna estetica del morire per la
patria: il sacrificio era orrendo, la patria da cambiare. Il fine non
negoziabile: mai più tornare indietro, mai più un'altra guerra. (…). Il ripudio
costituzionale della guerra, ben più di un rifiuto, nasce qua. In Costituente
si dirà che è la scuola, non più l'esercito, il presidio della nazione. Nel
Manifesto di Ventotene è senza appello la condanna degli stati-nazione:
"La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di
dominio sugli altri e considera suo 'spazio vitale' territori sempre più vasti.
Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell'egemonia dello
stato più forte su tutti gli altri asserviti". E oggi vediamo coi nostri
occhi che "basta che una nazione faccia un passo più avanti verso un più
accentuato totalitarismo, perché sia seguita dalle altre nazioni, trascinate
nello stesso solco dalla volontà di sopravvivere". La nostra generazione
di potenti ci trascina verso l'abisso perché non ha vissuto la guerra. E perché
ha scelto di essere terribilmente ignorante: convinta che bastassero finanza e
tecnologia, ha rinunciato con disprezzo alla cultura umanistica. "Fare
soldi per fare soldi per fare soldi". Già: a che mai poteva servire
conoscere Omero, leggere Erasmo, guardare Donatello? Eppure è lì che si trova
la medicina contro il veleno della guerra. Lungo millenni di stragi
inenarrabili, lì si è addensata la forza di pensieri e parole capaci di
conservarci umani, resistendo nonostante tutto all'amore per la guerra. Proprio
ciò che servirebbe al manipolo di tecnocrati e affaristi che ora gioca con i
missili senza nemmeno il pathos della consapevolezza, senza provare un grammo
di orrore per ciò che prepara. Accostate il discorso di Draghi davanti a
Zelensky (secco freddo cinico pedestre, senza un sussulto di responsabilità)
all'inno omerico ad Ares (il Marte dei romani), anonimo capolavoro del pensiero
antico, in cui si invoca il dio della guerra perché freni la guerra: "Ascoltami
soccorritore dell'umanità ... irradia di lassù la tua amica luce sopra le nostre
vite, e la tua forza guerriera: così che io possa scacciare dalla mia testa
l'odiosa viltà, e frenare quello slancio fallace del mio animo, e trattenere
quella stridula voce nel mio cuore che mi provoca a gettarmi nella guerra agghiacciante.
Tu, o beato, donami il coraggio: lasciami indugiare al sicuro nelle leggi della
pace, e sfuggire così allo scontro con i nemici, al destino di una morte
violenta". Il coraggio della pace, la forza della pace: e la viltà della guerra,
ladebolezza di cedere ad essa. Quanto avremmo bisogno di queste parole, oggi:
di questo modo di guardarci dentro. “L’inno – commenta James Hillman – risponde
a questa antica domanda: come iniziano le guerre? Nella stridula voce nel cuore
del popolo, nella propaganda della stampa, nei capi che vedono nemici ovunque e
cercano pretesti per combattere. Slancio fallace e ondata di falsità si
promuovono a vicenda, sicché siamo ingannati da un senso di urgenza e ci
giustifichiamo con l'ipocrisia di nobili proclami". Non è forse quello che
sta succedendo? Mandiamo armi convenzionali, ci prepariamo a quelle chimiche,
rompiamo il tabù nucleare. Corriamo, a rotta di collo, ad aumentare la spesa
militare. La retorica dell'eroismo sale, come una febbre maligna. Come la
propaganda: Putin è Hitler, "vuole arrivare a Berlino", anzi "a
Lisbona". L 'Ucraina deve entrare nella Ue, anzi nella Nato: a un passo
dall'apocalisse atomica. E via, in un folle crescendo che brucia, in pochi
giorni, decenni di saggezza. Così l'intera Europa sta al gioco paranoide del despota
Putin, parla la sua stessa lingua, invoca lo stesso fuoco della guerra invece
che la freddezza della pace - fatta di attesa, indugio, dialogo, ponderazione,
mediazione, compromesso. E i peggiori sono i potenti che si dicono cristiani:
"Essi reprimono e nascondono tutto ciò che potrebbe conservare la pace,
esagerano ed esasperano tutto ciò che possa dare inizio a una guerra" -
notava Erasmo/ sgomento. Intanto, gli ucraini combattono: lo fanno per i valori
dell'Occidente, diciamo. Per noi. Noi: gli ipocriti. Noi che alimentiamo la
guerra, invece di costruire la pace. Noi che ci diamo da fare perché la guerra
si prolunghi. "Dulce bellum ine-xpertis", diceva ancora Erasmo: solo
chi non l'ha provata sul proprio corpo può desiderare che la guerra duri
ancora.
La lettura di questo stupendo post è una preziosa fonte di riflessioni fondamentali e necessarie. "L'intera Europa sta al gioco paranoide del despota Putin, parla la sua stessa lingua, invoca lo stesso fuoco della guerra..." (Tomaso Montanari). Purtroppo bisogna prendere atto del fatto che l'Unione Europea ha ormai intrapreso un percorso contrario a quello che è il proprio principio fondatore: promuovere la pace. Infatti ha scelto di affermarsi come potenza militare globale. E tutto ciò è veramente pericoloso e preoccupante, perché il militarismo alimenta solo tensione, instabilità, distruzione e devastazione e non contribuisce mai alla stabilità e alla pace. "Tutte le forme di violenza, in particolare la guerra, sono dei tutto inaccettabili come mezzo per dirimere le controversie tra nazioni, gruppi e individui".(Anonimo). "Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come stolti". (Martin Luther King). "Perché la gente preferisce vedere due uomini che tengono due pistole, piuttosto che due uomini che si tengono per mano?". (Ernest J. Gaines). "Una delle armi più potenti è il dialogo". (Proverbio Africano). Grazie, carissimo Aldo. Buona continuazione.
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