"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 2 marzo 2022

Paginedaleggere. 94 «Davanti a un uomo solo che decide di scatenare una guerra».

“Psiche&politica”. Tratto da “Nella sua mente Putin vince sempre” di Viktor Erofeev – scrittore e giornalista russo -, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del primo di marzo 2022: (…). C’è un aspetto principale da considerare: appena il 4 per cento della popolazione russa ritiene che la colpa della tensione esistente nelle relazioni russo-ucraine sia della Russia. La stragrande maggioranza l’attribuisce a Kiev, all’America, alla Nato. Metà della popolazione russa è pronta a sostenere azioni militari. Le proteste contro la guerra si riducono a sporadiche e caotiche prese di posizione: qualche intellettuale che scrive una petizione, una parte di accademici che interviene pubblicamente. Nulla di serio. Intanto, nella mente dell’uomo più importante della Russia, si è delineata con chiarezza una realtà parallela, incomprensibile tanto all’attuale Ucraina, che all’Europa e all’America. Secondo questa realtà, l’Ucraina è governata da neonazisti, si è armata ed è diventata una minaccia per la Russia. L’Ucraina va demilitarizzata, disarmata e un poco castrata. Sono vent’anni che in Putin ha preso forma questa lettura del reale, in cui si sommano quattro elementi: il cortile (l’infanzia povera), lo sport (la gioventù), il Kgb (ricordiamoci il servizio prestato a Dresda) e l’elemento imperial-sovietico (strutturatosi in vent’anni di presidenza). Tutto è finalizzato alla vittoria. Tutto spinge a vendicarsi della Guerra fredda persa durante la perestrojka. L’Occidente ha trascurato tutto questo. Fino all’ultimo giorno di pace, non ha creduto alla realtà che si andava alimentando nella mente di Putin. Pensava che il “tipo russo” stesse scherzando. Alla guerra non credevano né le masse popolari filo-putiniane, né i liberali della capitale. Troppo spaventoso! Putin, invece, ci ha dimostrato che nel suo ologramma, nella sua realtà personale (non patologica, ma politica!) non c’è nulla di spaventoso se combatti per ripristinare la grandezza del mondo russo. Così ci troviamo davanti a un uomo solo che decide di scatenare una guerra. Da poco aveva riunito il Consiglio di sicurezza, in cui abbiamo visto uomini pallidi, terrorizzati, non proprio delle aquile. Da autentico monello di cortile, li ha indotti tutti a compiere un imminente “sporco lavoro”. Ma quelli neanche lo sapevano che stavano firmando una dichiarazione di guerra: pensavano si trattasse dell’indipendenza da Kiev delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Però poi si è scoperto che il territorio di questi nuovi stati, con i quali la Russia già intrattiene relazioni diplomatiche, corrisponde a solo un terzo del territorio della regione di Donetsk e Lugansk, e i nuovi stati se lo vogliono prendere tutto. Ecco il gancetto a cui appendere Kiev. Ma neppure questo gancetto andava bene. L’odio incredibilmente furioso che Putin nutre nei confronti del regime di Kiev, di quel pagliaccio di Zelenskij, si è rivelato paragonabile solo al folle desiderio di liberare il fraterno popolo ucraino dalla Nato e dalle pretese europee. Per Putin, russi e ucraini sono un unico popolo. Riavvolgiamo per un attimo il filo della storia. Per quanto riguarda l’idea di “unico popolo”, anche questa è una realtà parallela. Abbiamo, è vero, radici comuni: la medievale Rus’kieviana, ma poi i russi si sono spinti molto lontano, in direzione nord-est, dando vita, alla fine, a un enorme impero. Mentre gli ucraini hanno costruito la loro civiltà tra la Polonia e la Russia. Se il tipico ucraino è un proprietario terriero, un agricoltore che coltiva il suo grano, simile a un europeo, il russo è un senza radici, per molti aspetti una contraddizione in sé. Tale differenza di mentalità può avere adesso un senso strategico di reciproca ostilità. La coscienza imperiale russa ha contribuito alla distruzione dell’impero dopo la rivoluzione. La Guardia Bianca di Denikin non volle riconoscere la libera Ucraina: finimmo tutti tra le braccia del comunismo. Quando Putin arrivò al potere nel 2000, l’Ucraina indipendente stava già lentamente scivolando verso l’Europa e Putin non riuscì a fermarla con metodi pacifici. Adesso tenta di farlo con quelli militari. La guerra - come tutti sappiamo - è una grande menzogna e non staremo ad ascoltare le canzonette dello Stato Maggiore. Pensiamo a cosa potrà succedere. In base all’esperienza dell’Unione Sovietica, l’alternativa più probabile è quella della Polonia postbellica. Verrà proclamato un governo popolare filo-russo in una qualunque delle città ucraine “liberate” dai russi. Il governo di Kiev, invece, sarà dichiarato antipopolare. Poi ci sarà la guerra civile con il sostegno di Mosca e a Kiev arriveranno “i nostri”. Se consideriamo che l’Ucraina orientale, quella a sinistra del Dnepr, non è proprio disposta a morire per Zelenskij, è un’alternativa plausibile. Il problema sta solo nel fatto che per creare un governo filo-russo servono teste intelligenti, ma dove sono queste teste? Si è già visto, in occasione di elezioni ucraine, che leader filo-russi come il putiniano Janukovi? non sono tanto benvoluti dalla popolazione di tutta l’Ucraina. Se si riuscirà a creare un governo filo-russo, il sangue che scorrerà non sarà molto, ma in seguito ci saranno moltissime repressioni (beh, come nella Bielorussia di Lukašenko). Se invece non si riuscirà a mettere in piedi al più presto questo tipo di governo, bisognerà prendere Kiev coi carri armati e comandare da lì. Questo avrà conseguenze molto cruente in tutto il mondo. Quanto più seguivo gli eventi dell’Ucraina negli ultimi anni, tanto più scettico diventavo verso l’Occidente. Che non solo ha mandato giù la Crimea, ma era anche già disposto a bypassare l’Ucraina con il North Sream-2. Più di una volta l’Occidente si è messo a ballare al suono del pifferaio di Mosca. O per interesse, o contrapponendosi all’America, o perché Putin sinceramente piace, proprio come piace ai tassisti berlinesi, parigini o italiani che lo percepiscono come uno di loro. Nell’attuale tragedia, l’Occidente si sceglierà da sé il ruolo storico che gli spetta. Tempi duri attendono l’Ucraina, ma la sciagura sarà solo temporanea. La Russia si è presa tutta la luce dei riflettori su di sé. Cosa ne verrà fuori non è chiaro: se le resteranno forze sufficienti per una nuova fase di perestrojka e libertà, o se invece andrà a fondo nessuno lo sa. A parte Putin. Nella sua realtà parallela non conosce sconfitte. Per ora.

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