"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 8 marzo 2022

Piccolegrandistorie. 11 «Costretti a interpretare i processi neurali di un unico uomo e dei suoi sogni malati. È la sanzione del "matto" nella tattica nucleare».

“Politica&condizione umana”. Ha scritto Michele Serra in “Oligarchia non è democrazia”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di domenica 6 di marzo 2022: (…). …ditemi se sbaglio, il contrario del comunismo avrebbe dovuto essere democrazia, non oligarchia. Nell'ultimo decennio del Novecento, sotto Boris Eltsin (zar Boris, abbiamo poca fantasia nei nomignoli, noi dei media) una cerchia molto ristretta di persone si è intestata per intero l'immenso patrimonio statale dell'Unione Sovietica. Come sia potuto avvenire è uno dei grandi misteri della storia contemporanea. Oggi si sente dire che l'umiliazione della Russia profonda, dopo il disfacimento dell'Urss, è una delle cause prima del successo politico e poi dell'aggressività di Putin (quasi tutti i dittatori, del resto, attingono forza dalla sofferenza popolare). Sarebbe importante domandarsi quanta di questa umiliazione dipende, come dire, da un problema tutto interno alla Russia, ovvero la spaventosa iniquità della ripartizione del bottino. Patrimoni multimiliardari (vuol dire: una sola persona possiede molte migliaia di milioni di euro) che hanno poco a che fare con una crescita economica equilibrata e coinvolgente, con la nascita di un ceto medio democratico, con il miglioramento diffuso delle condizioni di vita. La Russia prima ingabbiata e imbavagliata, poi, aperta la gabbia, spogliata e di nuovo imbavagliata. Al primo posto, nell'agenda politica del buon senso, dovrebbe esserci: attivare forti, costanti, solidali rapporti con i democratici russi, ovunque essi siano o si nascondano. Di seguito, “Noi, spettatori dell’abisso” di Ian McEwan, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 6 di marzo 2022: (…). La tensione fra due forze opposte è insostenibile: da un lato, l'orrore per un'invasione senza senso, l'ammirazione per la capacità di resistenza degli ucraini, gli abitanti di un paesino che inveiscono disarmati contro un carro armato russo o danno da mangiare a un soldato di leva russo catturato che singhiozza mentre gli consentono di telefonare alla madre, il dolore per lo spettacolo di bambini terrorizzati rannicchiati addosso ai loro genitori dentro i bunker mentre la loro città viene distrutta; dall'altro, la colonna di 60 chilometri in attesa alle porte di Kiev che sappiamo potrebbe essere distrutta nel giro di un pomeriggio da missili cruise a guida satellitare e caccia Stealth invisibili ai radar. La fibbia che trattiene l'Occidente è la paura di una guerra nucleare e Vladimir Putin, assurto al rango di avversario squilibrato e imprevedibile, se l'è giocata bene. E così eccoci qui, bloccati sulla sedia da un bluff che non osiamo andare a vedere, osservatori esperti che cliccano con il mouse e scorrono lo schermo del cellulare, incapaci, nell'angoscia che ci accomuna, di fare granché al di là delle sanzioni e delle donazioni di armi, elemosine e invettive. In tutti i momenti della lunga fase in cui la Russia ha ammassato forze intorno ai confini dell'Ucraina, il privilegio di fare la mossa successiva è sempre spettato a Putin, e a all'Occidente quello di rispondere, e questa, secondo la teoria dei giochi, è sempre una posizione debole. Chi ha il coltello dalla parte del manico prima cerca cooperazione, poi, quando non la ottiene, torna alla carica alzando la posta. Ma la Nato non è un unico giocatore, è una folla di trenta alleati e quando sono i gruppi a prendere le decisioni tendono alla moderazione. Ci sono fantasmi che si aggirano in questo circo. Nel 1914 le nazioni europee dichiaravano solennemente di volere la pace mentre avanzavano "come sonnambuli" verso la guerra. Ci arrivarono per piccoli passi, senza l'intralcio degli incubi di un inverno nucleare. Ora siamo costretti a interpretare i processi neurali corrotti di un unico uomo e dei suoi sogni malati. È la sanzione del "matto" nella tattica nucleare: se non puoi fare affidamento sul fatto che il tuo avversario agisca in modo logico a proprio vantaggio devi rimanere immobile sul posto in attesa della sua prossima mossa, senza poterti prendere il rischio di un intervento diretto. Ci sono fantasmi più recenti nell'anello del circo, fantasmi che hanno i nomi di Grozny, Aleppo e Idlib. Lì la strategia russa è stata di distruggere dal cielo ospedali, ambulatori, quartieri residenziali e scuole per demoralizzare