“Psiche&politica”. Tratto da “Nella sua mente Putin vince sempre” di
Viktor Erofeev – scrittore e giornalista russo -, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” del primo di marzo 2022: (…). C’è un aspetto principale da
considerare: appena il 4 per cento della popolazione russa ritiene che la colpa
della tensione esistente nelle relazioni russo-ucraine sia della Russia. La
stragrande maggioranza l’attribuisce a Kiev, all’America, alla Nato. Metà della
popolazione russa è pronta a sostenere azioni militari. Le proteste contro la
guerra si riducono a sporadiche e caotiche prese di posizione: qualche
intellettuale che scrive una petizione, una parte di accademici che interviene
pubblicamente. Nulla di serio. Intanto, nella mente dell’uomo più importante
della Russia, si è delineata con chiarezza una realtà parallela,
incomprensibile tanto all’attuale Ucraina, che all’Europa e all’America.
Secondo questa realtà, l’Ucraina è governata da neonazisti, si è armata ed è
diventata una minaccia per la Russia. L’Ucraina va demilitarizzata, disarmata e
un poco castrata. Sono vent’anni che in Putin ha preso forma questa lettura del
reale, in cui si sommano quattro elementi: il cortile (l’infanzia povera), lo
sport (la gioventù), il Kgb (ricordiamoci il servizio prestato a Dresda) e
l’elemento imperial-sovietico (strutturatosi in vent’anni di presidenza). Tutto
è finalizzato alla vittoria. Tutto spinge a vendicarsi della Guerra fredda
persa durante la perestrojka. L’Occidente ha trascurato tutto questo. Fino
all’ultimo giorno di pace, non ha creduto alla realtà che si andava alimentando
nella mente di Putin. Pensava che il “tipo russo” stesse scherzando. Alla
guerra non credevano né le masse popolari filo-putiniane, né i liberali della
capitale. Troppo spaventoso! Putin, invece, ci ha dimostrato che nel suo
ologramma, nella sua realtà personale (non patologica, ma politica!) non c’è
nulla di spaventoso se combatti per ripristinare la grandezza del mondo russo.
Così ci troviamo davanti a un uomo solo che decide di scatenare una guerra. Da
poco aveva riunito il Consiglio di sicurezza, in cui abbiamo visto uomini
pallidi, terrorizzati, non proprio delle aquile. Da autentico monello di
cortile, li ha indotti tutti a compiere un imminente “sporco lavoro”. Ma quelli
neanche lo sapevano che stavano firmando una dichiarazione di guerra: pensavano
si trattasse dell’indipendenza da Kiev delle Repubbliche popolari di Donetsk e
Lugansk. Però poi si è scoperto che il territorio di questi nuovi stati, con i
quali la Russia già intrattiene relazioni diplomatiche, corrisponde a solo un
terzo del territorio della regione di Donetsk e Lugansk, e i nuovi stati se lo
vogliono prendere tutto. Ecco il gancetto a cui appendere Kiev. Ma neppure
questo gancetto andava bene. L’odio incredibilmente furioso che Putin nutre nei
confronti del regime di Kiev, di quel pagliaccio di Zelenskij, si è rivelato
paragonabile solo al folle desiderio di liberare il fraterno popolo ucraino
dalla Nato e dalle pretese europee. Per Putin, russi e ucraini sono un unico
popolo. Riavvolgiamo per un attimo il filo della storia. Per quanto riguarda
l’idea di “unico popolo”, anche questa è una realtà parallela. Abbiamo, è vero,
radici comuni: la medievale Rus’kieviana, ma poi i russi si sono spinti molto
lontano, in direzione nord-est, dando vita, alla fine, a un enorme impero.
Mentre gli ucraini hanno costruito la loro civiltà tra la Polonia e la Russia.
Se il tipico ucraino è un proprietario terriero, un agricoltore che coltiva il
suo grano, simile a un europeo, il russo è un senza radici, per molti aspetti
una contraddizione in sé. Tale differenza di mentalità può avere adesso un
senso strategico di reciproca ostilità. La coscienza imperiale russa ha contribuito
alla distruzione dell’impero dopo la rivoluzione. La Guardia Bianca di Denikin
non volle riconoscere la libera Ucraina: finimmo tutti tra le braccia del
comunismo. Quando Putin arrivò al potere nel 2000, l’Ucraina indipendente stava
già lentamente scivolando verso l’Europa e Putin non riuscì a fermarla con
metodi pacifici. Adesso tenta di farlo con quelli militari. La guerra - come
tutti sappiamo - è una grande menzogna e non staremo ad ascoltare le canzonette
dello Stato Maggiore. Pensiamo a cosa potrà succedere. In base all’esperienza
dell’Unione Sovietica, l’alternativa più probabile è quella della Polonia
postbellica. Verrà proclamato un governo popolare filo-russo in una qualunque
delle città ucraine “liberate” dai russi. Il governo di Kiev, invece, sarà
dichiarato antipopolare. Poi ci sarà la guerra civile con il sostegno di Mosca
e a Kiev arriveranno “i nostri”. Se consideriamo che l’Ucraina orientale,
quella a sinistra del Dnepr, non è proprio disposta a morire per Zelenskij, è
un’alternativa plausibile. Il problema sta solo nel fatto che per creare un
governo filo-russo servono teste intelligenti, ma dove sono queste teste? Si è
già visto, in occasione di elezioni ucraine, che leader filo-russi come il
putiniano Janukovi? non sono tanto benvoluti dalla popolazione di tutta
l’Ucraina. Se si riuscirà a creare un governo filo-russo, il sangue che
scorrerà non sarà molto, ma in seguito ci saranno moltissime repressioni (beh,
come nella Bielorussia di Lukašenko). Se invece non si riuscirà a mettere in
piedi al più presto questo tipo di governo, bisognerà prendere Kiev coi carri
armati e comandare da lì. Questo avrà conseguenze molto cruente in tutto il
mondo. Quanto più seguivo gli eventi dell’Ucraina negli ultimi anni, tanto più
scettico diventavo verso l’Occidente. Che non solo ha mandato giù la Crimea, ma
era anche già disposto a bypassare l’Ucraina con il North Sream-2. Più di una
volta l’Occidente si è messo a ballare al suono del pifferaio di Mosca. O per
interesse, o contrapponendosi all’America, o perché Putin sinceramente piace,
proprio come piace ai tassisti berlinesi, parigini o italiani che lo
percepiscono come uno di loro. Nell’attuale tragedia, l’Occidente si sceglierà
da sé il ruolo storico che gli spetta. Tempi duri attendono l’Ucraina, ma la
sciagura sarà solo temporanea. La Russia si è presa tutta la luce dei
riflettori su di sé. Cosa ne verrà fuori non è chiaro: se le resteranno forze
sufficienti per una nuova fase di perestrojka e libertà, o se invece andrà a
fondo nessuno lo sa. A parte Putin. Nella sua realtà parallela non conosce
sconfitte. Per ora.
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