la popolazione. In Ucraina, con le truppe russe che arrancano faticosamente, si stanno cominciando a vedere le stesse tattiche crudeli. Le unità di artiglieria hanno sempre goduto di un privilegio speciale, negato ai "poveri e negletti fanti". Quando scagliano i loro proiettili al di sopra dell'orizzonte, con attento riguardo alla matematica delle curve paraboliche, gli artiglieri non sono mai costretti a guardare negli occhi un bambino che muore. Lo stesso vale per i missili teleguidati e per le bombe "mirate" lanciate dagli aerei militari. L'omicidio a distanza è un crimine più semplice, più astratto. I normali soldati di leva russi non hanno questo lusso del distacco. Quelli che sono stati catturati o si sono arresi sembrano incredibilmente male informati sulla loro missione. Sono stupiti dal fatto che nessuno li accolga a braccia aperte in Ucraina. Se sono particolarmente fortunati, rimangono commossi dalla gentilezza dei locali. Le linee di approvvigionamento funzionano male, scompaginate spesso e volentieri dalle forze ucraine, che usano armi anticarro contro i camion militari e le autocisterne. Si parla tanto della modernizzazione dell'esercito russo, ma i soldati comuni sembrano essere trattati come servi della gleba. Quella spaventosa colonna alle porte di Kiev forse si sta raggruppando e preparando a colpire o forse è un emblema di tutto quello che sta andando storto sul versante russo. Con approvvigionamenti per soli cinque giorni assegnati a ogni veicolo, le truppe potrebbero essere affamate, assetate, a corto di carburante e anche - ed è la cosa più cruciale - di motivazione per ammazzare altri slavi come loro. Scopriremo presto qual è la verità. Il paradosso è che più la Russia fallirà sul campo, più l'Ucraina dovrà temere bombardamenti a tappeto. Non sembra esserci una via d'uscita, perché anche uno sfolgorante successo militare russo sarebbe un incubo per l'Ucraina. Un successo sanguinoso potrebbe essere l'esito più probabile. Kherson è caduta, Mariupol è sottoposta a un'enorme pressione, Odessa potrebbe essere la prossima. L'Ucraina potrebbe presto essere sopraffatta. La storia recente dimostra inequivocabilmente la capacità degli alti comandi russi di consentire atrocità su scala colossale. Nonostante tutta la compassione e l'angoscia che proviamo, la nostra condizione di spettatori è un lusso. (…). Per ora, in Occidente, i pensieri sono concentrati per lo più sul punire la Russia. Badiamo molto ai simboli: un direttore d'orchestra che è stato costretto a dimettersi dalle cariche che ricopriva a Edimburgo e a Monaco di Baviera, partite di calcio che vengono cancellate, yacht di oligarchi che vengono sequestrati. Al di là di questi simboli importanti, solo le sanzioni finanziarie fanno male davvero, e sono state impressionanti. Ma anche mentre la sua economia crolla, Putin sembra essersi convinto di poter fare un deserto, come nella celebre formulazione di Tacito, e chiamarlo pace. È indolore ordinare massacri e distruzioni nel raccapricciante Stato di polizia di cui è a capo. Se non cambierà niente al Cremlino, la mente collettiva della comunità internazionale dovrà pensare a delle soluzioni, perché il pericolo aggiuntivo è quello di uno sconfinamento del conflitto: con il flusso di armamenti potenti inviati da europei e americani che entra in Ucraina dal confine polacco, potrebbe diventare conveniente per Putin decidere di essere in guerra con la Nato, dopo tutto. Per tutti noi che facciamo il tifo per l'Ucraina, serve un pensiero creativo che vada al di là di simboli, punizioni e riarmo. Non bisogna lasciarlo ai tesi confronti improvvisati fra belligeranti in una capanna al confine bielorusso. Le prospettive non sono incoraggianti. Gli ucraini sono impegnati in una lotta esistenziale per il Paese che amano. Putin è convinto di essere destinato ad avere la meglio. Fra l'"espansione a est della Nato" e "il diritto di uno Stato sovrano di decidere per sé" non sembra esserci la minima possibilità di compromesso. Ma tutte le cessazioni delle ostilità partono da posizioni inconciliabili come queste. Una sofisticata, ma non sofistica, cultura diplomatica che includa la Cina in questo momento dovrebbe mettere in campo tutte le sue risorse fino allo sfinimento per escogitare, come prima mossa minima e con tutto l'ingegno e la compassione che si riescono a mettere insieme, le condizioni di un cessate il fuoco. Senza questo tentativo saremo condannati a guardare da vicino stragi di massa: e non ce lo perdoneremo mai.

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